Radio Popolare ha intervistato Nicola Zingaretti, Presidente della Regione Lazio, candidato alla segreteria del PD, che sabato 13 e domenica 14 ottobre a Roma, presso l’Ex Dogana (via dello Scalo San Lorenzo, 10) sarà protagonista dell’evento “Piazza Grande”.
Zingaretti, a lungo è stato l’unico candidato alla segreteria del PD, ma negli ultimi giorni stanno fiorendo le candidature, come quella di Matteo Richetti o di Francesco Boccia. Cominciano a esserci numeri.
“È giusto, è normale, quando ci si avvicina all’appuntamento congressuale, è anche corretto, se non vogliamo congressi finti, che si presentino diverse candidature con diversi punti di vista”
Molti vedono dietro il nome di Richetti quello di Matteo Renzi, mentre per Boccia si chiedono se dietro ci sia Emiliano. Come valuta questi colleghi di candidatura, si tiene basso il tono?
“Io credo che il cuore del problema è che bisogna cambiare, perché non si può mettere la polvere sotto il tappeto o dare una giustificazione al disastro elettorale e politico nel quale ci troviamo solo come un errore di comunicazione. Per cambiare servirà una nuova piattaforma politica, economica, sociale e anche un nuovo gruppo dirigente che non può essere quello del passato, a mio giudizio. Quindi io, a proposito di innovazione, farò tutta la mia campagna parlando in positivo delle mie idee e non male o criticando i miei avversari, perché, ad esempio, uno dei catastrofici scivoloni di cultura politica di questi anni è stato quello di una lotta senza quartiere al nostro interno. E poi penso che chi critica solo gli altri non abbia nulla da dire di significativo su se stesso. E invece viviamo in un momento nel quale penso che l’Italia guardi a noi soprattutto per costruire un’alternativa al presente, a quello che sta accadendo”
Quali sono i tre punti più significativi della sua proposta per marcare la differenza con la passata gestione del Partito Democratico?
“La prima è un programma economico e sociale che può essere sintetizzato nella crescita giusta, nella crescita, nell’economia, nello sviluppo, ma che non abbandoni l’ossessione, direi positiva, di una crescita che produca giustizia sociale. Tenere lontani questi due concetti ha prodotto disastri. Quando si parla solo di solidarietà senza crescita, è evidente che si parla di qualcosa che non arriva alle persone. Ma se insieme alla crescita non c’è un pensiero politico che rappresenta anche la voglia della giustizia, si producono, come in questo ventennio, delle ingiustizie e delle solitudini insopportabili e quando la politica non dà risposte a questo, lo fa l’antipolitica. Quindi, in primo luogo, la crescita giusta. In secondo luogo la forma partito. Noi così non serviamo a nessuno, perché nel corso degli anni si è dimostrato che il partito dei capi e dei gruppi in realtà serve a qualcuno per fare carriera, ma poi alla fine esclude, non dà cittadinanza alle persone, quindi dovremo reinventare un modello di partito, di forma organizzata che rimetta al centro le persone, che vuol dire trovare il modo di farle decidere e non far decidere sempre tutto a chi si delega o ai capi. E soprattutto si accetta la sfida nella rete, nella battaglia delle idee nella rete. Terza innovazione: piantiamola con questa ossessione che tutto ciò che non è PD è contro il PD. Ieri io sono stato alla marcia a Perugia e Assisi, c’era un fiume di giovani, persone da riconquistare, ma li si riconquista anche con una nuova cultura politica aperta, che individua nelle autonomie, anche di percorsi politici differenti, dei possibili alleati. Non esiste solo la parola ‘avversari’, esiste anche la parola ‘alleati’, che è una bellissima parola se ovviamente la si unisce a una linea chiara. Ecco, io credo che di innovazioni e di cose da cambiare ce ne siano e mi permetto di dire che è tempo che anche un nuovo gruppo dirigente provi a costruirla con più credibilità, perché se ritorniamo a presentarci alle persone con le stesse facce, gli stessi riti, dicendo solo ‘Forse non ci avete capito bene’, sarebbe un ripetere un film che abbiamo già visto negli ultimi quattro anni almeno quattro volte”
Sul primo punto, la crescita, Di Maio dice noi lavoriamo puntando sulla crescita, unendo forme di solidarietà alla crescita, non rischia di essere la descrizione di un desiderio che qualcuno ha già reso una forma partito, cioè i 5 Stelle? E la seconda domanda: il segretario attuale Martina diceva “Senza il Pd non ci può essere un centrosinistra”, lo pensa anche lei? E allora chi sono gli altri e quali sono le differenze al vostro interno in questa visione? È sul dialogo con i 5 Stelle?
“Che Di Maio dica che vuole la crescita, lo può anche dire, e non c’è dubbio che i cittadini hanno votato 5 Stelle perché loro hanno avuto la capacità di indicare alcune priorità. Peccato che hanno fatto esattamente l’opposto. Il DEF che si sta discutendo in queste ore è un DEF che produce tutto eccetto che crescita e produce tutto eccetto che giustizia. Anche il tanto sbandierato reddito di cittadinanza sta costando, proprio alle fasce sociali più deboli, miliardi di euro. Nel DEF è scritto, e non lo dico io, che per colpa dell’aumento dello spread si calcola un aumento dell’interesse sul debito di circa 0,1% all’anno, che significa un miliardo e 800 milioni ogni anno. Non io, ma loro fanno i conti: hanno bruciato in poche ore 19 miliardi di euro. Noi abbiamo un DEF che rende più povero chi già è povero, quindi il tema non è declinare una parola o esprimere una parola o rappresentare un problema, come fanno loro, anche molto bene. L’ambizione di una politica nuova deve essere quella, non di cavalcare i problemi o di rappresentarli, ma di risolverli. Per questo io dico: occorre una nuova politica economica che anche rispetto a quella della sinistra in questi anni mette di più l’accento sulla necessità di tenere unite e non separate queste due missioni”
Ma il suo obiettivo sono questi milioni di elettori che sono andati da loro?
