Era lui il presidente dell’Emilia Romagna quando, nel maggio 2012, il terremoto colpì la sua regione. Ed è stato lui a guidare la ricostruzione, in parte ancora in corso, delle zone disastrate.
Vasco Errani sarà ora il commissario alla ricostruzione dell’ennesimo terremoto, l’ultimo, quello che ha raso al suolo Amatrice e dintorni.
Il presidente del consiglio Matteo Renzi ha deciso di affidargli il compito delicatissimo di guidare un’opera complicata: studiare la soluzione migliore per far rinascere paesi quasi interamente distrutti.
Ma può un commissario venuto da fuori affrontare una simile sfida? L’estremo negativo è rappresentato da quel che è successo all’Aquila, dopo il sisma del 2009: un territorio commissariato dove, in nome dell’emergenza, sono stati fatti scempi, commessi reati, dimenticati i cittadini e le realtà in cui vivevano prima delle scosse. Gli esempi positivi e più recenti sono invece quelli dell’Emilia e dell’Umbria, sia pure con dei danni molto più lievi.
La differenza con l’Emilia è soprattutto un’altra però: Vasco Errani guidò la ricostruzione da presidente della Regione, partendo dunque da una base di rapporti con i sindaci della zona già costruita e spesso molto solida. In questo caso invece, sarà l’uomo venuto da fuori.
Un rischio da non sottovalutare, dice il sindaco di Crevalcore Claudio Broglia. Il suo comune fu uno dei più colpiti nel 2012. La ricostruzione, a distanza di quattro anni, è a buon punto. “Ma – ripete Broglia – il ruolo dei sindaci è stato fondamentale. Sono loro che conoscono i cittadini, il territorio, le priorità dei loro comuni. Bisogna che il rapporto con loro sia stretto e tenuto in considerazione”.