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- Tratto dal podcast Cultura |
Dopo il successo ottenuto con Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini, Massimo Popolizio torna al Piccolo Teatro Strehler di Milano insieme a Maria Paiato con Un nemico del popolo di Henrik Ibsen, che in questa versione non è più ambientato nella Norvegia del 1882, ma in un’immaginaria contea americana degli anni Venti.
Ira Rubini ha intervistato a Cult la co-protagonista Maria Paiato, vincitrice dell’UBU 2019 come miglior attrice proprio per Un nemico del popolo.
Maria Paiato interpreta in modo straordinario il sindaco Peter Stockmann, fratello del Dr Tomas Stockmann. Un aspetto che il pubblico ha inevitabilmente sentito come una sfida.
Sì, capisco tutte le sere come in qualche modo questa cosa sorprenda il pubblico. Mi hanno anche riportato che lì per lì non tutti capiscono dove sono e chi sono dei personaggi, ma alla fine questo personaggio che abito con grande gioia riesce a convincerli.
Come avete lavorato su un testo così intenso e per certi versi anche complicato?
Massimo aveva le idee chiarissime fin da subito, nella sua testa tutto era già predisposto. Quando sono arrivata per il primo giorno di prove con Massimo mi aspettavo un lungo periodo di lavoro a tavolino sul testo. Ci abbiamo messo mezz’ora e abbiamo subito iniziato. Quello era un testo che Massimo aveva studiato tanto, voleva farlo da molto tempo e aveva già avuto modo di rifletterci sopra tantissimo.
Il lavoro sul personaggio è stato capillare e certosino, ma tutto questo avveniva già in piedi, non a tavolino. Massimo è un regista con una matrice profondamente pratica e diretta, è un uomo che quando recita restituisce in maniera molto immediata il parlato. Non c’è una ricerca di suoni o altro, è stato davvero molto bello ed interessante. Io e Massimo abbiamo la stessa età, eravamo compagni di classe in Accademia e siamo partiti insieme. Il gusto di questo tipo di teatro ci accomuna e mi sento molto vicina a questa idea di recitazione e di spettacolo.
Quello che ci viene restituito dal vostro spettacolo è un Ibsen molto attuale. Vengono sottolineati il tema del bene pubblico e quello dell’equilibrio del potere rispetto al bene della cittadinanza, così come l’ipocrisia della massa che dovrebbe essere critica è che invece, spesso, è solo massa. Sorprende quanto Ibsen, per tanti anni associato a una certa dimensione nordeuropea e più strettamente psicanalitica assuma una dimensione autenticamente plateale.
Questo testo di Ibsen è quello che meno si avvale dello scavo psicologico, vuole mostrare l’aspetto più politico dell’essere umano. Credo sia uno dei primi testi di Ibsen e Massimo ha subito colto questa sua componente quasi da teatro francese e lo ha spostato in un mondo che ha molto poco di norvegese, ma che ha dei sapori dell’America dei primi del Novecento. È stata un’intuizione molto giusta ed intelligente secondo me, perché riproporre Ibsen nelle sue brume nordiche è già visto. Così, invece, gli si dà la possibilità di rinfrescarsi nei suoi meccanismi di testo sganciandosi da un certo luogo, diventando globale. L’aspetto politico e sociale riguarda tutti, l’uomo come riesce a stare insieme agli altri su questo pianeta. Il discorso della pericolosa maggioranza è qualcosa che l’umanità ha sperimentato in diverse occasioni con esiti terribili.
Può sembrare facile liquidare i due personaggi principali come due avversari, il bene e il male, senza avere visto lo spettacolo. Ma entrambi hanno una serie di sfaccettature che non permettono loro di essere incasellati. E questo vale per tutti i personaggi dello spettacolo.
Sì, è così per tutti i personaggi. Certo, il salta più all’occhio il rapporto tra i due fratelli. Sembra davvero uno scontro tra il bene e il male, ma il mio personaggio non è un sindaco cattivo. È uno che si nutre di acqua, di brodi e vive con poco. Non è un uomo che usa il proprio potere per arricchirsi o avere dei vantaggi. Lavora davvero per la sua comunità, ma si avvale spesso di mezzi che non sono tra i più corretti. In qualche modo entra in questa redazione di giornale e fa passare in modo sottile la minaccia che finché le terme esistono ci sarà lavoro per tutti, ma se le terme dovessero essere chiuse si andrebbe in rovina. Le terme si possono risanare, ma spetta alla cittadinanza il compito di metterci tempo e denaro. E la cittadinanza stessa in quel momento decide di tirarsi indietro. La maggioranza non ci sta a mettere a repentaglio una serie di piccoli privilegi acquisiti.
Massimo Popolizio e Maria Paiato in una foto dalla pagina Facebook del Piccolo Teatro Strehler