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Mia cara Olympe

Violenza di genere, parliamo di soldi

Nei giorni che ci hanno restituito lo strazio dei genitori di Chiara Gualzetti, neanche sedici anni, uccisa da un coetaneo,  e in  cui si cerca ancora il povero corpo di Saman Abbas e l’Interpol si è attivata per arrestare i genitori ovunque siano (e il ruolo della madre, in questa ed altre vicende simili, mi appare uno dei nodi più dolorosi e problematici), nella settimana che vede  la Turchia uscire dalla Convenzione di Instanbul e le proteste delle donne qui e lì, sulla casella di posta arriva una mail che parla di sodi. Di tanti soldi.

Mittente è l’Eige, l’European Institute for Gender Equality,  che dopo aver documentato in un apposito rapporto l’aumento della violenza  nelle relazioni intime durante la pandemia di Covid19,  adesso ci offre un numero, pesante, sul quale riflettere. Il costo della violenza di genere, calcola l’istituto, in tutta l’Unione è di 366 miliardi di euro all’anno. La violenza contro le donne rappresenta il 79% di questo costo ed è dunque pari a 289 miliardi di euro. Ancora, nota l’Eige,  la violenza esercitata del partner, cresciuta durante la pandemia di Covid-19, rappresenta quasi la metà (48%, 174 miliardi di euro) del costo  complessivo della violenza di genere e la violenza dei partner contro le donne rappresenta l’87 % di questa somma (151 miliardi di euro).

Ricordate la polemica seguita all’articolo del Sole 24 ore che si avventurava in una tanto sbagliata quanto spericolata equiparazione tra femminicidi e omicidi di uomini? Aveva provocato dure reazioni e rettifiche anche all’interno del quotidiano – ne racconta qui  l’articolo dal sito di Giulia –  e, ce ne fosse bisogno, viene ora smentito anche dalla forza inequivoca di questi numeri. E se, come dice Carlien Scheele che dirige l’Eige , ‘la vita umana, il dolore e la sofferenza non hanno prezzo’  è importante conoscere quanto, come e dove si spende e quanto si perde a motivo della violenza per indirizzare meglio i fondi – troppo pochi sottolinea il rapporto – e  tutelare  maggiormente le vittime. Solo lo 0,4%  di questo denaro per esempio viene investito in servizi come i rifugi per le vittime di violenza:  non basta, perché, ancora Scheele, prevenzione e tutela rispondono non solo ad un ‘imperativo morale’, ma anche ai dettami di un’economia intelligente, nel senso che diminuire il tasso di violenza ha come effetti non disperdere le energie umane e professionali delle vittime, ma ha anche far risparmiare alle casse pubbliche cifre ingenti. Ed ecco il dettaglio dello studio, realizzato su dati inglesi provenienti da servizi pubblici come dalle forze dell’ordine e dal settore della giustizia:  il costo maggiore deriva dall’impatto fisico ed emotivo (56 %) sulle vittime, seguito dal peso economico della giustizia penale (21 %) e dalla perdita di produzione economica (14 %), intendendo con questo ultima voce, per esempio, le assenze dal lavoro. Altre voci riguardano  il costo della giustizia civile (separazioni, divorzi e procedimenti di affidamento dei figli), l’aiuto abitativo e la protezione dei minori, vittime di violenza assistita. Ascolteranno i governi le ragioni del portafoglio più di quelle morali? Seguiranno, come caldamente raccomanda l’Eige e detta la Convenzione di Instabul, l’esempio inglese e raccoglieranno molti più dati di quanto oggi non facciano? La risposta è affidata al futuro, ma di certo avere una radiografia dei costi serve a conferire un’ulteriore dimensione all’impatto devastante e complesso che la violenza di genere ha sulla vita di chi la subisce.

 

 

 

 

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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Breaking Dad

La Semifinale, le chat e il naso di Chiellini

“Papà, io non li guardo: ho troppo sonno, vado a nanna”.

