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L'Ambrosiano

“Realismo magico”: 70 di vitalità per Miracolo a Milano

Milano anticipa i fenomeni nazionali; di qui partono segnali che aiutano a capire quanto accade nel Paese, indicazioni d’orientamenti, percorsi. “Realismo magico” è una mostra a Palazzo Reale. Quanto di meno glamour rispetto all’altra allestita nella stessa sede, Monet, dove si fanno lunghe code per accedere, e di minor impatto mediatico rispetto alla mostra su Sironi al Museo del Novecento (dove rivivono i sensi di colpa collettivi postumi per le ostilità a un grande artista che aveva fatto scelte sbagliate). Nell’ossimoro di “realtà” e di “magia” è condensato qualcosa di molto attuale. Agli artisti di esprimere il mondo interiore; ai critici di discuterne la poetica; a chi guarda di godere d’una boccata d’aria e desiderare un modo diverso di percepire, guardare, interpretare il contingente per non soccombere e sperare.

Abbiam bisogno di meraviglia, stupore, toni bassi, stacchi, silenzi, disconnessione dai social, luci smorzate perché la luminosità del giorno lasci risplendere volti, occhi, figure e la notte crei il senso dell’attesa del giorno successivo invece di paure e mostri. Ci vogliono cuore puro, mente sgombera da pregiudizi, disponibilità a considerare la vita dono: un costante, continuo, quotidiano miracolo (cioè: “cosa che suscita ammirazione”). Se lavoriamo per creare condizioni favorevoli a che si crei un approccio diverso a quello che altri s’aspettano da noi riusciamo ad affrontare difficoltà, sofferenze, ostacoli. Che sono la “realtà”: banale ribadirlo. Magia non è credere che non esistono perché non li vediamo o un politico dice dal balcone che sono stati aboliti; magia nell’ossimoro riconosce e fa convivere gli opposti, ne gestisce relazioni e conflitti, immagina le retroazioni. Ricorrono i 70 anni di Miracolo a Milano. “Realismo magico” 2021 è immaginarsi Totò, l’orfano di De Sica e Zavattini che con la sua Edvige continua a guidare i barboni (gli “scartati” di Francesco) in volo a cavallo delle scope prese ai netturbini di piazza Duomo. È immunizzarsi dagli istinti depressivi che le miserie di politica, mercati, egoismi inoculano. È non illudersi con le Ninfee, ma con realismo continuare a sognare che il cambiamento è possibile. Bisogna solo volerlo.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Tra Buddha e Jimi Hendrix

L’odissea maudit di Asia Argento, il suo cuore selvaggio e il nascondiglio di Brahma

Mi piace Asia Argento. Ho sempre trovato una strana consapevolezza nel suo essere sopra le righe. Come a dire: “Sì, a volte esagero, faccio la minchiona, ma so esattamente quando devo scendere dalla luna”.

E poi, da addetto ai lavori, negli anni ne ho potuto apprezzarne la competenza musicale – la sua “Gloria”, cantata con gli Indochine, é un pezzone – e il grezzo ma a suo modo ipnotico talento recitativo. Asia mi è sempre apparsa come una di quelle amiche belle e svampite, con il carattere da maschiaccio, con cui si passano splendidi pomeriggi a bere, fumare e ascoltare grandissimi dischi mentre fuori diluvia.

Innata empatia che provo nei suoi confronti a parte, certi suoi eccessi, certe esagerazioni, certi comportamenti sopra le righe, ho spesso fatto fatica a capirli, etichettandoli come capricci dell’ego gigantesco di una ragazzina che ha preso troppo poche sculacciate da piccola. Questo finché non ho letto il suo libro, “Anatomia di un Cuore Selvaggio”. Una lettura trascinante, a tratti commovente, a tratti brutale. Di certo sorprendente. Pagine dense di peccati e redenzione, pagine insanguinate come una via crucis, pagine che non fanno sconti a nessuno, a partire proprio da Asia stessa. Una donna complicata la Argento, sempre in bilico fra equilibrio e precipizi, ma con attenuanti non da poco per le sue tante stonature. Già perché crescere con una madre – l’attrice Daria Nicolodi – che ti picchia, ad appena due anni ti scaraventa lungo il corridoio, non si interessa della tua crescita, manda la tata alle recite e a parlare con i professori, e a quattordici anni ti porta in tribunale perché vuole rinunciare alla patria potestà non é il massimo.

