
La minaccia dei dazi che oggi è diventato un rischio concreto e vero, poi i progetti del Pnrr che non riusciranno ad arrivare alla conclusione entro i tempi programmati, le tensioni nella maggioranza sull’Europa: sono tutti i problemi che incombono sul governo di Giorgia Meloni, temi importanti che hanno a che fare con l’economia e la politica estera. E come spesso accade, Giorgia Meloni nelle difficoltà cerca dei diversivi, argomenti per distrarre l’attenzione e puntare in là, rassicurando gli elettori di destra che tutto va bene. E così approfitta del traguardo dei due anni e mezzo di governo per garantire che si andrà avanti fino alla fine della legislatura, portando a compimento “la madre di tutte le battaglie”, così era stata chiamata la riforma del premierato, ma dopo il prima via libera al Senato, la riforma è finita in un cassetto. E lì probabilmente rimarrà ancora, ma la Presidente del Consiglio oggi l’ha di nuovo sbandierata, serve a coprire la difficoltà di mettere una pezza a tutti i buchi che si stanno creando nelle ultime settimane, il più insidioso per le conseguenze che potrà avere, sono i dazi. La linea di Meloni di tendere la mano a Trump, convinta che i buoni rapporti avrebbero risparmiato l’Italia, oggi si è dimostrata un insuccesso, tutta l’Europa ha subito il diktat di Trump e se dopo il settore automobilistico toccherà a quello agroalimentare, il rischio sarà ancora più grande. Sul fronte Europa, Meloni continua a ripetere la sua possibile via di uscita per il conflitto in Ucraina, la collaborazione con la Nato, una forza di pace delle Nazioni Unite, e la promessa che nessun soldato sarà mandato al di fuori della missione Onu, una soluzione utile a mantenere la tregua anche interna al governo, con Salvini e Tajani. E oggi ultimo problema sul tavolo è stato quello del Pnrr, il ministro Giorgetti ha annunciato di voler chiedere un anno di proroga per i progetti, circa 19, che non saranno conclusi entro il 2027, Palazzo Chigi ha assicurato subito dopo che tutto va bene, che non ci sono ritardi, a chi credere si chiede l’opposizione, che anche su questo vuole che il governo vada a riferire in Parlamento.