Si è chiuso a Buenos Aires il tredicesimo vertice del G20 senza concludere, come previsto, praticamente nulla. Un successo quindi per Donald Trump, che riesce a evitare condanne per i dazi che sta introducendo dall’inizio dell’anno per colpire i concorrenti dell’industria statunitense. Anche sul cambio climatico Trump fa inserire una specifica sul fatto che gli USA confermano l’uscita dall’Accordo per il clima, pur impegnandosi a fare bene da soli (!). Su migranti e profughi aria fritta. Anche la Cina canta, più modestamente vittoria, per avere strappato a Trump 3 mesi di moratoria per l’avvio dei dazi che dovrebbero colpire il loro export negli USA in attesa “di svolgere negoziati”. Negoziato, quella parola che irrita tanto l’inquilino della Casa Bianca, come si evince dal suo volto (rispetto a quello di Xi Jinping) nella cena che hanno condiviso a Buenos Aires
A Buenos Aires si sono anche misurate le distanze e le vicinanze tra i capi di Stato. Trump che ha evitato di incrociare Putin, ma ha sorriso apertamente al principe saudita Bin Salman. La signora May che per la prima volta dopo la guerra delle Falklands ha incontrato un presidente argentino. Emanuel Macron che per un disguido del protocollo viene ricevuto all’aeroporto soltanto da un impiegato aeroportuale che indossa un gillet giallo. Il presidente cinese Yi Yinping ricevuto come un imperatore. Un G20 da dimenticare perché è mancata chiaramente la volontà politica di fare passi avanti nella costruzione di rapporti multilaterali. Un ritorno al passato che non era nel copione di organismi come questo, nato per governare la globalizzazione che oggi paradossalmente viene difesa dalla Cina e messa in discussione da chi l’ha lanciata e cavalcato per anni, gli Stati Uniti d’America.