Con papà Dario va decisamente meglio, anche se pure lui non vince l’oscar di padre dell’anno, sempre in giro per il mondo con i suoi film mentre questa ragazzina dal nome del continente dove sorge il sole è costretta a crescere da sola, potendo contare unicamente sulle proprie forze. Se a questo aggiungiamo una sorella con problemi di anoressia che muore tragicamente in un incidente in motorino, beh, l’idea di equilibrio di un qualsiasi adolescente o post adolescente va bellamente a farsi fottere.

Pugni stretti e rabbia a scaldare il petto, Asia corre, si fa grande, bella, instabile e, a suo modo, anche profonda. Scrive poesie, recita nei primi film, fa l’amore con tanti, troppi uomini, alla disperata ricerca di qualcuno capace di colmare quel vuoto che ha dentro; e si perde, si perde nel narcotico abbraccio dell’alcool e in quello adrenalinico delle pastiglie.

Cresce, inciampa, annaspa, va avanti.

Sfonda negli Stati Uniti, subisce gli schiaffi sessuali del tiranno di Hollywood Harvey Weinstein, si innamora follemente di una rockstar – Jon Spencer della Jon Spencer Blues Explosion – e poi esorcizza tutto in “Scarlet Diva”, il suo primo film da regista.

Sempre a un passo dal baratro della depressione, trova nuovo slancio nella storia con Marco “Morgan Castoldi”. Pochi mesi dopo averlo incontrato é già incinta. Eppure quei due hanno l’anima che sanguina troppo; Marco ha fantasmi grandi come quelli di Asia a spremergli il cuore, con la tragedia di un padre morto suicida e una mente troppo affilata, di quelle faticose da gestire. Tra liti e riappacificazioni, i due scoppiano dopo sette anni. In mezzo il secondo film di Asia, “Ingannevole il cuore più di ogni altra cosa”, tratto dall’omonimo libro di JT Leroy, il giovane scrittore sieropositivo maltrattato dalla madre che ha scritto due romanzi di culto. Struggenti, profondi, bellissimi. Peccato sia tutto finto, JT non esista e quelle meravigliose pagine siano state vergate da Laura Albert, una bulimica ultra trentenne piena di problemi ma dalla penna, questo le va concesso, bollente come poche. Ma questo Asia non lo sa, e quando lo scopre ci resta male, malissimo; in quel ragazzino si é rivista, ha rivisto un dolore che conosce troppo bene, e si sente tradita.

E allora decide di darsi una calmata, smettere di spargersi sale sulle ferite e vedere se la salvezza non abiti dalle parti di quella vita tranquilla, quasi conformista, che non ha mai vissuto. Si mette con Michele Civetta, regista trapiantato in America con la passione per il surf, con il quale ripete il pattern di restare incinta dopo qualche mese. Ma stavolta c’é dentro davvero questa cosa della happy family, una normalità a tutti i costi che Asia persegue con forza. Cambia look, impara a cucinare, mangia macrobiotico, va alle festicciole dei figli. Si trasforma in una perfetta donna di casa. E per un po’ funziona, un’apatica serenità la pervade per qualche anno, regalando al mondo un Argento diversa.

Ma é solo un frammento meno smussato di una vita fatta di pietre aguzze e scogli taglienti.

