La morte di Helin Bölek è una notizia che riporta agli anni bui del post-golpe militare degli anni ottanta, quando in Turchia molti militanti di movimenti socialisti ed attivisti civili vennero imprigionati in condizioni inumane e torturati, ed in risposta i prigionieri politici diedero il via a uno sciopero della fame che fece subito i primi morti.
In quegli stessi anni si formava il gruppo musicale militante Grup Yorum, di cui Helin Bölek era membro. Fin dalla sua fondazione, il gruppo, ha subito persecuzioni e censure per le sue posizioni di estrema sinistra. Il gruppo ha pubblicato 25 album e dato centinaia di concerti a cui sono sempre accorse migliaia di persone. Ma la loro enorme popolarità non li ha mai protetti.
Nel corso degli anni hanno subito più di 400 processi, sono stati arrestati ed incarcerati più volte la loro sede, un centro culturale, nel quartiere popolare di Okmeydani, ad Istanbul, è stata più volte presa d’assalto, perquisito e vandalizzata, dieci volte solo negli ultimi due anni. L’arresto di un qualche membro del gruppo appartiene all’ordinaria amministrazione, c’è sempre stato un motivo per cui accusare qualcuno di Grup Yorum e metterlo in galera. Inoltre, dal 2016, alla band non è stato nemmeno più consentito esibirsi, poiché secondo le autorità turche i membri sono affiliati al DHKP-C, gruppo marxista militante considerato un’organizzazione terroristica.
Contro tutto questo protestava Helin Bölek. Con il suo sciopero chiedeva la revoca del divieto ad esibirsi, la fine delle retate e il rilascio dei membri del gruppo incarcerati. “Avete ucciso una donna di 28 anni” ha detto Ibrahim Gökcek, chitarrista della band e che sta continuando lo sciopero della fame: “le sue condizioni sono molto critiche, pesa 46 kg“.
Lo sciopero della fame è ancora uno strumento di lotta politica molto diffuso in Turchia e purtroppo nel Paese esistono ancora gravissime violazioni dei diritti umani che inducono ad intraprenderlo. Un terzo componente della band, Mustafa Kocak è in sciopero della fame: condannato all’ergastolo per tentativo di sovversione dello stato, in più occasioni ha denunciato di aver subito torture e maltrattamenti.