Iniziative

 

 

Sold out viaggio a Marsiglia

Grazie a tutti gli ascoltatori che si sono prenotati!

Replicheremo in primavera.

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Araba e francese, fenicia e contemporanea, levantina e cosmopolita, Marsiglia è da sempre una zuppa di popoli. Ogni quartiere ha un’anima diversa. E un bar dove fare tappa. Un viaggio, quello di Radio Popolare a Marsiglia, nei suoi diversi quartieri. Con tappe di ristoro (accessibili anche agli astemi) nei suoi bar.

Marsiglia_Bar-des-13-coins

L’essenza della città è richiusa nei libri di Jean-Claude Izzo, l’inventore del noir mediterraneo, ed è per omaggiarlo che iniziamo il nostro tour dal Bar de 13 Coins. Tavoli all’esterno e cucina dall’altra parte della strada. Siamo nel cuore del Panier, il vecchio quartiere dei portuali italiani e corsi. Oggi totalmente gentrificato, è costellato di atelier, boutique, locali e spazi pubblici. Va scoperto con pudore, gradino dopo gradino, perché ogni vicolo gronda storie di vita. Scendendo verso il porto vecchio si incontra Cup of Tea, il caffè letterario più bello del Panier. Una parete ostenta barattoli di caffè, tutte le altre libri, molti a tema musicale. Tavoli, sedie e palquet sono in legno. Un soppalco regala qualche coperto in più. Piegando verso destra si incomincia a vedere il bacino portuale. E’ qui che risiedono le grandi trasformazioni architettoniche che nel 2013, quando Marsiglia era capitale Europea della Cultura, le hanno rifatto il look. L’architetto franco-algerino Rudy Ricciotti ha lavorato al MuCEM, il Museo delle Civiltà d’Europa, un landmark della nuova Marsiglia. Nelle adiacenze c’è La Villa Méditerranée, griffata dall’architetto italiano Stefano Boeri. Proseguendo oltre la vicina Cattedrale appaiono i giganteschi Docks, recentemente restaurati dallo studio genovese 5+1AA. Gli ex magazzini portuali sono stati convertiti in un edificio direzionale con negozi a piano terra. Un laboratorio di rigenerazione urbana dove il tema commerciale è stato declinato con originalità evitando i risultati dei più convenzionali centri commerciali.

MARSIGLIA_murales al Panier

Raggiunto il Vecchio Porto, dopo una sosta a La Caravelle (titolare del miglior balcone sul Vieux Port e del miglior mohito della città) è obbligatoria una sosta da La Maison du Pastis, un negozietto che ha in vendita 95 etichette di Pastis, il liquore profumato d’anice che è la carta d’identita di Marsiglia. Oltre ai tradizionali Ricard e Pernod, anche le bottiglie con le eleganti etichette bianco/azzurre con l’aquila del pastis Armand, quello finemente aromatizzato prodotto in Turenne (Pastis de Terres Rouges), quelli originari della Corsica, il Pastis des Homs (prodotto nell’Aveyron)… senza dimenticare ovviamente il Pastis OM, il preferito dai tifosi della locale squadra di calcio.  Il migliore però è quello venduto sfuso, disponibile in tre diverse profumazioni e gradazioni.  Sul lato opposto del quai c’è il bar sponsorizzato da Vinicio Capossela: l’Unic. Unico davvero perché, in barba alla legge che impone ai bar la chiusura alle 2, questo bar rimane aperto fino alle 4 (e a volte anche oltre). Difficile trovarne uno con un arredamento più kitch: pareti rosso fuoco, ottima selezione di rhum e una grande foto in bianco e nero di Serge Gainsbourg. Se il barman si accorge che siete italiani cambia al volo la colonna sonora della musica diffusa, improvvisando una scaletta dove alterna Dalida con Ricky Gianco e Mannarino.  E’ gestito da Madame Dominique, che si dice sia una prostituta in pensione, e dal marito, un ex poliziotto, e qui la notte può essere foriera di mille sorprese.  A pochi passi un’installazione contribuisce a rendere questa città unica. Di solito le grandi architetture sul mare danno le spalle all’acqua, Marsiglia ha deciso che le sue il mare lo devono guardare. Ci ha pensato l’architetto britannico Norman Foster, che ne ha addirittura ribaltato l’orizzonte. L’ha fatto grazie a un enorme baldacchino: una tettoia in acciaio inox specchiante.  L’impatto della struttura sull’ambiente è minimo, ma il “quadro” a specchio di questo soffitto riesce a includere nell’immagine anche l’acqua, diventando a sua volta un porto da cui si può intraprendere un viaggio semplicemente con uno sguardo.

