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Tratto dal podcast
Fino alle otto di ven 30/10/20
Fino alle otto | 2020-10-30
Unlockdown è un cortometraggio collettivo realizzato dagli studenti e dalle studentesse di diverse scuole medie e superiori in Italia e in Francia e che sarà disponibile dal 1° all’8 novembre sul sito della Cineteca Di Milano nell’ambito della rassegna Piccolo Grande Cinema.
Barbara Sorrentini ne ha parlato oggi a Fino Alle Otto con la professoressa Piera Sanna del College Laes Hauts Grillets (St Germain-en-Laye) e con la regista Camilla Borò.
Professoressa Sanna, come ha coordinato questi ragazzi e che tipo di lavori hanno fatto sul loro vissuto rispetto al lockdown?
Il lavoro che abbiamo portato avanti per Unlockdown è stato gestito completamente a distanza attraverso degli incontri online. Abbiamo fatto un incontro preliminare coi docenti coordinatori del progetto e i registi della cineteca di Milano in cui si è spiegata la natura del progetto e il lavoro che doveva essere portato avanti dai diversi insegnanti. È seguita poi la partecipazione delle classi con un laboratorio online tenutosi con i registi della cineteca e in cui ai ragazzi sono state date tutte le indicazioni non soltanto di carattere contenutistico, ma anche di carattere tecnico.
Il lavoro di produzione creativa per Unlockdown è stato una produzione differenziata per le diverse classi. Alla prima media è stata riservata la produzione di elaborati grafici in cui i ragazzi hanno potuto raccontare un loro sogno. Il film è diviso in diverse sequenze e ciascuna classe di età ha avuto diverse mansioni rispetto all’età. Le altre due classi, invece, state supportate nella realizzazione di brevi filmati sul tema del risveglio, del vestirsi e del lavarsi. È stato un lavoro molto interessante per quanto riguarda i ragazzi, ma anche molto intenso perchè si è svolto in pochissimo tempo.
Camilla Borò, quanti lavori avete raccolto per Unlockdown e come vi siete orientati per selezionare i pezzi arrivati?
Il lavoro non è stato per niente semplice. Noi partivamo dall’idea che sarebbe stato un grosso esperimento e ci siamo ritrovati a dover trovare una soluzione creativa per trasformare quello che era un limite, come il periodo di lockdown e distanziamento sociale senza la possibilità di svolgere i laboratori, in una modalità di lavoro nuova. Abbiamo iniziato con una lunga fase di progettazione di tutto quello che è il film a cui abbiamo lavorato io e altri due registi. Una volta definita l’idea – il lockdown dal punto di vista dei ragazzi – abbiamo aperto a luglio la call a cui hanno partecipato una trentina di scuole. Ci sono arrivati più di 4mila materiali e il lavoro è stato coordinato tutto a distanza: i ragazzi sono stati divisi a blocchi, esattamente come il cortometraggio è diviso in tre atti, e ognuno di questi gruppi di classi ha realizzato una piccola parte del cortometraggio che a tutti gli effetti è un film collettivo.
(Potete ascoltare l’intervista integrale a partire dal minuto 43)