Il messaggio arriva subito dopo il fischio finale di Italia-Spagna. Fabrizio è in montagna con i nonni. Durante la partita, fino al novantesimo, ci siamo scambiati esultanza, delusione, giudizi e patemi via chat. Adesso, povero piccolo, non ce la fa più: i supplementari non li guarderà, così mi ha detto.

Il fratello, Francesco, invece è off limits: è anche lui in montagna, ma per un campus che – giustamente – vieta tassativamente i telefoni. Le comunicazioni arrivano dal responsabile, via chat, ovviamente. Questa delle chat dei figli e delle loro attività è una tassa che ogni genitore al giorno d’oggi deve pagare. La scuola, il calcio, la musica; i genitori della scuola, quelli del calcio, quelli della musica. E i sotto-gruppi, poi: i genitori della scuola che organizzano merende, quelli del calcio che si conoscono meglio tra loro, il maestro di coro e l’insegnante di chitarra.

Bello, eh, tutti connessi, le informazioni che girano, tutto sotto controllo. Anche i saluti e i ringraziamenti: GRAZIE – GRAZIE MILLE – GRAZIE A TE – OK CIAO – CIAO – CIAO A TUTTI – CIAO – GRAZIE ANCORA – OK – CIAO [faccina – faccetta – pollice su…]

Gli Europei sono un grande appuntamento per papà-con-figli-maschi. Anche se il pallone non è la passione più forte, anche se – in tempi normali – alla partita si preferisce spesso la serie Tv o il giro in bici. Ma la Nazionale, quando comincia ad avanzare nel torneo, a vincere, è un richiamo irresistibile.

Una cosa nuova che ho notato è che, anche durante il match, per i due ragazzi è scontato informarsi continuamente – via Google – praticamente di qualsiasi cosa. Così, se tu commentando un’azione dici, che ne so, “forte quel tipo ucraino, non lo conoscevo…”, in cinque secondi loro googolano e ti fanno: “eh, sì, è Vladimir Scatushenko, quest’anno giocava nel Dombrovski e ha segnato 18 goal, è alto un metro e ottanta e pesa 75 kili”. Ah, ecco, mi pareva di conoscerlo…

Se non li fermi, vanno avanti e ti ricostruiscono tutta la carriera del carneade ex sovietico. La nostra unica fonte di informazione in proposito – ai tempi – erano le figurine: se eri bravo potevi memorizzare la faccia dei calciatori e, se poi eri veramente un pozzo di scienza, ti facevi regalare l’almanacco dove trovavi tutto quello che ti serviva per fare un figurone. Ma era una cosa un po’ da nerd, a dire la verità.

Comunque, quello che non è cambiato è la ricerca dell’assetto ideale per vedere una partita importante. Quello reso immortale da Fantozzi prima di essere costretto ad andare al cineforum. Frittatona, eccetera, eccetera. Nel nostro caso, il kit-partita comprende: hamburger (“con la sottiletta, vero, papà?”), dolcetto da consumare nel corso dell’incontro, apparati tecnologici – come detto – per essere sempre sul pezzo, birra per me, succo di frutta e/o tè freddo per loro. In più, in caso di partita serale, c’è una manovra da compiere. Un accorgimento che ti porta in tribuna-vip.

L’apertura del divano, che con un rapido movimento diventa un letto a due piazze. Comodo, confortevole come un posto di lusso allo stadio. E così ce ne stiamo lì, spaparanzati, a commentare e – se del caso – esultare o protestare contro l’arbitro o i piedi storti di qualcuno.

Per la Semifinale degli Europei Fabrizio si era procurato tutto il necessario per fare il tifo come si deve. Dalla montagna è arrivata – alla vigilia – ampia documentazione fotografica: bandiera, trombetta tricolore e tatuaggio posticcio (sempre tricolore). Anche i nonni – benché normalmente appassionati al pallone quanto al curling – erano coinvolti nella festa calcistica. E’ la Nazionale. Ed è il nipotino.