 

Se il mare lo si vuol vedere davvero bisogna imboccare la Corniche. Nel 1848 si decise di creare una strada lungo il mare al fine di dare lavoro ai numerosi disoccupati dell’epoca. Vennero quindi creati gli Ateliers Municipaux con la possibilità di ingaggiare 8000 operai. I lavori sono durati 15 anni. L’apertura completa della Corniche nel II Impero fu l’occasione per la ricca borghesia marsigliese di farvi costruire ville sontuose. Oggi è una passeggiata che domina il mare dall’ansa dei Catalans fino al Parc Balnéaire du Prado. Lunga 5 km consente di scoprire magnifici punti panoramici sulle isole del Frioul e sullo Château d’If. Anche la Corniche ha il suo bar cult. E’ nelle adiacenze dell’ansa di Malmousque, un angolo di pace e di azzurro, un piccolo promontorio che sporge dalla Corniche a picco sul Mediterraneo, ritrovo perfetto per nuotatori e tuffatori di città. Quasi ogni giorno alle 17 apre il Sunlight Social Club, reso riconoscibile da una saracinesca sgangherata con sopra una scritta gialla: «Fermé pour cause de regate». E’ frequentato da legionari e marinai, del resto Fabio Montale altro non era che un ex legionario. All’interno, tra chili di polvere, ci sono memorabilia di ogni genere: innumerevoli mappamondi, bandiere e stendardi, vecchie insegne di navi («Enjoy your stay in the cabin»), gabbie per uccelli, carte geografiche, rose dei venti. Il padrone è Antoine, che di giorno fa il fotografo di barche ed è lui stesso un marinaio, come s’intuisce dai modi non propriamente cordiali. Ma Antoine, da autentico marsigliese, ha tantissime storie da raccontare: da quelle dei legionari ceceni che vanno a riposarsi nella residenza estiva di Malmousque, a poche centinaia di metri dal locale, alle sue avventure per mare, fino ai suoi amori con Kate Moss.

Imboccando rue Pavillon si arriva a Noailles, un quartiere che evidenzia le tante similitudini tra Marsiglia e Napoli: le uniche due realtà urbane dove i più poveri vivono in pieno centro. Prima però bisogna fare tappa alla Patisserie Journo: gestito da ebrei tunisini spaccia il miglior brick con le patate della città, da consumare con un bicchiere di thè caldo. Entrati nel Marchè des Capucins, l’enclave magrebina di Marsiglia, è tutto un susseguirsi di bancarelle che vendono frutta e verdura mediterranea, macellerie halal, pescherie, parrucchieri afro… La summa di tutto ciò è Le Paradis d’Epices: uno spazio che commercia olive, spezie, lokum, candele, the… A poche decine di metri c’è la Maison Empereur, il “negozio più bello del mondo”: un buco spazio-temporale che è l’antitesi di un centro commerciale. Una gigantesca ferramenta-chincaglieria-coltelleria-saponeria-giocattoleria dove è possibile acquistare letteralmente tutto supportati da dozzine di commessi disposti a parlare con voi. A la Maison Empereur c’è molti più di quello che voi potete pensare. Boule d’acqua calda, quelle della zia Pina, in diversi colori. Le vecchie borse di rete, anche queste in svariati colori. Borse di paglia da spiaggia, dotate però di cerniera. le più incredibili pinze per alimenti. I portachiave dei nonni, più brutti del gadget che Radio Popolare aveva fatto anni fa. Colini con i diametri più vari. Pentole per una paella da 50 commensali. Pentole che costano un capitale e destini di vimini da pochi euri. Bottiglie di vetro dalle fogge bizzarre. Feltri e feltrini. Bloccaposte da inchiodare nel pavimento. I più funambolici attrezzi per togliere la polvere negli angoli più reconditi del vostro appartamento. Giochi vintage che vi fanno accendere un mutuo per far capire a vostro figlio che non esiste solo l’universo digitale…

 

