
Un gran giorno per la giustizia in America, esulta Donald Trump. È una grande vittoria per noi, replica l’avvocato dell’American Civil Liberties Union. Tutti dicono di aver vinto, nel caso dei venezuelani deportati in El Salvador senza passare per un tribunale, e anzi contro l’ordine di un tribunale. E, quando dicono tutti di aver vinto, non ha davvero vinto nessuno. O, ribaltando la prospettiva, una vittoria parziale l’hanno ottenuta tutti.
La Corte Suprema ha dato ragione all’amministrazione Trump, che appunto ha deportato oltre 200 venezuelani verso le prigioni di El Salvador, sulla base dell’Alien Enemies Act, una legge del 1798 usata in tempo di guerra per espellere cittadini di Paesi ostili. Donald Trump ha appunto sostenuto, in un suo ordine esecutivo del 13 marzo, che sarebbe in Corso un’invasione da parte dei membri della gang venezuelana di Tren de Aragua, responsabili di incursioni predatorie ai danni degli Stati Uniti, sotto la direzione, clandestina o meno, del governo venezuelano.
Non ci sono prove di questa invasione, né che il governo venezuelano stia manovrando la gang, questo è quello che l’amministrazione dice. Sulla base di questa antica legge, comunque, l’amministrazione ha espulso i venezuelani, i gruppi per i diritti civili hanno fatto ricorso, i giudici federali gli hanno dato ragione, non si possono espellere i venezuelani, il caso è passato alla Corte Suprema, che ha dato ragione all’amministrazione. Ma, attenzione, gli ha dato ragione su un aspetto procedurale. Cioè, gli avvocati dei venezuelani hanno presentato ricorso presso un tribunale di Washington DC, e non del Texas, dove invece si trovavano detenuti i venezuelani prima del loro trasferimento in El Salvador. Quindi, secondo la maggioranza della Corte, 5 contro 4, sostanzialmente gli avvocati hanno sbagliato tribunale, luogo del tribunale.
Tutti e nove i giudici, però, riaffermano il dovere che il governo degli Stati Uniti ha di avvertire i detenuti con un certo anticipo, prima della deportazione, in modo di dargli il tempo necessario per fare ricorso. Ed è qui che i gruppi per i diritti civili esultano. Perché, d’ora in poi, l’amministrazione Trump non potrà operare più blitz come quello delle settimane passate. Dovrà quindi avvertire chi è in procinto di essere deportato, e questo, con l’inevitabile ricorso alla giustizia, quanto meno rallenterà le deportazioni. Resta, al momento, fuori della considerazione della Corte l’aspetto più importante di tutta la vicenda, la vera sostanza di questa storia. E cioè, se Trump abbia il diritto di usare una vecchia legge dei tempi di guerra per deportare cittadini di Paesi con cui, almeno formalmente, gli Stati Uniti non sono in guerra. E questo, nelle prossime settimane, la Corte Suprema dovrà esaminare.