
Giorgia Meloni va alla Casa Bianca con la speranza che il buon rapporto ideologico e personale con Donald Trump le permetta di ottenere dei risultati: un’apertura di credito alle trattative sui dazi con l’Europa, un occhio benevolo all’Italia. Ma è proprio in virtù di questo rapporto che Donald Trump si aspetta che la Presidente del Consiglio italiano stia più al suo gioco che a quello di Bruxelles.
In fondo, Giorgia non è la “fantastica donna che ha preso d’assalto l’Europa” come la definì lo stesso Trump nello scorso gennaio quando Meloni si recò a Mar a Lago per chiedergli il segnale verde per lo scambio con l’Iran che portò alla liberazione di Cecilia Sala? Da allora, il rapporto con Meloni si è progressivamente rafforzato: la partecipazione alla cerimonia di giuramento, l’intervista al Financial Times, quando lei disse che l’attacco di J.D. Vance all’Europa nel discorso di Monaco era condivisibile.
Poi però sono arrivati i dazi indiscriminati di Trump contro tutti, Italia compresa. E allora, Meloni, si è voltata verso la UE: si è proposta come la possibile trade d’union con la Casa Bianca. Ma Trump non la vede così. Per lui, Giorgia è l’amica, l’alleata. E la pedina. Lui vuole dividere l’ Unione Europea: dimostrare domani che Meloni pende più verso di lui che verso Ursula Von Der Layen sarà il suo obiettivo. Segnare un colpo, ma senza troppo esagerare. Per un motivo: la strategia della Casa Bianca contro la Cina deve essere ancora affinata: sarebbe meglio quindi anche per lui non rendere il clima con l’Europa troppo incandescente. Almeno per ora. Sull’Ucraina, con lei, farà lo stesso gioco. Meloni dovrà fare lo slalom. Trump metterà un sacco di paletti.