Approfondimenti

Al via il G20 di Hangzhou

Si è aperto il G20 di Hangzhou, una delle sette capitali storiche della Cina, che Marco Polo descrisse come «la più grande del mondo». Oggi è quartier generale di Alibaba, impresa di punta dell’ IT cinese, nonché meta per torme di turisti che si specchiano nelle acque del suo celebrato Lago dell’Ovest (Xi Hu). Meglio girare al largo se odiate il clima umido subtropicale. La gioventù comunista della città ha celebrato l’evento con un video destinato ai cari ospiti internazionali: «Huangzhou huanying ni» (Hangzhou vi dà il benvenuto).

La celebrazione/autocelebrazione giunge al culmine di un processo iniziato due anni fa, quando la presidenza cinese del G20 scelse la città da nove milioni di abitanti per il grande evento. C’erano parecchie aspettative. Dopo il summit di Brisbane 2014, era stato infatti stabilito l’obiettivo del «two in five», cioè l’innalzamento del Pil globale di due punti percentuali in cinque anni (2014-2018), attraverso strategie di crescita concordate e rispettivamente monitorate tra i diversi Paesi. L’obiettivo è praticamente già fallito. Il G20 si tiene insomma in un momentaccio: il libero scambio globale vive un arretramento, la congiuntura economica internazionale non è rosea, aumentano le zone di crisi politica e le emergenze umanitarie nel mondo, perfino le vituperate barriere commerciali non sembrano voler sparire. Il tutto, alla faccia di un G20 nato invece per facilitare la cooperazione.

Ma al di là del sistema-mondo, anche le aspettative cinesi sono andate un po’ a farsi friggere: fino a due mesi fa era proprio il rallentamento dell’economia dell’ex Celeste Impero e l’ingigantirsi del suo debito a essere oggetto di chiacchiere nei corridoi. Poi «per fortuna» sono arrivati il Brexit e il golpettino turco, così l’attenzione si è spostata altrove. Fonti diplomatiche riservate ci hanno raccontato di come durante il summit dei ministri delle Finanze e dei governatori delle banche centrali che si è tenuto a Chengdu il 24-26 luglio, la Turchia abbia cercato di infilare nel comunicato finale un endorsement del governo Erdogan, incassando un rifiuto (e infatti nel comunicato poi non è comparso). Il G20 di Hangzhou tirerà proprio le somme di tutte le riunioni specifiche che si sono tenute in Cina nel corso dell’ultimo anno e rilascerà il documento finale. Una grande cerimonia a cui parteciperanno ministri delle Finanze e capi di Governo: Renzi e Padoan per l’Italia. Schematizzando, i lavori seguiranno due «track» (tracce): la «Finance track», che riguarda i ministri delle Finanze e le organizzazioni internazionali, e che si occupa di riforme strutturali, finanziamenti, investimenti in infrastrutture e così via; la «Sherpas track», che si occupa invece di tutto il resto (con qualche sovrapposizione), cioè energia, sostenibilità, anti-corruzione, commercio, lavoro. Le nostre fonti ci dicono che il governo italiano ha seguito in maniera distratta entrambe le «track», inviando sottosegretari piuttosto incompetenti. Solo nel summit dedicato al commercio ha spedito una figura di spicco come Ivan Scalfarotto, segno evidente delle nostre priorità. Tra le chicche che si raccontano, il fatto che a giugno il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina non sarebbe andato al G20 di sua competenza perché avrebbe preferito restare a Milano per tirare la volata a Giuseppe Sala in corsa per la poltrona di sindaco.

Compito del G20 avrebbe dovuto essere quello di concentrarsi sulle riforme strutturali per rilanciare la crescita globale: liberalizzare i mercati dei beni e dei servizi, creare un ambiente favorevole al business e così via. Si diceva che l’obiettivo è già fallito e, quando si tratta di spiegare perché, sono oggi due le versioni che vanno la maggiore: da un lato, chi imputa il fallimento a riforme non abbastanza incisive e a governi non abbastanza credibili quando si tratta di applicarle (ritardi, compromessi, etc); Dall’altro, chi ritiene invece che in un contesto di bassa crescita globale le riforme non servano, ci vorrebbero prima politiche sul fronte della domanda. Schematizzando, i rigoristi tedeschi da una parte, i sostenitori della «demand side» dall’altra. I cinesi hanno abbracciato una politica vagamente filo-tedesca. Hanno quindi spinto per la creazione di un sistema condiviso in grado di misurare l’incisività delle riforme in termini quantitativi. Ma ciò ha dato luogo a un ginepraio, non solo perché è difficile «misurare» le riforme nel corso del tempo, ma anche perché il sistema avrebbe previsto un monitoraggio «cross-country», reciproco. E nessun Paese intende essere misurato dagli altri. «Le classifiche nessuno le vuole fare», ci spiegano le nostre fonti.

