I primi protagonisti del rock-blues touareg ad affacciarsi, all’alba del nuovo millennio, sulla ribalta globale, erano in gran parte – pensiamo a una formazione pionieristica come i Tinariwen – touareg del Mali. Poi in questo fortunato filone sono emersi anche musicisti di altri paesi: chitarrista ormai da anni sulla cresta dell’onda, Bombino è per esempio un touareg del Niger. Touareg del Niger è anche il chitarrista Mdou Moctar, la cui affermazione internazionale è più recente: lungi dall’essere una curiosità, il fenomeno del rock-blues touareg si è dimostrato consistente, l’interesse che ha suscitato non accenna a esaurirsi, e l’emergere di nuovi personaggi testimonia della sua vitalità. Musicalmente Funeral for Justice, il nuovo album di Moctar, pubblicato dalla etichetta Matador, è la conferma di come il rock-blues touareg, incasellato nella categoria “world music”, andrebbe invece più correttamente considerato, tout court, come una corrente del rock o del rock-blues. E in effetti uno dei segreti della longevità del fenomeno, uno dei motivi per cui il rock-blues touareg dopo tanti anni continua a raccogliere consensi, è che risponde a un’esigenza, quella di un rock abbastanza essenziale, basilare, diretto – spesso i gruppi sono imperniati fondamentalmente su una o due chitarre, basso e batteria – un rock pieno di energia e di convinzione ma anche con connotati che lo rendono originale rispetto a tanto rock di matrice anglosassone. In Funeral for Justice, di impatto ancora più deciso rispetto agli album di Moctar che lo hanno preceduto negli ultimi anni, si può trovare una vena metal – del resto il dodicenne Moctar aveva cominciato su una rudimentale chitarra autocostruita imitando Eddie Van Halen da video di YouTube – così come uno spirito punk: il bassista, e produttore dell’album, Mikey Coltun, da anni collaboratore di Mdou Moctar, si è formato nell’ambiente punk di Washington. Se Funeral for Justice mostra una progressione sul piano musicale da un album all’altro, lo stesso si può dire dei testi: l’album Ilana del 2019 celebrava la lotta dei touareg, Afrique Victime, del 2021, parlava di problemi come la carenza di strutture sanitarie, con donne ancora costrette a partorire senza assistenza medica; in Funeral for Justice Moctar si chiede come il mondo può essere così selettivo nei confronti degli esseri umani, cosicché ci sono persone che ridono mentre altre piangono, invita i leader africani a smetterla di dormire e a prendere il controllo delle risorse, ma arriva a prendere di petto il colonialismo e neolonialismo francese: lo scorso anno un colpo di stato militare ha portato alla decisione di far partire dal Niger il contingente della Francia, e in Oh France Moctar dice che è un bene avere messo fine a una relazione turbolenta. Questo non gli impedisce di essere critico nei confronti della giunta adesso al potere in Niger: la gente – dice nelle sue interviste – è contenta della partenza dei francesi, ma i prezzi dei generi alimentari schizzano e manca l’acqua potabile. Mdou Moctar ha in corso un tour mondiale: in aprile si è esibito a Coachella, negli Stati uniti, e in rete potete vederlo in scena a questo festival che per un artista è una consacrazione; arriverà anche in Italia, e il 22 agosto sarà a Milano al Magnolia.
World Music. Dal Niger “Funeral for Justice“ il nuovo album di Mdou Moctar
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Autore articolo
Marcello Lorrai