I nomi che girano ci dicono che la squadra di governo di Donald Trump avrà un preciso profilo: sarà composta per lo più da maschi, bianchi e ultraconservatori. Molti di loro saranno dei ripescati dalla Storia. Personaggi che dopo una felice stagione politica erano finiti ai margini e che ora, con il loro appoggio a Donald Trump hanno vinto un biglietto di ritorno nelle stanze del potere.
Newt Gringich
Classe 1947, ex Speaker della Camera dei Rappresentanti, fu il creatore del Contratto per l’America. La rivista Time gli dedicò la copertina e lo nominò l’Uomo dell’Anno per aver guidato la “Rivoluzione Repubblicana” che nel 1995 portò al cambiamento di maggioranza al Congresso dopo quaranta anni di dominio democratico.
Fu lui che volle mettere a tutti i costi sotto impeachment Bill Clinton per l’Affaire Lewinsky nonostante una parte del partito repubblicano non fosse favorevole per paura che l’assalto alla casa Bianca si rivelasse un boomerang. Avevano ragione. Per Gingrich fu l’inizio della fine. Decise di dare le dimissioni da Speaker e da Rappresentante dopo la sconfitta repubblicana nelle elezioni di medio termine del 1998.
Qualche tempo dopo si scoprì che mentre Gingrich metteva alla gogna Clinton per aver mentito al Congresso sulla natura della sua relazione con Monica Lewinsky, lo stesso Speaker della Camera aveva una relazione extraconiugale con una suaassistente parlamentare di una ventina di anni più giovane di lui. Quando l’affare venne fuori, nel 2000, con un repentino divorzio dalla prima moglie e un altrettanto veloce matrimonio con la Dama Misteriosa Callista Bisek, la credibilità di Newt Gingrich subì un altro colpo.
Scivolò ai margini, ma non scomparve del tutto. Divenne commentatore della Fox News Tv, cassa di risonanza del partito repubblicano, e ricercato conferenziere. Nel 2012 si presentò alle primarie, ma lasciò la corsa dopo che si rese conto che gli elettori repubblicani, come il resto del partito, non l’amavano.
Torna adesso al potere grazie all’appoggio a Donald Trump. Per lui si parla di una poltrona come segretario di stato. Le sue posizioni politiche? Isolamento del regime castrista, nessun accordo con l’Iran e nessun dialogo con i palestinesi, secondo Gringich, “un popolo inventato”, come disse nel 2011
John Bolton
Ricordate i Neo-Con, quel gruppo di politici e intellettuali che teorizzava l’esportazione della democrazia a suon di cannonate all’epoca dell’amministrazione Bush junior? Furono loro a offrire una base ideologica all’invasione americana dell’Iraq.
John Bolton era uno dei più importanti rappresentanti di quel gruppo. All’epoca era sottosegretario alla difesa con delega alle armi di distruzione di massa. Ebbe un ruolo nella costruzione delle “prove” sugli arsenali di Saddam Hussein che diedero a George W. Bush la scusa per attaccare Bagdad. Nel 2005 fu premiato e divenne anbasciatore degli Usa alle Nazioni Unite, incarico perso dopo la bocciatura da parte del Senato.
Ora il suo nome gira come possibile candidato alla poltrona di segretario di stato
Rudolph Giuliani
Il sindaco sceriffo della tolleranza zero potrebbe diventare Attorney General, o ministro della giustizia. Una scelta molto significativaperchè sarebbe fatta nel momento in cui sono fortissime le tensioni razziali per gli afroamericani uccisi dalla polizia. Giuliani in passato si è vantato di essere stato l’uomo che inventò a New York il metodo Stop-and-Frisk, ovvero la piena libertà data alla polizia di fermare le persone e di perquisirle anche senza un valido motivo.
Questa modalità è diventata nel corso degli anni uno strumento di discriminazione nei confronti dei neri e degli ispanici, le maggiori vittime del Stop-and-Frisk. Una modalità che in diverse occasioni ha portato a “incidenti” anche mortali.
Repubblicano atipico, Rudolph Giuliani dopo gli anni alla guida della Grande Mela, aveva tentato l’avventura delle primarie presidenziali, ma si era dovuto ritirare, sconfitto da Mitt Romney. Il suo tasso di popolarità era verticalmente crollato. Si è attaccato subito al carro di Donald Trump e ha vinto la sua scommessa. Questa volta dovrebbe entrare a Washington da vincitore.
Sarah Palin
Gira anche il suo nome, anche se non si è capito che ruolo potrebbe avere. L’ex governatrice dell’Alaska ed ex candidata alla vicepresidenza nel 2008 è da tempo lontana dai riflettori nazionali anche se ha fatto di tutto per rimettersi al centro della scena. Forse ora ce la farà.
La Palin ha perso buona parte della sua credibilità da tempo. Si era presentata come la paladina dei valori conservatori e poi una biografia non autorizzata uscita nel 2011 l’ha fatta a pezzi, raccontando di consumo di cocaina e di relazioni extraconiugali. Sul fronte politico aveva tentato l’avventura con il Tea Party, ma quando poi questa formazione all’esterma destra del partito repubblicano aveva perso consenso, anche la Palin era tornata a scivolare ai margini.
L’appoggio a Donald Trump potrebbe riportarla in auge.