Un altro aspetto rilevante per la presidenza cinese è la riforma della governance globale, cioè la ridefinizione delle quote all’interno del Fondo Monetario Internazionale, da cui discendono poi quelle della Banca Mondiale. Dato che vengono riviste ogni cinque anni e che il congresso Usa si oppone a qualsiasi cambiamento dal 2011, un accordo ancora non c’è, anche se esiste un consenso nel ritenere che i Paesi emergenti avranno prima o poi più peso. In ballo c’è il finanziamento delle istituzioni internazionali, in un contesto in cui tutti stringono il cordone della borsa mentre qualcuno ha invece più liquidità disponibile. Come appunto la Cina. Nel frattempo, Pechino si è fatta la sua banca per lo sviluppo, cioè la Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB), che ad Hangzhou è invitata a partecipare al G20 per la prima volta. Proprio alla vigilia, il Canada ha chiesto di poter entrare a farne parte, lasciando Usa e Giappone con il cerino in mano, in quanto ultimi, tra le maggiori economie, che ancora la osteggiano. Alla voce «governance» c’è anche la riforma dei Diritti Speciali di Prelievo (SDR), la supermoneta che fa da unità di conto all’interno del FMI e che è composta da un paniere di valute nazionali, tra cui di recente è entrato anche il Renminbi cinese. Pechino punta a un utilizzo più sostanziale dei SDR, trasformandoli anche in valuta di riserva e strumento contabile. Chiede quindi al FMI di emetterne di più per offrire più liquidità, ma sia Washington sia la stessa organizzazione economica internazionale si oppongono. Qualche risultato a titolo compensativo la Cina l’ha però ottenuto: la Banca Mondiale ha emesso un bond in SDR solo per il mercato cinese.

Un pallino dei cinesi sono le infrastrutture. Hanno strappato al FMI una dichiarazione che riconosce la loro utilità per la crescita e hanno pure ottenuto un coordinamento globale sugli standard e sui finanziamenti. In pratica, il Paese che non ha al momento rivali nel costruire strade, ponti, tubi e ferrovie ha imposto l’idea che promuovano la domanda, in un contesto in cui Usa e Germania, i due membri più importanti del G20, sono tagliati fuori, perché hanno infrastrutture deficitarie perfino a casa loro e non sembrano intenzionati a investirvi in futuro.

Pechino ha inoltre istituzionalizzato il G20 del commercio, nonostante esista già il WTO. Su questo genere di faccende, tutto il mondo ce l’ha con la Cina, per motivi talvolta validi e talvolta pretestuosi. Il fatto che siano stati proprio i cinesi a volere un contenitore dove si parla di questioni commerciali ha suscitato quindi curiosità. Il summit specifico si è tenuto a Shanghai lo scorso luglio. Oltre alle consuete formule generiche, il comunicato finale ha accennato anche alla sovraccapacità, vero oggetto del contendere tra la Cina e il mondo. Si dice che Pechino abbia dovuto inghiottire. Altro ambito importante per i cinesi è l’anticorruzione. Sul piano puramente teorico, è un tema unificante. Tuttavia, quando Pechino propone standard di cooperazione internazionale, chiede di fatto che le vengano rispediti indietro i propri corrotti che riparano all’estero, il che crea imbarazzo perché non tutti i Paesi confidano nel sistema legale cinese.

