Scarcerazione immediata per motivi di salute. La decisione della Corte di Cassazione turca sull’avvocato Aytaç Unsal, trentadue anni e una condanna a dieci di reclusione, giunge provvidenziale al giorno n. 213 di uno sciopero della fame, che solo poche ore prima sembrava destinato ad arrivare alle estreme conseguenze.
La collega Ebruk Timtik, che portava avanti la stessa protesta, era morta la settimana precedente. I medici dell’ospedale dove Unsal era in detenzione avevano lanciato l’allarme sul suo progressivo deperimento, mentre persino l’Europa si era mostrata indifferente: la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo due giorni fa aveva respinto il ricorso alla precedente sentenza che stabiliva come l’avvocato dovesse rimanere in carcere. Nel frattempo, il Presidente della stessa Commissione raggiungeva Istanbul per parlare di giustizia con il Presidente Erdoğan come se niente fosse e ricevere un dottorato honoris causa.
Sono forse valsi a qualcosa invece l’indignazione montata nel Paese e all’estero e i richiami dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. I social turchi sono ora inondati delle prime immagini del giovane avvocato libero. Queste le sue sue parole: “E’ stato fatto da tutti voi, con il vostro amore e la vostra forza. Vi amo tutti. Vinceremo”.
#AytaçÜnsal avvocato
dopo 213 gg di sciopero della fame
la Corte di Cassazione di Ankara sospende la pena decide la sua immediata scarcerazione per motivi di salute
condannato a 10 anni per “associazione terroristica” x il suo impegno nella difesa di oppositori del #Califfo pic.twitter.com/ZMez6zewPA— Babbuezzu (@babbuezzu) September 4, 2020
Turchia, l’avvocato Aytaç Unsal in condizioni critiche dopo 222 giorni di digiuno
(2 settembre 2020)
“La morte di Ebruk è un coltello piantato nel petto. Ci sei rimasto solo tu per alleviare questo dolore. Non ti direi mai cosa devi fare. Ma adesso devi vivere”. È l’appello accorato che un’amica e collega ha rivolto con una lettera all’avvocato Aytaç Unsal, che oltre duecento giorni fa ha dato inizio alla stessa protesta che ha condotto alla morte la compagna di lotte Ebru Timtik, e prima di lei i tre componenti della band musicale Grup Yorum.
Non sappiamo se è stato raggiunto da queste parole. Le sue condizioni, trapela dall’ospedale-prigione dove è stato trasferito contro la sua volontà due settimane fa, sono molto critiche. Aytaç Unsal ha 32 anni e una condanna a 10 anni: le accuse, uguali, il processo, la stessa farsa, come lo hanno definito i suoi difensori, privo delle più elementari basi del diritto anche secondo il presidente degli avvocati di Istanbul e molti analisti internazionali.
Nella rete di solidarietà che si è costruita attorno a questo caso monta l’angoscia, ma dal governo turco non arriva nessun segno nemmeno di clemenza.
Gli appelli alla scarcerazione di Aytaç Unsal cadono nel vuoto ed il Presidente Erdoğan, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, non ha esitato a criticare le associazioni degli avvocati che hanno esposto dalle finestre la foto di Ebru: “Difendono terroristi” ha detto, “lo Stato ha fatto il suo dovere”.