Ed ecco, ci siamo. Chat bollente.

Ore 22.16: GOOOOOL [faccine, bandierine, palloni, ecc.]

Ore 22.32: PAPA’, SECONDO ME IL PORTIERE DELLA SPAGNA E’ SCARSO

Ore 22.33: VERRATTI SCARSO, BONUCCI GRANDE PARTITA

Ore 22.35: GRANDE CHIELLINI (MA CHE NASO C’HA??? SEMBRA IL TUO!!!) [faccine varie]

Ore 22.36: GOL SPAGNA. NO!!!!!!!!

 

Poi, il fischio finale e quella resa, così tenera: sono stanco, vado a nanna. E invece…

Alle 23.45 suona il telefono: “ABBIAMO VINTOOOOO!!! FINALE!!!! PO-PO-PO-POOOO!!!!”. Fabrizio ha resistito. Fino all’ultimo rigore, proprio come l’Italia.

Dalla chat dei genitori del campus di Francesco (poteva non esserci?)  – intanto – arrivano messaggi di esultanza: sappiamo che i ragazzi hanno visto la partita tutti insieme ed è una cosa molto bella.

Vado al balcone con il telefono in mano e Fabrizio in linea: gli faccio sentire i clacson della gente che festeggia per le strade.

  • Alessandro Principe

    Mi chiamo Alessandro. E, fin qui, nulla di strano. Già “Principe”, mi ha attirato centinaia di battutine, anche di perfetti sconosciuti. Faccio il giornalista, il chitarrista, il cuoco, lo scrittore, l’alpinista, il maratoneta, il biografo di Paul McCartney, il manager di Vasco Rossi e, mi pare, qualcos’altro. Cioè, in realtà faccio solo il giornalista, per davvero. Il resto più che altro è un’aspirazione. Si, bè, due libri li ho pubblicati sul serio, qualche corsetta la faccio. Ma Paul non mi risponde al telefono, lo devo ammettere. Ah, ci sarebbe anche un’altra cosa, quella sì. Ci sono due bambini che ogni giorno mi fanno dannare e divertire. Ecco, faccio il loro papà.

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L'Ambrosiano

Il dio mercato esige sacrifici umani. Vaccino anti-idoli cercasi. E politica

Gianetti Ruote dice poco al pubblico. Eppure i pacchi di Amazon, Atm e linee dei pendolari son resi possibili da tir, camion, bus che a Ceriano Laghetto alla ditta Gianetti trovano ruote in acciaio. Con l’economia in “ripresa e resilienza” anche i cerchioni avrebbero dovuto tornare a correre; di parere diverso la proprietà. Sabato a impianti chiusi ha spedito una mail ai 152 dipendenti: «Tutti a casa».

Dopo l’8 settembre (il Paese ha già avuto una “rotta”) cominciò la Resistenza. Allora c’erano idee, voglia di riscatto, un nemico identificato. I padroni oggi non han volto; non le fattezze di Giulio Gianetti che nel 1880 fondò l’azienda, né di un erede. Come in altre ditte di Lombardia, Italia, Europa delle persone decidono, ma sembran fantasmi, non han lineamenti, emozioni, relazioni con altre persone dotate di testa, cuore, legami. Si chiamano Fondo: realtà fattuale, ma interlocutore virtuale.

Nella globalizzazione il dio Mercato ha una casta sacerdotale che schermata venera i suoi idoli, principe ne è il Profitto, celebra i riti festosi della moltiplicazione dei guadagni, predica la dottrina liberista, sposta con un clic capitali puliti, alleva esorcisti per rendere altri presentabili, via web serra impianti che aiuti pubblici lo hanno pregato di salvare e li sposta ove altri enti pubblici offrono altri incentivi. Lo spezzatino istituzionale di Europa, nazioni (un’Italia priva di politica industriale), enti locali (amministratori in cerca di consensi) è brodo di coltura del dio Mercato, gli fa attirar risparmi privati o d’istituti finanziari non sempre curiosi delle origini di ricchi utili.

