«Il decreto del governo per noi è un successo. Ma noi proseguiamo fino alla legge».
La Cgil non smobilita. La sua campagna per i due quesiti referendari del prossimo 28 maggio va avanti. Aspetta l’approvazione definitiva del decreto del governo su voucher e appalti prima di considerare chiusa la partita. Soltanto dopo il voto finale del parlamento la Corte di cassazione deciderà se annullare o meno la consultazione del 28 maggio.
Ospite di Memos Danilo Barbi, fino a due mesi fa segretario nazionale della Cgil, oggi in forze alla Cgil Emilia Romagna.
«Il decreto del governo non è una svolta», dice Barbi. «Non è l’espressione di una nuova cultura di rispetto del lavoro, di cui ci invece ci sarebbe bisogno. Con quel decreto però è stata fermata una deriva».
Perché il governo ha preso quella decisione? Di certo non temeva il merito dei vostri quesiti, visto che il decreto li accoglie. Il governo aveva paura di essere sconfitto al referendum?
«Dicevo – risponde Barbi – che non c’è una nuova cultura della dignità del lavoro. Ma la cultura dell’indifferenza al lavoro sta mostrando tutta la sua debolezza e fragilità anche dentro il parlamento e il governo. Detta in altri termini: il governo ha preferito prendere uno schiaffo dalla Cgil che dal popolo. E’ del tutto evidente che la difesa di quegli strumenti (sui voucher e sugli appalti, ndr) è stata un elemento di difficoltà politica».
Perché?
«Sta diventando sempre più chiaro – dice Barbi – che c’è un’insofferenza nel paese, dal basso verso l’alto. E il cuore di questa insofferenza sono le questioni del lavoro. Il governo temeva che questi referendum, al di là del merito, si trasformassero in un referendum sul lavoro, più che sui voucher e sugli appalti», conclude il sindacalista della Cgil.
Nel corso della trasmissione di oggi Memos ha ospitato anche Matteo Moretti (Filctem-Cgil) che sta seguendo la vertenza sui 187 licenziamenti dei lavoratori della K-Flex di Roncello (MB) arrivata al 65 esimo giorno consecutivo di sciopero.
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