Emanuele Filiberto Savoia, bisnipote del re traditore, divenne popolare in Italia grazie alla partecipazione a una nota trasmissione televisiva che si occupava di calcio. Sembrava un ragazzo simpatico, fino a che si limitava a esprimersi sulla Juventus e dintorni.
Quando ha iniziato a parlare di cose serie, si è capito qualcosa di più sul personaggio. “Il mio bisnonno deve stare al Pantheon” ha affermato dopo che le salme di Vittorio Emanuele III e della moglie sono rientrate in Italia.
Al Pantheon, vorremmo dire a Emanuele Filiberto, dovrebbero essere ricordate le vittime del fascismo, che potè prendere il potere in Italia solo grazie a casa Savoia. Se il re avesse firmato lo stato d’assedio durante la marcia su Roma, Mussolini e i suoi gerarchi sarebbero stati spazzati via dal regio esercito. Ma il re volle il fascismo al potere e se lo tenne per 20 anni.
Al Pantheon dovrebbero essere ricordate le migliaia di ebrei morti nei campi di sterminio nazifascisti. Il re avallò l’alleanza italiana con Hitler e firmò le leggi razziali.
Al Pantheon dovrebbero essere ricordati i cittadini delle nazioni africane invase a colpi di gas tossici e saccheggiate mentre il re si fregiava del titolo di Imperatore.
Al Pantheon dovrebbero essere ricordate le centinaia di migliaia di militari italiani mandati a morire per una guerra priva di senso e poi abbandonati a loro stessi nelle mani dei tedeschi dopo l’otto settembre, quando il re e la famiglia fuggirono da Roma, di notte come i ladri e i vigliacchi, invece che rimanere e salvare l’onore.
Eppure, lo Stato italiano ha deciso per quello che il presidente del Senato Pietro Grasso ha definito un “atto di compassione”. Se proprio si voleva procedere con un “atto di compassione” sarebbe stato meglio evitare il volo militare, la presenza dell’ambasciatore italiano in Egitto al momento della partenza del feretro, l’ufficialità insomma.
Nessuno dubita del fatto che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha stabilito il rientro delle salme, il Governo Gentiloni che si è attivato, il presidente del Senato incarnino saldamente i valori della democrazia e dell’antifascismo.
Ma la decisione e le parole che ne sono seguite sono state un errore, nelle modalità. Un errore sul piano politico e un errore sul piano culturale perché non basta affermare, come fa Grasso, che non ci debbano essere revisionismi.
Il revisionismo, in questo Paese, è nelle cose, nella perdita progressiva della memoria, nella voglia crescente di autoritarismo e di ricette semplici.
In un Paese in cui ampi settori ancora faticano ad ammettere i crimini del fascismo, del colonialismo, dell’esercito italiano durante la guerra, il rientro della salma del re e della moglie avrebbe dovuto quantomeno essere accompagnato da un grande sforzo delle Istituzioni per la memoria.
Invece, l’operazione è stata gestita quasi di nascosto sperando che la notizia non destasse troppo scalpore