Coi suoi culti propiziatori il dio Mercato non ha però previsto il Covid. Nelle tante Ceriano Laghetto ripropone i riti del “tutti a casa”, cui rischian di rispondere scontate politiche europee, nazionali, locali. Ma la pandemia ha svegliato coscienze. Qualcuno forse già ricerca vaccini anti-idoli. La speranza che ci si possa immunizzare dal profitto la tengono viva consapevolezza e responsabilità d’ognuno: diventano etica pubblica, sogno condiviso. Questo può costringere la politica al dovere d’esser servizio agli altri, svelare gli altarini degli idoli, vedere e correggere le ingiustizie, programmare, governare. Utopia? Che sia!

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Piovono Rane

Vittorio Feltri e una mandria di bufale

Volentieri ripubblico, per chi è interessato, un breve pezzo che scrissi nel 2009 sul signore che da ieri è il capolista di Fratelli d’Italia a Milano. Poi è solo peggiorato, scivolando direttamente nel genere “Raggi patata bollente” e “Bastardi islamici”.  

____

La prima patacca accertata è del 1990, ai tempi in cui Vittorio Feltri dirige “L’Europeo”: un’intervista sul rapimento Moro a tale Davide, “carabiniere infiltrato nelle Br” che avrebbe fatto irruzione nel covo di via Montenevoso.

E’ un racconto “esplosivo” su presunti memoriali e audio di Moro dalla prigionia, con tanto di dettagli erotici sui brigatisti Franco Bonisoli e Nadia Mantovani sorpresi nudi a letto. Peccato che sia tutto falso, dalla prima all’ultima riga, e il “Davide” in questione non esista neppure.

Nasce così, quasi vent’anni fa, il fenomeno Feltri: un misto di bufale (come quella su Alceste Campanile “assassinato da Lotta Continua”, mentre è stato ucciso da Avanguardia nazionale), rivalutazioni del fascismo (“Peccato che a scuola si continui a studiare la Resistenza”) e linguaggio da bar (vale per tutti il titolo sul calcio negli Usa: “Agli uomini piace, alle donne no, ma i negri non lo sopportano”, da cui si deduce che i “negri” non appartengono alla categoria né degli uomini né delle donne.

Nel ’92 Feltri è contattato da Andrea Zanussi, editore de “L’indipendente”, al quale spiega (testuale) che il quotidiano “ha bisogno di una bella iniezione di merda”. Detto, fatto: è il periodo di Mani Pulite e lui lo cavalca proponendo titoli come “Cieco, ma i soldi li vedeva benissimo”, riferito a un presunto tangentista non vedente.

Segue un falso scoop sulla morte di Pinelli, un attacco a Indro Montanelli (“è arrivato il tuo 25 luglio”), e il linciaggio di Norberto Bobbio (“mandante morale dell’omicidio Calabresi”), più un po’ di insulti alla Guardia di Finanza (che in quel periodo stava indagando sul Cavaliere).

Quasi inevitabile nel ’94 la promozione al “Giornale”, appena lasciato da Montanelli. Qui Feltri si fa riconoscere subito per i titoli farlocchi tra cui un mitico “La lebbra sbarca in Sicilia, contagiati a Messina quattro italiani” (vero niente). Notevole anche “Berlusconi vende la Fininvest”, così come la patacca sui miliardi di Milosevic “trasportati in sacchi di juta dalla Serbia all’Italia”.

Altrettanto sballate le accuse ai giudici Piercamillo Davigo e Francesco Di Maggio di essere soci in una cooperativa edilizia con Curtò e Ligresti.

Non mancano nuove “inchieste” revisioniste sul fascismo, come quella sull’attentato di via Rasella corredata da una foto falsificata della testa di un bambino staccata dal tronco: la cosa arriverà alla Cassazione, che nell’agosto 2007 condannerà il direttore parlando di un “quadro di vere e proprie false affermazioni”.

