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Turchia, Mustafa Koçak è morto dopo 297 giorni di sciopero della fame

Mustafa Koçak

Una morte annunciata quella di Mustafa Koçak. Stava conducendo lo sciopero della fame assieme a Helin Bölek, un’altra giovanissima componente della formazione musicale Group Yorum. Helin se ne è andata 3 settimane fa, dopo 288 giorni senza nutrirsi. Lui era arrivato a 297.

I motivi di una protesta così radicale erano la repressione subita dal loro gruppo, storica e popolarissima band militante di riferimento della sinistra rivoluzionaria turca, oggetto di continui attacchi da parte del Governo: assalti e perquisizioni alla loro sede e centro culturale a Istanbul, arresti, persecuzioni giudiziarie e da ultimo anche l’interdizione al palcoscenico: dal 2015 i loro concerti, a cui partecipavano decine di migliaia di fan, erano vietati.

Con lo sciopero della fame i due musicisti chiedevano la fine delle persecuzioni, il rilascio dei compagni in carcere e di tornare a suonare. Mustafa Koçak aveva un motivo in più per portare avanti la sua battaglia: si trovava in carcere di isolamento dal 4 ottobre del 2017 ed era stato condannato all’ergastolo. L’accusa era quella di complicità con il sequestro condotto da due militanti della sinistra extraparlamentare turca nei confronti di un giudice a Istanbul nel 2015, storia conclusasi con la morte dei due militanti e del magistrato in seguito al raid delle squadre speciali della polizia.

In seguito al tragico evento era partita una vasta campagna di arresti anche ai danni di persone che non avevano nulla a che fare con il sequestro. Mustafa Koçak era accusato di aver fornito le armi per l’azione. La condanna venne emessa in base alla discutibile testimonianza di un informatore della polizia rimasto segreto in un processo condotto secondo l’opposizione di sinistra in violazione di tutti gli standard legali e morali.

Mustafa Koçak aveva denunciato le torture subite in carcere, dichiarava illegale la sua condanna e chiedeva incessantemente un processo giusto. Aveva solo 28 anni: le foto che lo ritraggono sorridente, le ultime che lo mostrano ridotto a uno scheletro, quelle dei suoi genitori disperati inondano i social e spezzano il cuore. Un messaggio straziante per lui su Twitter anche da Can Dündar, il giornalista turco in esilio in Germania: “Non pensi di farlo vero? Basta una calunnia, senza testimoni, fuori dalle regole, e sei arrestato. Dici ‘è una menzogna’, e non sei ascoltato. La giustizia è cieca, lo stato è sordo. La tua famiglia, i tuoi amici lottano invano. E allora, come ultima risorsa, ti bruci per dimostrare la tua innocenza. Mustafa Koçak: a essere morta è la giustizia“.

  • Autore articolo
    Serena Tarabini
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    Si è concluso questa mattina il presidio organizzato davanti all’ufficio immigrazione di via Montebello a Milano per chiedere la liberazione di Ayoub. Il ventunenne di origini tunisine è stato liberato dopo quasi 18 ore di fermo. Ieri pomeriggio si trovava davanti a un bar sotto casa insieme a un amico, quando è arrivata una volante della polizia che ha iniziato a controllare i documenti dei presenti. Gli agenti gli hanno tolto il telefono e l’hanno portato in questura perché il suo permesso di soggiorno non era in regola. Ayoub, che partecipa alle attività del centro sociale Lambretta ed è seguito dalla comunità Kayros di Don Claudio Burgio, ha passato la notte in questura in attesa di un’udienza per decidere della sua espulsione dal territorio italiano. Dopo aver fatto domanda d’asilo, questa mattina Ayoub è stato liberato. Il 22 aprile dovrà presentarsi nuovamente all’ufficio di immigrazione con il suo avvocato. Secondo il centro sociale Lambretta, che ha organizzato il presidio, “quello che è accaduto non è un’eccezione: è la normalità per oltre un milione di persone senza documenti in Italia. Un sistema che criminalizza la migrazione, sospende lo stato di diritto e produce esclusione sociale”. Dopo il rilascio di Ayoub, le persone in presidio, una cinquantina, l’hanno accolto con un coro: “Tutti liberi, tutte libere”. Tra gli applausi, i ragazzi e le ragazze che lo aspettavano si sono stretti attorno a lui in un abbraccio collettivo. Chiara Manetti ha intervistato Ayoub dopo il suo rilascio.

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