Nel pomeriggio i media russi hanno cominciato ad anticipare i risultati parziali dei referendum nelle quattro zone occupate nell’est e nel sud dell’Ucraina: Donetsk, Luhansk, Zaporizhia e Kherson.
Secondo l’agenzia statale Ria Novosti con circa il 15% dei voti scrutinati a favore dell’annessione da parte della Federazione Russa ci sarebbe ovunque una maggioranza bulgara, tra il 97 e il 98%.
Durante un incontro con alti funzionari – ripreso dalle TV – Putin ha detto che l’obiettivo è salvare le popolazioni di quelle regioni dalle continue discriminazioni da parte dello stato ucraino. Una narrazione ormai consolidata – anche se non l’unica – con la quale il Cremlino ha giustificato fin dall’inizio l’invasione del paese vicino.
Il presidente russo dovrebbe parlare davanti al parlamento venerdì prossimo, 30 settembre. E potrebbe essere proprio quella l’occasione per annunciare il via libera all’annessione di un’area che fa circa il 15% del territorio ucraino. Con la Crimea siamo al 20%.
Il presidente della Camera Alta del parlamento russo ha fatto sapere che la questione potrebbe essere discussa e votata già il 4 di ottobre, all’inizio della prossima settimana.
Insomma, probabile che l’operazione sia piuttosto rapida, più o meno come quella che nel 2014 portò all’annessione della Crimea. Tutto nel giro di pochi giorni.
Il voto non risponde ad alcun criterio di legalità, nazionale o internazionale.
Niente osservatori, nessuna verifica delle modalità della consultazione, diversi cittadini ucraini bloccati in quelle zone hanno raccontato di un’operazione telecomandata spesso con la minaccia dell’uso della forza.
L’annessione di quei territori non verrà quindi riconosciuta dalla comunità internazionale, proprio come avvenne con la Crimea otto anni fa.
Stati Uniti e Unione Europea hanno già annunciato nuove sanzioni alla Russia.
Mentre il governo ucraino ha detto che chi ha collaborato con le autorità russe verrà punito con il carcere.
Ma la Russia considererà quelle zone suo territorio al 100%. E il punto è proprio questo: come cambieranno le dinamiche della guerra quando da una parte ci sarà il territorio ucraino e dall’altro – anche se solo per Mosca – il territorio russo?
Sicuramente Putin sposterà lì altri uomini e mezzi. Anche a questo serve la complicatissima mobilitazione di questi giorni.
Le intenzioni sono state esplicitate da uno degli uomini fidati del Cremlino, l’ex-presidente Medvedev, che ha ripetuto come la Russia risponderà con assoluta determinazione a ogni minaccia alla sua sicurezza nazionale, anche nei nuovi territori e anche con armi nucleari.
Medvedev aveva già usato parole simili, nella strategia comunicativa del Cremlino fa la parte del falco. Ma questa volta ha aggiunto un pezzo: siamo sicuri – ha detto – che l’Occidente non interverrà, nemmeno se dovessimo usare armi nucleari, perché non hanno interesse a entrare in un conflitto che diventerebbe globale. Una minaccia.
Da parte loro gli ucraini hanno detto che continueranno con la loro contro-offensiva. Lo stanno facendo anche in questi giorni, da sud – Kherson – a est – Kharkiv e il Donbass.
Ma sicuramente stiamo per entrare in una fase nuova, ancora più imprevedibile.
Kiev e i suoi alleati valuteranno con la massima attenzione le prossime mosse.