Due novità introdotte dal G20 a guida cinese sono la «Climate finance» e la «Green finance». La domanda è: come rendere adeguati i sistemi finanziari affinché favoriscano la conversione dell’economia in senso ambientale? La «Climate finance» si pone il problema di stoccare risorse pubbliche per creare un fondo contro il riscaldamento globale. Operativamente, si tratta di finanziare con i soldi delle economie avanzare le economie emergenti affinché divengano «carbon free». Ci sono in ballo 100 miliardi di dollari, il punto è capire chi ce li mette e a chi vanno. La Cina, in questi casi, recita da sempre la parte dell’economia emergente, ma le indiscrezioni che abbiamo raccolto ci dicono che oggi lo stia facendo in maniera responsabile: non chiede soldi per sé, bensì che si facciano cose utili. Più complessa è la questione «Green finance», perché qui si tratta di finanziare i privati e la palla passa al mercato: come dare liquidità alle imprese verdi e stimolare quelle inquinanti a riconvertirsi? Bisognerebbe emettere dei «bond verdi» che finanzino le imprese virtuose e al tempo stesso siano interessanti per gli investitori. Il problema è che un’impresa che si riconverte al verde ha costi alti, per cui, per favorirla, bisognerebbe studiare per lei tassi di interesse bassi. Ma una rendita bassa scoraggerebbe gli investitori. Come si colma il divario tra necessità di finanziamento delle imprese verdi e aspettative del mercato? Il merito dei cinesi è a oggi quello di voler studiare questo gap. Con loro, per ora, ci sono i britannici. Si fa strada l’idea che una minore rendita per gli investitori sarebbe controbilanciata da una maggiore sicurezza dell’investimento: un’impresa «verde» non rischia infatti di provocare disastri ambientali dai costi altissimi come invece succede per quelle inquinanti. La seconda domanda a cui rispondere quando si parla di «Green finance» è: come si convincono le banche a finanziare queste imprese, cioè a infilare il parametro ambientale nei loro modelli? Il problema sembra essere che le banche si sentono già afflitte da troppe regole che limitano la loro operatività. Nessuno, nel settore bancario, desidera una nuova normativa «green».

  • Autore articolo
    Gabriele Battaglia
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli
POTREBBE PIACERTI ANCHETutte le trasmissioni

Adesso in diretta

  • Ascolta la diretta

Ultimo giornale Radio

  • PlayStop

    Giornale Radio mercoledì 15/01 19:30

    Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi. Tutto questo nelle tre edizioni principali del notiziario di Radio Popolare, al mattino, a metà giornata e alla sera.

    Giornale Radio - 15-01-2025

Ultimo giornale Radio in breve

  • PlayStop

    Gr in breve mercoledì 15/01 18:30

    Edizione breve del notiziario di Radio Popolare. Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi.

    Giornale Radio in breve - 15-01-2025

Ultima Rassegna stampa

  • PlayStop

    Rassegna stampa di mercoledì 15/01/2025

    La rassegna stampa di Popolare Network non si limita ad una carrellata sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani: entra in profondità, scova notizie curiose, evidenzia punti di vista differenti e scopre strane analogie tra giornali che dovrebbero pensarla diversamente.

    Rassegna stampa - 15-01-2025

Ultimo Metroregione

  • PlayStop

    Metroregione di mercoledì 15/01/2025 delle 19:48

    Metroregione è il notiziario regionale di Radio Popolare. Racconta le notizie che arrivano dal territorio della Lombardia, con particolare attenzione ai fatti che riguardano la politica locale, le lotte sindacali e le questioni che riguardano i nuovi cittadini. Da Milano agli altri capoluoghi di provincia lombardi, senza dimenticare i comuni più piccoli, da dove possono arrivare storie esemplificative dei cambiamenti della nostra società.

    Metroregione - 15-01-2025

Ultimi Podcasts

  • PlayStop

    Mitologia Popular di giovedì 16/01/2025

    Mitologia Popular esplora e racconta il folclore e la cultura popolare brasiliana: da miti e leggende come Saci Pererê, Mula sem cabeça, Cuca alla storia di piatti tipici come la feijoada o la moqueca, passando per la letteratura, il carnevale, la storia delle città più famose e la musica, ovviamente. Conduce Loretta da Costa Perrone, brasiliana nata a Santos che, pur vivendo a Milano da anni, è rimasta molto connessa con le sue origini. È autrice del podcast Lendas con il quale ha vinto gli Italian Podcast Award per il secondo anno consecutivo.

    Mitologia Popular - 15-01-2025

  • PlayStop

    News della notte di mercoledì 15/01/2025

    Edizione monografica sul cessate il fuoco a Gaza.

    News della notte - 15-01-2025

  • PlayStop

    Pop Music di mercoledì 15/01/2025

    Una trasmissione di musica, senza confini e senza barriere. Canzoni da scoprire e da riconoscere, canzoni da canticchiare e da cui farsi cullare. Senza conduttori, senza didascalie: solo e soltanto musica.