Avanti così, e nel ’95 Feltri si inventa che “la scorta del presidente Scalfaro ha sparato a un elicottero dei pompieri” (pura fantasia, ma è il periodo dello scontro politico fra il Quirinale e Berlusconi).

Di due anni dopo è un’intervista taroccata a Francesco De Gregori contro il Pci, un pezzo per cui il cantante porta Feltri in tribunale ottenendone la condanna.

Sempre nel ’97 una nuova – più grave – patacca costa a Feltri il posto: è quella sul presunto “tesoro” di Antonio Di Pietro, cinque miliardi di lire che l’ex pm è accusato di aver preso da Francesco Pacini Battaglia. Dopo parecchie querele, alla fine è lo stesso direttore a dover ammettere che si tratta di “una bufala”.

Segue per Feltri un periodo al “Borghese” e al gruppo Riffeser, fino alla fondazione di “Libero”, dove chiama a scrivere il puparo di Calciopoli Luciano Moggi e l’ex agente del Sismi Renato “Betulla” Farina.

Per lanciarsi, il quotidiano ha bisogno di fuochi artificali: di qui la falsa notizia che un centro sociale milanese è un covo dell’Eta basca, di qui uno “scoop” su Donna Rachele titolato “Mussolini era cornuto”. Poi arrivano le surreali accuse a Sergio Cofferati per l’omicidio Biagi (“La Cgil indica i bersagli da colpire”) e un altro falso scoop su Berlusconi (“Vuole lasciare la politica”).

Ma non basta, e allora Feltri parla di pedofilia pubblicando cinque foto di preadolescenti nudi in pose inequivocabili (con conseguente radiazione dall’Ordine, poi tramutata in “censura”). Di questa fase resta però ai posteri soprattutto l’elegante prima pagina con un disegno di Prodi nudo a quattro zampe e con il sedere alzato, pronto a farsi sodomizzare da un tappo di champagne con la faccia di Berlusconi.

Richiamato in agosto al “Giornale”, Feltri parte subito con la campagna più desiderata dal suo editore, puntando a tre obiettivi: intimidire i giornalisti non allineati (occhio che se critichi il premier ma poi paghi la colf in nero o non versi gli alimenti all’ex moglie, io lo scrivo in prima pagina); livellare tutti nel fango per provare che Berlusconi non è peggiore di chi lo attacca, in base al “così fan tutti” autoassolutorio; far fuori quanti nella Chiesa osano criticare il premier.

Così in poche settimane “il Giornale” diventa una fabbrica di linciaggi in serie: da Eugenio Scalfari a Enrico Mentana, da Gustavo Zagrebelsky a Concita De Gregorio, da Dino Boffo a Ezio Mauro, fino a Ted Kennedy e Gianni Agnelli (a Feltri infatti piace sparare anche sui morti).

A proposito: negli ultimi anni di vita, Indro Montanelli diceva che non riconosceva più il suo “Giornale”, gli sembrava “un figlio drogato”. Viene da chiedersi cosa avrebbe detto se avesse visto Feltri all’opera dopo.

  • Alessandro Gilioli

    Nato a Milano nel 1962, laureato in Filosofia alla Statale. Giornalista dai primi anni 80, ho iniziato a Rp da ragazzo poi ho girato per diversi decenni tra quotidiani, settimanali e mensili. Ho scritto alcuni libri di politica, reportage e condizioni di lavoro, per gli editori più diversi. Tornato felicemente a Radio Popolare dall'inizio del 2021.

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Bad Input

Matteo, Giorgia e la memoria di Internet

Quando si arriverà a un processo per le torture nel carcere di Santa Maria Capua Vetere e diventeranno pubblici tutti i video (pare ce ne siano di più cruenti) spero che l’opinione pubblica non si dimentichi di Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

I due esponenti del nazi-trash italiano, a poche ore dalla denuncia delle violenze ai danni dei detenuti, hanno infatti messo in moto le rispettive macchine di propaganda per dichiarare la loro solidarietà incondizionata ai torturatori.