Finisce con Michele e con il macrobiotico, ritorna l’alcool e la sensazione di non appartenere a nulla. Un momento professionale difficile, e il treno Asia rischia di deragliare, complice l’intervista sulle molestie subite da Weinstein concessa a quella serpetta di Ronan Farrow, che lei sostiene sia stata mal riportata sul New York Times. Nel battito di ciglia di una notte, diventa la paladina del #metoo negli Stati Uniti, e una mezza sgualdrina che se l’é cercata per una parte di opinione pubblica italiana.

La cosa potrebbe definitivamente frantumarla non fosse che, passata la boa dei 40, quell’amore capace di essere padre, amante e migliore amico, Asia sembra finalmente averlo trovato nel celebre chef e scrittore francese Anthony Bourdain, vera e propria rockstar della cucina, con un passato sregolato, fatto di droghe, tormenti ma anche tanto talento e genialità. Anthony la sostiene, supporta e ama. Happy end? Manco per il c***o perché lui si suicida, impiccandosi in una camera d’hotel l’8 giugno del 2018. Pare soffrisse di depressione.

Asia ne è distrutta, anche perché i fan di Bourdain l’additano come colpevole per via di un flirt con un giornalista francese che, a detta loro, avrebbe spinto lo chef a farla finita. Ovviamente i motivi sono altri, ma intanto quei pettegolezzi feriscono, fanno il giro del mondo, e per la Argento sono lacrime e sangue.

E non è finita, tre mesi dopo la morte del compagno, il New York Times pubblica un articolo contenente i dettagli di un presunto accordo economico fra la Argento e l’attore Jimmy Bennett, che aveva interpretato suo figlio nel film “Ingannevole è il cuore più di ogni altra cosa”.

Secondo Bennett, cinque anni prima, quando lui era minorenne, Asia lo avrebbe fatto ubriacare in una camera d’albergo in California per poi abusare sessualmente di lui. La Argento nega ogni accusa ma ormai il danno è fatto: tv e giornali si tuffano a pesce sulla notizia, realizzando nauseanti servizi e creando un polverone tale che la Argento è costretta a lasciare la scrivania di X Factor, forse l’unica esperienza televisiva in cui era perfettamente a suo agio e non sembrava l’unico pesce nero in una vasca di pesci rossi.

Il libro finisce nel dolore della perdita dell’odiata/amata madre Daria, con cui dopo il drammatico rapporto dell’infanzia e dell’adolescenza, negli anni aveva ricostruito un legame affettivo stabile, in parte grazie alla nascita dei figli, con i quali la Nicolodi si era dimostrata una nonna presente, affettuosa e generosa.

Wow, che viaggio. Che emozioni! E che sofferenza. Tanta, troppa. Davvero troppa.

Capisco bene quei nervi scoperti, quel vivere senza pelle, quell’ovo sodo che non va su e nemmeno giù, come diceva il film di Virzì. Ma nel caso di Asia si va oltre. Pensieri dark, come li chiamava Bourdain. Pensieri che certamente nascono da quell’infanzia negata, quel non sentirsi voluta, accettata. Amata. Non sono uno psicologo, ma qui nemmeno ce ne vuole uno. È tutto così chiaro. Eppure fa un male boia. Lo fa per noi leggerlo, non oso immaginare cosa sia stato per lei viverlo.

C’è solo un momento in tutto il libro in cui Asia appare veramente felice, appagata, libera. È quando se ne sta a pescare nella sua isola selvaggia insieme a Pietro, che non è uno dei tanti amanti famosi dei quali potrete legger nel libro, ma un amico pescatore che conosce da bambina e con cui – lontana dai film, dalle passerelle, dai social e dagli egotrip di cui tutti ci nutriamo a seconda di quanto la nostra scala sociale ci consente – è davvero sé stessa. E in quel silenzio, tra la natura, riesce finalmente a placare la mente, scendere dentro sé stessa e far pace con la parte più divina e speciale che è in noi.