    Pop Music - 15-01-2025

  • PlayStop

    Speciale sulla firma della tregua a Gaza

    Dopo un anno e tre mesi, dall’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, la presa degli ostaggi e poi con la risposta israeliana, i bombardamenti, i 47mila morti palestinesi, oggi l’intesa per fermare la guerra è stata firmata. Dal pomeriggio si è via via capito che potesse essere il giorno buono. Poi, alle 18.15 l’annuncio arrivato da Donald Trump, che ha scavalcato sia i negoziatori, anticipando la prevista confernza stampa del primo ministro del Qatar. Sia la Casa Bianca e gli inviati di Joe Biden. Da Gaza arrivano notizie di festeggiamenti in strada, alla fine di una giornata che era cominciata ancora con bombardamenti e vittime.

    Gli speciali - 15-01-2025

  • PlayStop

    Esteri di mercoledì 15/01/2025

    Il giro del mondo in 24 ore. Ideato da Chawki Senouci e in onda dal 6 ottobre 2003. Ogni giorno alle 19 Chawki Senouci e Martina Stefanoni selezionano e raccontano fatti interessanti attraverso rubriche, reportage, interviste e approfondimenti. Il programma combina notizie e stacchi musicali, offrendo una panoramica variegata e coinvolgente degli eventi globali.

    Esteri - 15-01-2025

  • PlayStop

    Poveri ma belli di mercoledì 15/01/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 15-01-2025

  • PlayStop

    Milano: Rider di Glovo aggredito da una cliente e costretto a pagare dalla piattaforma

    Aggredito da una cliente scontenta del servizio e pure costretto dalla piattaforma digitale a pagare il costo dell’ordine cancellato. Un rider di Glovo, originario del Pakistan, ha denunciato ai carabinieri di essere stato picchiato mentre cercava di concludere una consegna a domicilio in zona Portello, a Milano. Come se non bastasse, l’azienda si è poi ancora rivalsa su di lui.Angelo Avelli del sindacato metropolitano Deliverance Milano ci ha spiegato così quel che è successo.

    Clip - 15-01-2025

  • PlayStop

    Doppio Click di mercoledì 15/01/2025

    Doppio Click è la trasmissione di Radio Popolare dedicata ai temi di attualità legati al mondo di Internet e delle nuove tecnologie. Ogni settimana, dal lunedì al giovedì, approfondiamo le notizie più importanti, le curiosità e i retroscena di tutto ciò che succede sul Web e non solo. A cura di Marco Schiaffino. Ogni settimana approfondiamo le notizie più importanti, le curiosità e i retroscena di tutto ciò che succede sul Web e non solo. A cura di Marco Schiaffino.

    Doppio Click - 15-01-2025

  • PlayStop

    Vieni con me di mercoledì 15/01/2025

    Distorsioni, delay e riverberi. Insomma, chitarristi all'ascolto! Questa puntata non è per voi ma chi vorrebbe capir di più la vostra lingua. Alessandra Di Toma, chitarriste delle Ginger Bender, tra riferimenti immancabili ed esperienze personali ci ha fatto strada in questo universo parallelo. Vieni con me! Ogni pomeriggio, dal lunedì al venerdì, dalle 16.30, in onda su Radio Popolare. Per postare annunci clicca qui Passatel - Radio Popolare (link - https://www.facebook.com/groups/passatel) Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa, un oggetto particolare o proporti come espert* (design, modernariato o una nicchia specifica di cui sai proprio tutto!!) scrivi a vieniconme@radiopopolare.it Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni

    Vieni con me - 15-01-2025

  • PlayStop

    Playground di mercoledì 15/01/2025

    A Playground ci sono le città in cui abitiamo e quelle che vorremmo conoscere ed esplorare. A Playground c'è la musica più bella che sentirai oggi. A Playground ci sono notizie e racconti da tutto il mondo: lo sport e le serie tv, i personaggi e le persone, le ultime tecnologie e le memorie del passato. A Playground, soprattutto, c'è Elisa Graci: per 90 minuti al giorno parlerà con voi e accompagnerà il vostro pomeriggio. Su Radio Popolare, da lunedì a venerdì dalle 15.00 alle 16.30.

    Playground - 15-01-2025

  • PlayStop

    Emilia Pérez: la colonna sonora

    Oggi a Jack, Matteo Villaci e Chawki Senouci hanno parlato della colonna sonora di Emilia Pérez, un film di Jacques Audiard uscito in Italia il 9 gennaio 2025. La colonna sonora strumentale del film è stata scritta da Clément Ducol, mentre i brani del film sono stati composti dalla cantante Camille. Ducol, Camille e il regista Jacques Audiard si sono occupati della scrittura dei testi. Infine, Selena Gomez, che recita anche nel film, ha cantato alcune canzoni, tra cui "Mi Camino".

    Clip - 15-01-2025

Adesso in diretta