Milano, via Palestro. 27 luglio 1993, ore 23.15. Un’autobomba scoppia nella galleria d’arte contemporanea. Muoiono cinque persone: i vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, l’agente di polizia municipale Alessandro Ferrari e Moussafir Driss, un immigrato marocchino che dormiva su una panchina. Un attentato che venne subito messo in relazione con la strategia stragista della mafia, che l’anno prima uccise i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Quella sera il vigile Alessandro Ferrari vide una Fiat Uno da cui uscive del fumo. Chiamò i pompieri che si accorsero della bomba all’interno dell’abitacolo. Ma pochi istanti dopo l’ordigno scoppiò, provocando la morte di cinque persone. Ogni anno Milano ricorda le vittime di quella strage. “Bisogna arrivare a una verità giudiziaria”, ha detto durante la commemorazione il sindaco di Milano, Giuseppe Sala.
Ascolta l’intervento di Giuseppe Sala
La strage di via Palestro rimase impressa nella coscienza dei milanesi, che quella notte accorsero sul posto per far sentire la propria vicinanza ma anche per dare subito una risposta all’aggressione mafiosa. “Quella sera via Palestro sembrava una zona di guerra”, dice Angelo Fiorentino, vigile del fuoco, fondatore del comitato “Per non dimenticare via Palestro”, conosceva i colleghi morti quella sera.
Ascolta l’intervista ad Angelo Fiorentino