Certo, nelle prossime settimane rilasceranno dichiarazioni del tipo “chi ha sbagliato deve pagare”; “ho la massima fiducia nella magistratura”; “poche mele marce non possono mettere in discussione il valore degli uomini e delle donne in divisa”.

Ma a botta calda, Matteo e Giorgia (madre, italiana, cristiana, fascista) non hanno adottato formule prudenti. Hanno difeso “senza se e senza ma” gli indagati.

I due hanno anche minacciato esposti all’ordine dei giornalisti per averne pubblicati i nomi degli indagati (Giorgia e Matteo, vi do una notizia: pubblicare i nomi degli indagati è deontologicamente corretto e il fatto che siate entrambi iscritti all’ordine dei giornalisti mi dà semplicemente i brividi) gridando al linciaggio mediatico.

Ecco: invito tutti e tutte, quando si arriverà al dunque, ad andare a rileggere i post Facebook, Instagram e Twitter del dinamico duo.

Perché Internet, a differenza degli elettori di Matteo e Giorgia, una memoria ce l’ha.

  • Marco Schiaffino

    Dopo una (breve) esperienza come avvocato, nel lontano 2000 mi sono trovato quasi per caso a scrivere di Internet e nuove tecnologie, quando il Web e il digitale erano una specie di hobby per smanettoni e appassionati di fantascienza. Mentre continuavo a scrivere per la mia banda di nerd, mi dannavo per trovare il modo di passare a quello che pensavo fosse un giornalismo “più serio”. Qualche volta ce l’ho anche fatta. Poi è successa una cosa strana: quello di cui mi occupavo da anni, ha cominciato a interessare tutti. Ho smesso di dannarmi.

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    Metroregione è il notiziario regionale di Radio Popolare. Racconta le notizie che arrivano dal territorio della Lombardia, con particolare attenzione ai fatti che riguardano la politica locale, le lotte sindacali e le questioni che riguardano i nuovi cittadini. Da Milano agli altri capoluoghi di provincia lombardi, senza dimenticare i comuni più piccoli, da dove possono arrivare storie esemplificative dei cambiamenti della nostra società.

    Metroregione - 18-04-2025

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    “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Quarto episodio: Risparmiare il sangue Come fermare la spirale di propaganda bellicista e l’equazione “disfattismo=pacifismo” proposta da molti intellettuali e politici? Ricostruendo il filo che nella nostra storia è stato tessuto dalla resistenza civile che realizza i suoi obiettivi senza spargimento di sangue: un’opzione molto più efficace per porre fine ai conflitti, come dimostrano due studiose statunitensi che hanno misurato le insurrezioni nonviolente rispetto a quelle armate degli ultimi decenni. Sorpresi? La nonviolenza, come il pacifismo, non godono i favori delle élite, ma sono un desiderio per la maggioranza dei cittadini, a partire dai più giovani. E anche per questo Emergency promuove ogni anno 2500 incontri di educazione alla pace nelle scuole come ci racconta Chiara Vallania responsabile del dipartimento scuola di EMERGENCY. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

    Gli speciali - 21-04-2025

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    Speciale Podcast Ho detto R1PUD1A - terzo episodio

    “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Terzo episodio: Giù dal piedistallo Come si costruisce la propaganda? Con la paura di un nemico, militari che sfornano scenari catastrofici e politici, banchieri e imprenditori che dal loro pulpito ci ammoniscono che “le risorse dedicate al welfare sono un lusso non più sostenibile” (o più semplicemente ci invitano a scegliere tra “la pace o i condizionatori accesi”). Ma scuola e sanità pubbliche, ad esempio, non sono concessioni di “lorsignori”, sono diritti conquistati dai cittadini. Bisogna ricordarlo forte e chiaro a chi ci sta trascinando nel baratro di conflitti che, come spiega Pietro Parrino di EMERGENCY, hanno sempre più i civili, ovvero noi tutti, come bersaglio. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

