Secondo una ricerca della City St. George University il 73% delle intervistate afferma di aver avuto danni alla propria salute mentale a causa delle azioni della polizia.
I numeri raccontano di un problema che è ancora lontano dall’essere risolto. Un problema che ha molteplici radici: la cultura e la formazione delle forze di polizia, i fondi che continuano a mancare, regole e leggi che esistono ma non sono ancora sufficienti. Sullo sfondo, una società ancora profondamente maschilista. Solo 1 vittima su 10 denuncerebbe di nuovo il suo aggressore. Sono questi i numeri del report della City St. George, un’università di ricerca di Londra. L’analisi si è concentrata sull’esperienza delle vittime di violenze sessuali con i corpi di polizia in Inghilterra e nel Galles. Il 73% ha detto di aver avuto danni alla propria salute mentale a causa delle azioni o inazioni della polizia, il 53% ha detto che a essere peggiorata è stata la sua salute fisica. Il 58% ha detto che la sua fiducia nella polizia è diminuita, il 40 che a essere diminuita è stata la sua sicurezza personale. Solo 2 su 5 hanno espresso un parere positivo sul lavoro degli agenti. E le vittime nere o appartenenti a minoranze etniche sono quelle che hanno avuto esperienze peggiori.L’analisi racconta che qualche miglioramento in realtà c’è. In Inghilterra e nel Galles nel 2021 è iniziata una revisione radicale delle modalità con cui la polizia affronta i casi di violenze. Una scelta dovuta ai numeri registrati tra il 2016 e il 2020, quando i procedimenti penali per stupro sono diminuiti del 64%, nonostante l’aumento costante delle denunce. Era stata quindi avviata l’operazione Soteria, con l’obiettivo di mettere al centro delle indagini non più la credibilità delle vittime ma i sospettati e di supportare al meglio le vittime. E in effetti, nel 2023 le accuse per reati sessuali sono aumentate del 18%, quelle per stupri del 38%.Ma questo è solo un verso del racconto. La realtà è che ci sono ancora tanti problemi: svantaggi, discriminazioni e incompetenza sono quotidiani. Il 59% delle vittime ha detto che l’esperienza con le forze di polizia è stata peggiore di quanto si aspettasse. E poi c’è una forte carenza di operatori di supporto alle vittime: al 45% delle rispondenti non è stato affiancato un operatore di supporto, anche se avrebbe voluto, mentre il 14% ha dovuto trovarselo da sola. Il 46% delle vittime si trovava in lista d’attesa a luglio dell’anno scorso o non ha proprio ricevuto supporto.È stato chiuso il 73% dei casi, ma solo l’11% con una condanna. Per la maggior parte delle vittime, l’88%, la cosa più importante era impedire al proprio carnefice di fare a qualcun’altra quello che aveva già fatto a lei. Solo il 56% voleva arrivare a una condanna. Nel 12% delle risposte il caso è stato chiuso perché le vittime hanno ritirato la denuncia e 1 su 5 ha detto di essere stata spinta dagli agenti a farlo: nel 58% dei casi il motivo era l’impatto negativo che la situazione stava avendo sulla propria salute mentale, nel 46% per mancanza di supporto e nel 31% per come è stata trattata dalla polizia. Sulle motivazioni per non denunciare il 57% ha messo la vergogna, ma al secondo posto, al 44%, c’è il fatto che la polizia non le avrebbe credute.È bene considerare i miglioramenti, ma è molto più importante concentrarsi sulle cose da migliorare. Perché di cose da migliorare nel modo in cui le forze di polizia trattano i casi di violenza sessuale ce ne sono ancora e sono tante.
(di Elena Brizzi)