Quando se n’è andato dalla Sicilia, da Casteldaccia, in provincia di Palermo, per trasferirsi a Milano Gianluca Maria Calì pensava di lasciarsi alle spalle i suoi problemi. Lui, imprenditore, aveva deciso di lasciare l’isola, perché minacciato dalla mafia. Il suo obiettivo, dare una vita normale alla sua famiglia. Aveva iniziato a lavorare in una concessionaria di auto.
Poi si era messo in proprio, aprendone una sua. Infine, ha aperto una filiale nel palermitano. Nel 2011 cominciano però gli atti intimidatori, le richieste di soldi, le minacce. Anche a Milano. Come quel giorno in cui due sconosciuti sono stati per dieci minuti in silenzio nel suo salone di auto a fissarlo immobile e poi se ne sono andati su una macchina con targa non registrata; oppure quando un uomo a bordo di un’auto con vetri oscurati ha chiesto alla babysitter, davanti alla scuola dei figli, se i bambini che erano con lei fossero i figli di Calì.
Ora, amara sorpresa, i problemi arrivano anche dai genitori dei compagni di classe dei suoi figli. Una rappresentante di classe ha scritto alla dirigente dell’istituto milanese frequentato dai due piccoli, di sei e sette anni, per dire che “sarebbe il caso che i bambini in questione uscissero da una porta secondaria e non all’orario canonico”. Altri genitori hanno detto che “stanno pensando di far cambiare scuola ai propri figli perché preoccupati per la loro sicurezza”. “Quello che chiedo è di far vivere una vita normale alla mia famiglia”, dice a Radio Popolare Gianluca Calì.
Ascolta qui l’intervista di Alessandro Braga a Gianluca Maria Calì