Mi viene in mente una storia indiana che spiega cosa voglio dire meglio di mille discorsi.

C’era un tempo antico in cui gli uomini erano simili agli Dei, ma abusarono talmente di questo privilegio che il Dio Brahma gli sottrasse la potenza divina e decise di nasconderla in un luogo a loro inaccessibile. Sì ma quale? Brahma era molto indeciso su quale fosse il miglior posto dove nascondere il divino sottratto agli uomini, così chiese aiuto agli altri dei.

Alcuni Dei dissero: “Nascondiamo la divinità dell’uomo nelle viscere della terra”.

“Non è sicuro, l’uomo scaverà e la troverà” rispose Brahma.

Gli Dei dissero allora: “Nasconderemo la divinità dell’uomo negli abissi oceanici”.

Ma Brahma replicò: “Non basta. L’uomo scenderà nelle profondità dei mari e riuscirà a riportarla in superficie”.

Allora gli dei ribatterono: “La nasconderemo sulle cime della montagna più impervia, al limite del cielo, dove l’uomo non potrà arrivare”.

Ma Brahma rispose ancora: “Non basta. L’uomo scalerà le montagne più alte e se ne impadronirà”.

A quel punto gli dei sconsolati si arresero: “Non sappiamo dove nascondere la divinità dell’uomo, non esiste posto sulla terra, nel mare o nel cielo che egli non possa raggiungere”.

Ma improvvisamente Brahma sentì di aver trovato la soluzione al problema: “La nasconderemo nel profondo dell’uomo stesso: è l’unico posto in cui non guarderà”.

Davanti al tempio del mare, su una barca che oscilla davanti alla luna, ecco il cuore selvaggio di Asia accordarsi e poi placarsi al rumore dell’onda. E trovare, per un attimo, quel divino dentro di sé capace di regalare la pace.

  • Federico Traversa

    Genova 1975, si occupa da anni di musica e questioni spirituali. Ha scritto libri e collaborato con molti volti noti della controcultura – Tonino Carotone, Africa Unite, Manu Chao, Ky-Many Marley – senza mai tralasciare le tematiche di quelli che stanno laggiù in fondo alla fila. La sua svolta come uomo e come scrittore è avvenuta grazie all'incontro con il noto prete genovese Don Andrea Gallo, con cui ha firmato due libri di successo. È autore inoltre autore di “Intervista col Buddha”, un manuale (semi) serio sul raggiungimento della serenità mentale grazie all’applicazione psicologica del messaggio primitivo del Buddha. Saltuariamente collabora con la rivista Classic Rock Italia e dal 2017 conduce, sulle frequenze di Radio Popolare Network (insieme a Episch Porzioni), la fortunata trasmissione “Rock is Dead”, da cui è stato tratto l’omonimo libro.

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La scuola non serve a nulla

La calma è la virtù dei forti

Che fatica riprendere uno spettacolo che non si faceva da prima della pandemia!

Carissimi,

non ho molto da dirvi, questa settimana. Troppo impegnato in varie cose: la difesa a spada tratta di Barbero, le polemiche su Squid Game, l’addio alle corse di Valentino Rossi, Valentino Rossi che lascia le corse per entrare nel cast di Squid Game… Ma soprattutto, troppo impegnato nella ripresa di uno spettacolo che… oh, ma allora, va be’, ecco, vi racconterò questo!

