Chi non vuole i migranti paghi. Il “principio di solidarietà” tra gli Stati membri dell’Unione europea – un cardine dell’Ue – sia garantito, se non nei fatti, almeno con un contributo economico. Quindi quando un Paese ha raggiunto il limite di accoglienza, se i vicini non vogliono farsi carico dei migranti che non hanno un posto dove stare, metta mano al portafoglio. Nessuna deroga (o quasi: Gran Bretagna, Danimarca e Irlanda non parteciperanno). La clausola si chiamerà “solidarietà obbligatoria”. Ed è destinata a far discutere.
È l’ultima carta che si sta giocando la Commissione europea per rivedere il sistema di asilo in Europa e per salvare un’apparenza di unità tra i Paesi membri. La si legge in una bozza di riforma del sistema di asilo. Il Regolamento di Dublino III, la legge sull’asilo oggi in vigore, è totalmente superato dalle migrazioni interne all’Unione. E serve una riforma: questo fatto ormai sta corrodendo l’Ue dall’interno. Il re è nudo: al di là del trattato di libera circolazione di Schengen, non c’è altro a tenere insieme i 28. Il vecchio regolamento prevede che sia il primo Paese di approdo di un richiedente asilo a dover gestire l’accoglienza. Ingestibile. Allora a Bruxelles nella proposta di Dublino IV si introduce la “solidarietà obbligatoria”.
L’ultima novità è che a calcolare la quota massima di migranti da accogliere sarà un computer a Malta, negli uffici della European Asylum Support Office (EASO). La valutazione sarà fatta in base ad un algoritmo che calcola popolazione, ricchezza, estensione del territorio. Il computer servirà a monitorare anche i ricollocamenti da Paesi fuori Ue e il numero di domande d’asilo pervenuto a ciascun Paese. La solidarietà scatta dal momento in cui il limite dei posti d’accoglienza previsti è superato del 150 per cento.
C’è però chi della partita non vuole fare parte. Soprattutto nella regione di Visegrad, l’area mitteleuropea guidata dall’Ungheria di Viktor Orbàn. Il quale ha sempre fatto in modo che Budapest non rientrasse in nessun programma di ricollocamento. Stesso discorso per la Slovacchia e per la Polonia. Sarebbero proprio questi i primi Stati che dovrebbero contribuire sul piano economico, anche se ancora non è stato monetizzato il valore dell’accoglienza.
La Commissione cerca di modificare il sistema d’asilo, ma al contempo prolunga la sospensione di Schengen per altri sei mesi. Chiusi i confini in Austria, Germania, Danimarca, Svezia e Norvegia. Le istituzioni di Bruxelles sono comunque in ostaggio dei governi del Nord Europa. Ma è da Sud che arrivano le pressioni. Anche qui sulla carta una soluzione esiste: la Guardia costiera europea. Il progetto di legge c’è, è in discussione. La domanda è sempre: in quanti ci staranno? In quanti rispetteranno il principio di solidarietà?