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    Speciale 25 aprile - 21/04/2025

    Intervista di Chawki Senouci a Paolo Maggioni autore del libro “Una Domenica Senza Fine” (SEM Libri). Domenica 29 aprile 1945 si compie la Storia in piazzale Loreto dove sono esposti i cadaveri di Benito Mussolini, Claretta Petacci e di alcuni gerarchi. Nella stessa giornata un gruppo di anarchici guidati dal comandante “Carnera”, un repubblicano anarchico antifranchista, attraversa Milano in direzione opposta per cominciare un’altra rivoluzione. Nell’intervista a Paolo Maggioni si è parlato della missione segreta del Comandante anarchico Carnera (nella vita reale si chiama Laureano Cerrada Santos) e dei luoghi e personaggi che hanno segnato quella lunga giornata: le donne e gli uomini che hanno sconfitto il fascismo, Il Duomo di Milano, Palazzo Marino, Il quartiere Affori, Marta Ripoldi, tranviera e staffetta partigiana, il radiofonico Daniele Colpani diventato la voce del fascismo, Piazzale Loreto.

    Gli speciali - 21-04-2025

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    Prospettive Musicali di domenica 20/04/2025

    In onda dal 2001, Prospettive Musicali esplora espressioni musicali poco rappresentate. Non è un programma di genere, non è un programma di novità discografiche, non è un programma di classici dell’underground, non è un programma di gruppi emergenti. Ma è un po’ tutte queste cose mischiate insieme dal gusto personale dei conduttori. Ad alternarsi in onda e alla scelta delle musiche sono Gigi Longo e Fabio Barbieri, con un’incursione annuale di Alessandro Achilli che è stato uno storico conduttore del programma.

    Prospettive Musicali - 20-04-2025

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    News della notte di domenica 20/04/2025

    L’ultimo approfondimento dei temi d’attualità in chiusura di giornata

    News della notte - 20-04-2025

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    Percorsi PerVersi di domenica 20/04/2025

    Poesie, liriche, sonetti, slam poetry, rime baciate, versi ermetici, poesie cantate. Ogni settimana Percorsi PerVersi incontra a Radio Popolare i poeti e li fa parlare di poesia. Percorriamo tutte le strade della parola poetica, da quella dei poeti laureati a quella dei poeti di strada e a quella – inedita – dei nostri ascoltatori.

    Percorsi PerVersi - 20-04-2025

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    Mash-Up di domenica 20/04/2025

    Musica che si piglia perché non si somiglia. Ogni settimana un dj set tematico di musica e parole scelte da Piergiorgio Pardo in collaborazione con le ascoltatrici e gli ascoltatori di Radio Popolare. Mail: mischionepopolare@gmail.com

    Mash-Up - 20-04-2025

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    Alice, chiacchiere in città di domenica 20/04/2025

    A cura di Elena Mordiglia. Nella città frenetica, in quello che non sempre sembra un paese delle meraviglie, ci sono persone da raccontare e da ascoltare. Quale lavoro fanno? Come arrivano alla fine del mese? Quale rapporto hanno con la città in cui vivono? Registratore alla mano e scarpe buone, queste storie ve le racconteremo.

