Milano domenica mattina al parcheggio della stazione della metropolitana Cascina Gobba c’è un pullman in arrivo da cui scendono donne, bambini e anziani. Abbracci, lacrime e molta gratitudine tra questi umani. Tutti hanno un parente o un amico che li aspetta, i più fortunati sulla banchina, tra abbracci e commozione, altri un po’ più lontano e quindi ci sono delle cittadine che si sono offerte sul sito dell’associazione Refugees Welcome per accompagnarli a destinazione.
Ecco le loro voci:
Sul lunotto del pullman il cartello non è quello di una gita scolastica o del fine settimana, ma dice: “Milano per l’Ucraina, No more war”. È il secondo viaggio in pullman per Refugees Welcome, l’associazione indicata anche dal Comune di Milano come riferimento per l’accoglienza, che ha creato in queste due settimane di guerra in Ucraina grazie alla collaborazione di associazioni del quartiere Dergano (all’Anpi al ristorante Rob de Matt) un corridoio umanitario. Destinazione Przemysl, l’ultima città polacca prima del confine ucraino, dove in una grande centro commerciale svuotato dalle merci si è organizzato un centro umanitario.
Sentiamo il racconto di Sara Consolato, la capa missione di Refugees Welcome:
Una grande risposta della cittadinanza, tanti aiuti, tanta prossimità. E in effetti, su questa banchina, le presentazioni sono rapide e calorose, come se ci si conoscesse da sempre e fosse ovvia questa disponibilità e urgenza. Non succede solo qui. Ma in tutta Europa. Come sono migliaia le persone che con loro mezzi vanno a prendere dei profughi. Come ci racconta sempre Sara Consolato:
I due autisti che si sono alternati per le 16 ore di viaggio di ritorno si chiamano Mario e Dritan, il primo è bergamasco ed è stato colpito nel profondo prima dalla bolgia dolente incontrata e poi dall’umanità dei passeggeri. Il secondo vive in Italia da 20 anni:
Dritan non finisce di dire “più sfortunati” forse perché da immigrato conosce la catena infinita delle possibilità di malaventura etnica, sociale, bellica… l’elenco si allunga. Ci vorrebbe la politica. E qualche segnale c’è stato.