“Il mio obiettivo è richiamare un elettorato che non è andato solo ai 5 Stelle, il mio obiettivo è innanzitutto parlare a una nuova generazione che ha creduto nell’istanza di innovazione, anche contenuta in questi movimenti, ma che in realtà ha ricevuto una delle più drammatiche pugnalate alle spalle della storia della repubblica. Perché in questa situazione promuovere un triennio di politica economica dove c’è zero sulla crescita e lo sviluppo e tagli addirittura all’università, non mettere un centesimo sull’innovazione e la ricerca e aumentare il debito che pagheranno soprattutto le nuove generazioni rappresenta, appunto, una pugnalata, non ci sono altre parole. E poi, oltre i giovani, non c’è dubbio, un popolo, persone che in questi anni o perché rimaste a casa, o perché deluse, o perché, ripeto, catturate dalla capacità di rappresentare problemi che noi non abbiamo rappresentato ci hanno abbandonato. E non sono poche: nel 2008 ci sono stati 12 milioni di voti al PD, nel 2018 solo 6 milioni di voti al PD. Quindi non c’è dubbio, e Piazza Grande sabato e domenica sarà questo, che è tempo, proprio perché non abbiamo paura delle differenze, di tornare a incontrarci e dire, come ha detto giustamente Maurizio Martina, ‘abbiamo capito’ e io aggiungo, nello spirito di Maurizio anche, ‘abbiamo capito e vogliamo cambiare’, anche le persone”
Quali sono secondo lei i problemi che il PD in questi anni non ha saputo intercettare? Un dirigente Dem di Milano diceva “Di Maio e Salvini danno le risposte sbagliate, ma si fanno le risposte giuste, a differenza nostra”. Quali sono secondo lei, in questo momento, le questioni che più stanno a cuore alla gente e su cui il PD deve tornare a farsi le domande giuste e a dare le risposte migliori? Pare che una sia i migranti…
“Io credo che sia palese che c’è stata una gigantesca sottovalutazione della difficoltà a capire come in questo decennio, quindicennio forse addirittura, malgrado anche tante cose positive compiute, c’è stato un insopportabile aumento delle disuguaglianze che abbiamo guardato con sufficienza e difficoltà di accesso ai beni primari, che sono la sanità, la scuola, l’espulsione dai cicli formativi di milioni di ragazzi e di ragazze. Quindi le dico con nettezza, non per gettare la spugna, ma perché so che rispetto a questo deficit di individuazione dei problemi, quello che hanno offerto la destra e i 5 Stelle non è la soluzione, ma la rappresentanza dei problemi. Quando poi si governa, come stanno facendo, si vede in maniera palese che non ne sono in grado, con una aggiunta odiosa: per non assumersi le proprie responsabilità c’è sempre la ricerca di un capro espiatorio. Una volta è l’immigrato, una volta è la stampa, l’informazione, la magistratura, l’Europa, il potere politico. E quindi li vediamo mai assumersi le responsabilità delle proprie azioni e sempre cercare qualcuno a cui dare la colpa. E quando si intaccano, tra questi coloro a cui dare la colpa, gli istituti democratici che tengono in piedi la democrazia è bene tenere gli occhi aperti”
Il PD ha vissuto anni recenti con Renzi in cui si è dato l’obiettivo, l’illusione di quella vocazione maggioritaria, adesso invece con Martina dice che non esiste un centrosinistra senza il PD, ma lei dice “Sì, ma non da solo”, quindi con chi?
“La vocazione maggioritaria c’è stata a parole, poi a volte ci sono stati atteggiamenti che tutto erano eccetto che maggioritari, anzi, a volte in prevalenza atteggiamenti che puntavano molto a rimanere soli. Per quanto riguarda ‘con chi’, io vengo da una regione, il Lazio, in cui abbiamo vinto le elezioni regionali nello stesso giorno delle elezioni politiche, eravamo terzi alle politiche e primi alle regionali, perché c’è un mondo nei territori, penso a tante esperienze di liste civiche o anche a mondi più diversi che cercano una rappresentanza diretta, che se stimolati, se chiamati a far parte di un progetto nuovo, rispondono all’appello. Certo, bisogna che ci sia, e io di questo ne sono convinto, un soggetto politico che abbia questo come obiettivo e non abbia la presunzione di dire ‘Ci siamo solo noi’. Le cose cambiano se innanzitutto noi ci crediamo. Io non riesco a credere che in questo momento, di fronte a quello che sta accadendo, non ci siano in Italia le risorse, le energie, la volontà di combattere e di ricostruire un nuovo campo di forze del centrosinistra. Bisogna costruire qualcosa che non c’è, ma questa è una missione nuova e possibile di un partito come il Partito Democratico”
A Milano c’è molto di questo che lei dice: associazionismo e un mondo che vuole trovare un interlocutore. Lei oggi è proprio a Milano, alle ore 19, presso lo spazio Open di Viale Monte Nero 6.
“Mi fa piacere essere a Milano perché, come avete detto voi, Milano è uno di quegli esempi di quanto è possibile fare se si assumono questi temi. In fondo Milano sta insegnando a Milano e all’Europa che è possibile crescere e quindi avere come vocazione principe quella di capire come produrre ricchezza, ma che questa voglia di crescere non è divisa dalla voglia di guardare ai bisogni delle persone e non a caso lì si vince, come nel Lazio, nei giorni nei quali in Italia si perde”
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Audio dell’intervista di Radio Popolare a Nicola Zingaretti