
“Trump e Putin si fidano uno dell’altro”. Parole del portavoce del Cremlino, Peskov. “Sono convinto che il presidente russo stia parlando con noi in buona fede”. Parole del consigliere per la sicurezza nazioanle della Casa Bianca, Waltz.
Il dialogo tra Mosca e Washington per il rilancio delle relazioni bilaterali dopo tre anni di gelo sta procedendo speditamente. La domanda è se le cose andranno avanti così a prescindere dall’Ucraina, perché il futuro della guerra dipenderà proprio da questo. Durante la telefonata di ieri con Trump Putin ha accettato un cessate il fuoco di 30 giorni, ma solo sulle infrastrutture energetiche. Non quindi la tregua generale, sempre di 30 giorni, concordata invece da ucraini e americani.
A dare il senso della confusione e della fragilità di ogni tipo di accordo o mezzo accordo il fatto che dalle dichiarazioni di queste ore provenienti da Mosca e da Kyiv non sia nemmeno chiaro se e quando questa tregua debba entrare in vigore. Gli ucraini hanno detto che prima devono parlare con gli americani. I russi sostengono invece siano state date istruzioni alle forze militari subito dopo la telefonata di ieri con Trump.
Ma oltre a dare il senso della confusione e della fragilità del momento, tutto questo ci dice anche un’altra cosa. Nella partita diplomatica quello che al momento sembra aver segnato più punti a suo favore è sicuramente il presidente russo. Il Cremlino, ormai lo sappiamo, non ha alcuna fretta di arrivare a un accordo per fermare la guerra in Ucraina, ma però ha bisogno di far ripartire le relazioni con gli Stati Uniti, relazioni diplomatiche ed economiche. Mosca vuole uscire dall’isolamento rispetto all’Occidente, o almeno agli Stati Uniti, e ha bisogno di fare affari per recuperare il terreno perduto proprio a causa delle sanzioni occidentali. Anzi i due piani – quello diplomatico e quello economico – sono legati tra loro. La difficoltà è convincere la Casa Bianca a procedere con la normalizzazione dei rapporti, senza necessariamente accettare di mettere fine al conflitto in Ucraina. E qui tutto dipenderà dalle capacità negoziali dei russi e della sponda offerta da Trump.
La cosa non sembra impossibile. Anche perché Trump ha fretta di chiudere un qualsiasi tipo di accordo e potrebbe quindi accettare anche un’intesa sull’Ucraina al ribasso. Ecco perché sul cessate il fuoco Putin prende tempo ed ecco perché Mosca corteggia Washintgon con promesse di grandi affari. Quello russo-americano è il primo livello della partita diplomatica in corso. Stati Uniti e Russia sono quelli che possono prendere le decisioni più pesanti.
Il secondo livello è quello degli ucraini e dei loro alleati europei. Questi ultimi – nonostante le divisioni, a volte anche all’interno dei singoli paesi – stanno cercando in tutti i modi di mettere in campo le garanzie di sicurezza chieste da Kyiv. Ma a parte i problemi interni scontano il fatto che senza la partecipazione americana le loro garanzie potrebbero non stare in piedi. Senza citare nemmeno la contrarietà di Putin all’invio di truppe europee in Ucraina.
Anche Zelensky, anzi soprattutto Zelensky, è in difficoltà. Anche perché in fondo è lui in prima-linea contro i russi. Sulla carta non può accettare le ultime condizioni del Cremlino – la fine del supporto occidentale all’Ucraina – ma non può nemmeno andare avanti all’infinito. Il prezzo per la popolazione ucraina, stremata da tre anni di guerra, sarebbe troppo alto.
Il margine di manovra del presidente ucraino dipenderà dalla volontà di Trump di forzare Putin a un accordo finale che non soddisfi solo le richieste del Cremlino. Al momento questa è invece una possibilità, anche piuttosto concreta.