Accadde che avevo debuttato a gennaio 2020 al Teatro della Cooperativa; dopo quelle due settimane, della lunga tournée prevista si fece in tempo a far solo due date, prima dell’interruzione dovuta a ciò che tutti sappiamo. Adesso non è stato facile riportarlo in scena, non solo perché i pensieri vanno a quel periodo di prime notizie, in cui si credeva che, pensate un po’, la cosa sarebbe durata poco, ma pure perché stavolta sto facendo una fatica bestia a riprendere la memoria del testo. Sarà che sto invecchiando, che son quasi diecimila parole; o anche che, giusto per inguaiarmi ancor di più, l’ho pure aggiornato e modificato… Ma sapete com’è, comunque non è bello, in uno spettacolo che parla di parole, delle curiosità più strane delle lingue del mondo… dimenticarsele! Ora, lo so che in molti stanno pensando alla facile battuta per cui è stato il mio spettacolo a portar sfiga, ma anche l’anno scorso sembravamo pronti a uscirne e poi ci han richiuso senza che io questa spettacolo l’avessi toccato… e poi, insomma, secondo questo ragionamento, si potrebbe dire anche che a portar rogna sia stato il litigio Bugo-Morgan.

In ogni caso, sono felice di segnalarvi che il prossimo weekend ritorna in scena

“SONO BRAVO CON LA LINGUA: Una storia di idiomi, fonemi, linguistica e computer”

Di e con Antonello Taurino

Scritto con Carlo Turati

Primo spettatore Annamaria Testa

Tecnica Ornella Banfi e Jacopo Gussoni

Prod. Teatro della Cooperativa

– Sabato 30 ottobre 2021 – ARENZANO (GE)

Teatro “Il Sipario Strappato”, ore 21

– Domenica 31 ottobre 2021 – SAVONA

Teatro Sacco, ore 18

 

Comunque, ce la farò, con la memoria del testo. Non devo preoccuparmi. Con calma, ce la farò (e che c’entra questo? Fidati, che c’entra…)

Sì, perché la calma è la virtù dei forti.

Ma se la calma è la virtù dei forti…

 

La salma è la virtù dei morti

La talpa è la virtù degli orbi

La spanna è la virtù dei corti

La barca è la virtù dei porti

La palma è la virtù degli orti

La gamba è la virtù degli arti

Il karma è la virtù dei torti

La panna è la virtù dei dolci

La tarma è la virtù dei tordi

La sarta è la virtù degli orli

La carpa è la virtù degli orsi

La mazza è la virtù dei “Fotti”

L’alba è la virtù dei sorti

L’alma è la virtù dei risorti

La mamma è la virtù degli aborti

La manna è la virtù dei santi

La canna è la virtù dei fatti

L’arma è la virtù dei certi

La felpa è la virtù dei sarti­­

 

(sì, sì… ce la farò!)

 

 

 

 

 

 

 

 

  • Antonello Taurino

    Docente, attore, comico, formatore: in confronto a lui, Don Chisciotte è uno pratico. Nato a Lecce, laurea in Lettere e diploma in Conservatorio, nel 2005 si trasferisce a Milano. Consegue il Diploma di attore nel Master triennale SAT 2005-2008 del M° J. Alschitz e partecipa a Zelig dal 2003 al 2019. Si esibisce anche inglese all’estero con il suo spettacolo di Stand-up, Comedian. Attualmente è in tournèe con i suoi spettacoli (non tutti la stessa sera): Miles Gloriosus (2011), Trovata una Sega! (2014), La Scuola non serve a nulla (2016) e Sono bravo con la lingua (2020). La mattina si diverte ancora tanto ad insegnare alle Medie. Non prende mai gli ascensori.

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L'Ambrosiano

Le mille bolle blu e la pietruzza bianca

La politica è una bolla. Vive di sondaggi, slogan, ecolalie. Il voto dovrebbe essere test di realtà e sgonfiare le bolle. Ma per una che s’affloscia (le amministrative) la successiva è apparecchiata da strabici talk show sui risultati: un occhio ai numeri, l’altro al “cosa accadrà ora” (Quirinale, elezioni, riforme) fatta come se il futuro dipendesse da fattori esterni, non da scelte, autocritiche, pensiero elaborato, coraggio, dialoghi. Ogni fenomeno ingloba il suo opposto. Le mille bolle blu della politica possono contenere la “pietruzza bianca” dell’Apocalisse (citazione pertinente: dopo le catastrofi si vorrebbe risorgere) sulla quale «sta scritto un nome nuovo [il vincitore], che nessuno conosce all’infuori di chi la riceve». Non è Draghi il nome nuovo. Né va cercato un salvatore della patria (abbiamo già dato!). La “pietruzza” è il cambio di mentalità: tocca a ognuno senza attendere che sia l’altro a far la prima mossa.