    Alice, chiacchiere in città - 20-04-2025

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    Bollicine di domenica 20/04/2025

    Che cos’hanno in comune gli Area e i cartoni giapponesi? Quali sono i vinili più rari al mondo? Giunta alla stagione numero 16, Bollicine ogni settimana racconta la musica attraverso le sue storie e le voci dei suoi protagonisti: in ogni puntata un filo rosso a cui sono legate una decina di canzoni, con un occhio di riguardo per la musica italiana. Come sempre, tutte le playlist si trovano sul celeberrimo Bolliblog.com. A cura di Francesco Tragni e Marco Carini

    Bollicine - 20-04-2025

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    Ricordi d'archivio di domenica 20/04/2025

    Da tempo pensavo a un nuovo programma, senza rendermi conto che lo avevo già: un archivio dei miei incontri musicali degli ultimi 46 anni, salvati su supporti magnetici e hard disk. Un archivio parlato, "Ricordi d'archivio", da non confondere con quello cartaceo iniziato duecento anni fa dal mio antenato Giovanni. Ogni puntata presenta una conversazione musicale con figure come Canino, Abbado, Battiato e altri. Un archivio vivo che racconta il passato e si arricchisce nel presente. Buon ascolto. (Claudio Ricordi, settembre 2022).

    Archivio Ricordi - 20-04-2025

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    Speciale Podcast Ho detto R1PUD1A - secondo episodio

    “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Secondo episodio: La guerra non è popolare. L’Europa si riarma con 800 miliardi. In questi anni aveva già raddoppiato la propria quota di spese militarti, soprattutto comprando dagli Stati Uniti. Lo faremo di più, visto che Trump disinvestirà dalla Nato e dall’Europa. E’ la “fine delle illusioni”, come dice Von der Leyen, di essere garantiti dalla pace, perché d’ora in poi bisognerà usare la forza. E intanto si educa la popolazione con manuali che dicono: “In caso di guerra…”. La propaganda è altissima perché non c’è nulla di più antipopolare e antidemocratico della guerra e la militarizzazione d’Europa è tutta sulle spalle dei suoi cittadini. Con Michele Paschetto di EMERGENCY vi racconteremo come in Afghanistan in più di venti anni di guerre le cure abbiamo svolto un ruolo straordinario di mediatore. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

    Gli speciali - 20-04-2025

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    Speciale Podcast Ho detto R1PUD1A - primo episodio

    Ho detto R1PUD1A di Claudio Jampaglia e Giuseppe Mazza per EMERGENCY “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Primo episodio: Le parole sono importanti. In questa prima puntata di “Ho detto R1PUD1A” Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia spiegano cosa significa la parola “ripudia” nella Costituzione italiana e perché è stata scelta per rappresentare il “mai più” alla guerra del popolo italiano dopo la Liberazione. Non siamo i soli ad avere fissato questo principio nelle nostre leggi. La guerra però sta tornando una prospettiva concreta, almeno secondo la maggior parte dei governi, che si riarmano, Italia compresa. Con Rossella Miccio, presidente di EMERGENCY, vi racconteremo poi l’esempio del Sudan, il Paese dove la guerra ha già causato in questi due anni oltre tre milioni di profughi. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

    Gli speciali - 20-04-2025

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    La Pillola va giù di domenica 20/04/2025

    Una trasmissione settimanale  a cura di Anaïs Poirot-Gorse con in regia Nicola Mogno. Una trasmissione nata su Shareradio, webradio metropolitana milanese che cerca di ridare un spazio di parola a tutti i ragazzi dei centri di aggregazione giovanili di Milano con cui svolgiamo regolarmente laboratori radiofonici.

    La Pillola va giù - 20-04-2025

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    C'è Di Buono: Max Casacci racconta Eartphonia III: Through the grapevine

    Anche in questa puntata parliamo di qualcosa che ha a che fare con la cultura enogastronomica, ma anche, molto, con la musica. Per la prima volta il caro Max Casacci (già colonna dei Subsonica) è stato ospite di un nostro programma non prettamente musicale, per raccontare il terzo episodio del suo progetto "Eartphonia", che lo ha portato in Franciacorta per "Through the grapevine", realizzato con i suoni del vino; suoni e rumori catturati nelle cantine dell'azienda vitivinicola Bersi Serlini Franciacorta. A cura di Niccolò Vecchia

    C’è di buono - 20-04-2025

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