![Adrey Rublev festeggia la vittoria contro il danese Holger Rune durante la partita finale del torneo Monte-Carlo Rolex Masters a Roquebrune Cap Martin, in Francia](https://www.radiopopolare.it/wp-content/uploads/2023/04/Andrej-Rublev.jpg)
Dall’inizio della guerra in Ucraina, nel tennis ma forse nello sport in generale, poche persone hanno diffuso messaggi di pace più del tennista russo Andrej Rublev. Oltre a essere uno dei migliori in quello che fa, numero 6 della classifica maschile mondiale, Rublev è un atleta di 25 anni interessante per più di un motivo. Da tempo è competitivo ad altissimo livello, ma non sembra abbastanza forte da vincere i tornei più prestigiosi, quelli dello Slam, dove ha raggiunto sette volte i quarti di finale, ma non è mai entrato tra i primi quattro. Sul campo e nelle interviste, i giornalisti che lo seguono quotidianamente dicono che sembra condurre un’eterna lotta con le proprie insicurezze: si rimprovera di non essere all’altezza del suo idolo Rafa Nadal, vede giocatori più giovani e inesperti di lui arrivare a conquistare i tornei che ancora gli mancano, eppure dice di non essere mai andato in vacanza, di lavorare ogni giorno per limare i limiti del suo gioco.
A sentirlo parlare, a vederlo sul campo da tennis, Rublev sembra una persona sincera, quasi incapace di mentire agli altri, un uomo che per quanto creda di passare inosservato, finisce per emergere proprio perché così sinceramente fedele a sé stesso.
Sincero suonava quel “No alla guerra” scritto a pennarello sulla telecamera, vinta la semifinale del torneo di Dubai, il 25 febbraio 2022, pochi giorni dopo l’invasione russa. “Peace all we need” aveva invece fissato sul monitor a evidenziatore giallo alle finali Atp di Torino, lo scorso novembre. Pochi mesi prima era stato escluso da Wimbledon insieme agli altri tennisti russi e ai colleghi bielorussi per la guerra di Putin all’Ucraina. Un conflitto che nel tennis ha ripetutamente creato malumori, mentre Rublev, prima dell’invasione un anno fa, aveva deciso di giocare in doppio al torneo Atp di Marsiglia con Denys Molchanov, amico d’infanzia dal passaporto ucraino.
In mezzo alle tante parole degli ultimi mesi, nel tennis più rumorose che altrove, su come lo sport debba comportarsi a proposito della guerra, le parole scelte da Rublev per un brindisi davanti alle telecamere non molto tempo fa sembrano azzeccate: “A che cosa brindiamo?” gli chiedeva l’intervistatore. La risposta di Rublev è stata questa: “Brindiamo all’essere gentili, brindiamo al godersi il tennis”.