La web reputation è un concetto relativamente recente, semplicemente perché prima non c’erano social network, motori di ricerca, siti di video sharing e compagnia cantante. La web reputation è banalmente l’insieme di cose che ci riguardano che si possono trovare nell’internet, nonché il seguito che abbiamo sui social network. Fotografie di noi che facciamo gli scemi, situazioni imbarazzanti, articoli di giornale che raccontano una situazione di cui siamo stati protagonisti, nostri commenti sui siti o nei forum e via dicendo.
Se fino a quindici anni fa, o qualcosa di più, per scovare notizie di carattere giornalistico relative ad una determinata persona dovevamo recarci in una biblioteca e visionare centinaia di microfilm, oggi ci basta il proverbiale click su Google, preceduto dalla digitazione di un nome. Tutto molto semplice, ma anche piuttosto pericoloso. È dello scorso anno la sentenza della Corte Europea che stabilisce il diritto all’oblio dei cittadini, ossia di non comparire tra i risultati dei motori di ricerca con link relativi a contenuti non più rilevanti, come ad esempio un fatto di cronaca del passato.
Oltre alla cronaca però c’è anche tutto ciò che noi mettiamo su internet, sui social network, su Youtube, Instagram e via dicendo. Non solo, c’è anche tutto quello che mettono i nostri parenti e i nostri amici. Materiale difficilmente rimovibile dalla rete che potrebbe produrre in alcuni casi effetti negativi sulle nostre vite. Non solo, oggi sta crescendo una nuova generazione che è nata dopo l’avvento dei social network, sarà la prima generazione protagonista passiva degli stessi, attraverso i video e le foto, i racconti, condivisi dai genitori su Facebook, su YouTube e, come ripeterebbe nuovamente mia nonna, compagnia cantante.
Saranno felici, una volta adulti, di essere stati esposti ad alcuni miliardi di spettatori dai genitori? Forse sì, forse no. Nel dubbio meglio tutelarsi. A Maramao abbiamo fatto una chiacchierata con l’ing. Alessandro Trivilini, docente di ingegneria del software e responsabile del Laboratorio di informatica forense della SUPSI.