Una forte esplosione ha colpito domenica il quartiere Kizilay nella capitale turca Ankara.
Sono 34 i morti e 125 feriti, di cui 19 in serie condizioni.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha detto che l’attentato servirà soltanto a rafforzare “la determinazione delle forze di sicurezza” e che i terroristi “saranno messi in ginocchio”.
Il ministro degli interni, Efkan Ala, ha annunciato che la prima fase delle indagini si concluderà entro lunedì sera e che i responsabili verranno identificati.
Al momento non c’è comunque stata alcuna rivendicazione dell’attacco.
L’esplosione, secondo le prime testimonianze, sarebbe stata causata da un’autobomba collocata a una fermata degli autobus, sul boulevard Ataturk, dove convergono diverse linee. Nelle vicinanze si trovano anche il ministero degli interni e quello della giustizia, oltre a un tribunale e un posto di polizia.
Un funzionario della sicurezza ha detto che l’esplosione è stata “probabilmente causata da un attentatore suicida”. La bomba è esplosa alle 16.43 ora locale e, oltre a diversi autobus e macchine, ha danneggiato anche alcuni palazzi.
La polizia, temendo un altro attentato, ha immediatamente isolato l’area.
Il governo turco ha imposto il blocco di qualsiasi informazione sull’attentato. Oscurati Facebook e Twitter in Turchia. Sui social media nel mondo si sono comunque presto diffuse immagini di un autobus completamente distrutto dall’esplosione, con alcune vetture in fiamme nelle vicinanze.
Il partito pro-curdo, l’HDP, ha immediatamente condannato l’attacco: “Condanniamo l’attacco di questa sera ad Ankara – è scritto in un comunicato -. Sottolineiamo che nessuno di questi eventi dolorosi riuscirà a distruggere i sentimenti di fratellanza della nostra gente”.
Il mese scorso l’attacco a un convoglio militare aveva fatto 29 morti e 60 feriti. Il gruppo di miliziani curdi del TAK aveva rivendicato l’attacco e aveva affermato che esso era una rappresaglia alle violenze e alla repressione da parte del governo turco nel sud-est curdo del paese. “D’ora in avanti – aveva scritto il TAK, preannunciando nuove azioni – l’AKP (il partito al governo n.d.r.) e i suoi collaboratori non saranno più capaci di vivere a proprio agio in una dittatura fascista”.