Trasformazione è dall’arrangiarsi per sopravvivere (patologia della politica ma di altre professioni) passare a necessità vitali: essere (ri)costruttori dopo la pandemia, puntare sulle generazioni a venire, rendere pensabile il futuro, conciliare un po’ di illuminismo (tipo l’école de Milan: Beccaria e fratelli Verri) e un po’ di immaginazione (che non è ingenua “fantasia al potere”, ma il nutrimento del “pensare per immagini” di poesia e avanguardie). Draghi è intelligente. Lascia ai partiti d’intestarsi successi, annunciar barricate, creare e sgonfiare bolle su botteghe e schieramenti, straparlare via web; governando mostra a suo modo che la politica è curabile, ma denuncia l’insufficienza della rappresentatività così com’è.

La “pietruzza bianca” è il piccolo tesoro che ciascuno ha da far valere per esser cittadino attivo. Ma è dura se i partiti son sordi, non han lungimiranza, attrattiva per uomini e donne su idee forti, praticabili, relazioni buone, formazione. Cabotaggio, bolle: e gli elettori trattati da utenti rispondon come tali: votano, disertano, cambiano, vanno in piazza. La democrazia può diventare ordine pubblico. Dall’Apocalisse della speranza all’Apocalypse now? Speriamo di no! Ma si deve vigilare: a qualcuno la democrazia continua a non piacere.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Sbilanciamoci

Una legge di bilancio piccola piccola

La questione sociale solo sullo sfondo

Il documento programmatico di bilancio (DPB) appena mandato a Bruxelles prefigura una legge di bilancio piccola piccola e non solo perché ammonta a 23 miliardi: da una parte molto sta già nel PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) e dall’altra  non si ha il coraggio di affrontare le emergenze che stanno sempre di più stanno diventando preoccupanti: le diseguaglianze economiche e la questione sociale che viene lasciata solo sullo sfondo.

E’ vero che viene rifinanziato il reddito di cittadinanza, ma questo non viene riorganizzato e riformato e soprattutto rimane ancora irrisola la questione della riforma degli ammortizzatori sociali e della lotta alle nuove povertà: poche risorse, scarsi investimenti per un sistema del welfare veramente universale. E pure la soluzione pasticciata data a quota 100 (che diventerà 102 il prossimo anno e 104 nel 2023) lascia in ombra la questione di fondo: come rivedere un sistema previdenziale che nei prossimi anni rischia di diventare insostenibile, non tanto economicamente, ma socialmente.

Anche il taglio del cuneo fiscale (misura reiterata in questi ultimi 25 anni) rischia di essere un pannicello caldo di fronte all’enorme ingiustizia fiscale del nostro paese. E non solo per l’evasione fiscale o per i super-ricchi che pagano veramente pochissime tasse, ma anche per il confronto tra lavoratori e datori di lavoro: i primi che hanno fruito di tagli di tasse per qualche decimale e i secondi che hanno visto ridurre le tasse sui profitti dal 37% al 24% in 15 anni. Così non può continuare.

Si rinvia la plastic tax e non si hanno notizie della riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi (SAD), per i quali l’Italia spende ogni anno quasi 20 miliardi a favore di chi inquina con produzioni e consumi dannosi per l’ambiente. Vedremo cosa ci sarà veramente nella legge delega  sul fisco.