Lasciandosi alle spalle Noailles si arriva al quartiere della Plaine, riconoscibile per il placido chiacchiericcio degli habitué e per i numerosi caffè all’ombra di cours Julien. E’  il cuore della città. Seguendo le strade segnate dai graffiti e dai murales, svoltando nella rue Vian, ci si può semplicemente lasciare prendere per mano dalle figure che popolano i muri delle strade, costeggiare il teatro Athanor e curiosare nei negozi di dischi e nelle piccole librerie di quartiere. Nella Libraire du Cours Julien per esempio potete perdervi tra vecchie riviste di viaggio e novità editoriali, e Pio – il libraio figlio di immigrati italiani- vi guiderà tra i numerosi emuli di Izzo e del commissario Montale (l’autore che lui preferisce è Jean Contrucci, autore di romanzi storico/polizieschi dedicati ovviamente a Marsiglia). Almeno due i bar dove fare tappa. Il Bar des Maraichers, uno dei preferiti dal commissario Fabio Montale. Su una parete campeggia un affresco raffigurante l’ultima cena dove gli apostoli sono sostituiti dagli avventori del locale. Al posto della firma una data: MMII, 2002. In un angolo, sotto una foto che raffiugura insieme Brel, Ferrè e Brassens c’è una pedana dove talvolta si esibiscono dei musicisti. Musica c’è spesso anche al Bar de la Plaine. Alcuni in città lo chiamano il “bar di Maradona” perché sembra che El pibe de oro, quando frequentava la città in attesa del contratto con l’Olympique Marsiglia, venisse proprio qui: leggenda vuole però che l’acquisto sia stato ostacolato dalla camorra e che il calciatore sia rimasto al Napoli. Uno dei titolari è Jackie, un ex pugile. Se gli parlate vi racconterà che ha calcato il ring a Kinsasha nel match che precedeva lo storico scontro tra Muhammad Alì e George Foreman nel 1974. La notte questo bar si trasforma in luogo vivissimo e pieno di sorprese: non sono rari i concerti improvvisati degli abituali frequentatori, da Manu Chao, che nei suoi anni marsigliesi veniva spesso qui a bere e suonare, alla world music band guineana di Ba Cissoko, che qui suona spesso la kora, fino all’italiano Claudio “Cavallo” Giagnotti che ha importato a Marsiglia la pizzica salentina.

street-art-quartier-de-la-plaine

Oltrepassando la stazione ferroviaria si arriva alla Friche de Belle de May, un’antica manifattura di tabacchi che dal 1992 si è trasformata in 45mila m2 dedicati alla creazione artistica e alla sperimentazione contemporanea con il permesso e sotto la gestione della Villa de Marseille. Cinque piani, settanta atelier, tra teatri, laboratori artistici, sale d’esposizione e anche un ristorante, una biblioteca.  E’ ovviamente un bar dove può capitare d’incontrare Philippe Foulquié, fondatore del centro culturale, che non mancherà di ricordare con orgoglio che un quartiere «tra i più poveri d’Europa» oggi ospita oggi uno dei centri culturali più attivi del continente.  La storia è lunga più di 20 anni e parla di collaborazione, riqualificazione degli spazi e valorizzazione delle competenze. «Nonostante il budget ridotto (le banche concedettero solo 1/3 di finanziamento alla cifra necessaria per avviare il tutto), siamo riusciti a richiamare artisti per organizzare spettacoli da noi, che poi abbiamo portato in giro per la città». Ma la Friche non è solo questo, perché la chiave del successo di questo posto sta nel rapporto con la città. Gli spazi sono aperti, ma senza una reale apertura verso la realtà urbana resta comunque un mondo a sé. «Abbiamo scritto un progetto culturale – dichiara  Foulquié – che era in realtà un progetto urbano in grado di trasformare un quartiere. La tradizione industriale di Marsiglia è stata il laboratorio di tanti artisti, ai quali abbiamo spiegato che la collaborazione con il mondo urbano circostante sarebbe stata utile soprattutto a loro». Con il passare del tempo, la Friche è diventata un punto di riferimento per la cultura, una piattaforma che ha permesso a diversi artisti di entrare in contatto tra loro e creare nuovi progetti insieme. Ora, l’ex manifattura tabacchi ha una gestione divisa in due: da una parte una cooperativa che gestisce l’utilizzo degli spazi, dall’altra un’associazione che cura i progetti culturali, che vengono proposti dagli artisti e approvati dalla direzione della Friche.

Una realtà che conferma che la rinascita può passare attraverso la riqualificazione urbana e non radendo tutto al suolo…

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  • Autore articolo
    Claudio Agostoni
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