Trasmesso in ritardo il documento programmatico di bilancio a Bruxelles, ancora non pervenuta la legge di bilancio in parlamento (se tutto va bene se ne parla tra due-tre settimane), le camere avranno un semplice ruolo di ratifica, i cambiamenti saranno minimi e la tanto invocata società civile sarà costretta a limitarsi a guardare. E’ una legge di bilancio che non dà una sterzata al paese ed è semplicemente una sorta di misura di accompagnamento al PNRR, le cui misure sono però di là da venire. Quello che manca è proprio una discussione sul modello di sviluppo e sugli investimenti di cui avrebbe bisogno il nostro paese,. La politica industriale continua a non esistere. Per questo la prossima legge di bilancio rischia di essere l’ennesima occasione mancata.

  • Giulio Marcon

    Portavoce della campagna Sbilanciamoci!, è stato negli anni '90 portavoce dell'Associazione per la pace e Presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà. È stato deputato indipendente di SEL nella XVII legislatura, facendo parte della Commissione Bilancio. Tra i suoi libri: (con Giuliano Battiston), La sinistra che verrà (minimum fax 2018) e (con Mario Pianta), Sbilanciamo l'economia (Laterza 2013)

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    "Bohmenica In", curata da Gianpiero Kesten e co-condotta da Zeina Ayache, Gaia Grassi, Astrid Serughetti e Clarice Trombella, con ospite fisso Andrea Bellati, colonizza la domenica su Radio Popolare. Tra curiosità scientifiche e esistenziali, la squadra porta contributi settimanali come una famiglia allargata, condividendo idee e buon umore dalle 19.45 alle 21.00. La missione è divulgativa e d'infotainment, in uno spirito di condivisione e riflessione tipico della domenica.

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    Che cos’hanno in comune gli Area e i cartoni giapponesi? Quali sono i vinili più rari al mondo? Giunta alla stagione numero 16, Bollicine ogni settimana racconta la musica attraverso le sue storie e le voci dei suoi protagonisti: in ogni puntata un filo rosso a cui sono legate una decina di canzoni, con un occhio di riguardo per la musica italiana. Come sempre, tutte le playlist si trovano sul celeberrimo Bolliblog.com. A cura di Francesco Tragni e Marco Carini

    Bollicine - 16-03-2025

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    Gli speciali di domenica 16/03/2025 - ore 17:00

    I reportage e le inchieste di Radio Popolare Il lavoro degli inviati, corrispondenti e redattori di Radio Popolare e Popolare Network sulla società, la politica, gli avvenimenti internazionali, la cultura, la musica.

    Gli speciali - 16-03-2025

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    Giocare col fuoco di domenica 16/03/2025

    Giocare col fuoco: storie, canzoni, poesie di e con Fabrizio Coppola Un contenitore di musica e letteratura senza alcuna preclusione di genere, né musicale né letterario. Ci muoveremo seguendo i percorsi segreti che legano le opere l’una all’altra, come a unire una serie di puntini immaginari su una mappa del tesoro. Memoir e saggi, fiction e non fiction, poesia (moltissima poesia), musica classica, folk, pop e r’n’r, mescolati insieme per provare a rimettere a fuoco la centralità dell’esperienza umana e del racconto che siamo in grado di farne.

    Giocare col fuoco - 16-03-2025

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    La Pillola va giù di domenica 16/03/2025

    Una trasmissione settimanale  a cura di Anaïs Poirot-Gorse con in regia Nicola Mogno. Una trasmissione nata su Shareradio, webradio metropolitana milanese che cerca di ridare un spazio di parola a tutti i ragazzi dei centri di aggregazione giovanili di Milano con cui svolgiamo regolarmente laboratori radiofonici.

    La Pillola va giù - 16-03-2025

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    Comizi d’amore di domenica 16/03/2025

    Quaranta minuti di musica e dialoghi cinematografici trasposti, isolati, destrutturati per creare nuove forme emotive di ascolto. Ogni domenica dalle 13.20 alle 14.00, a cura di Stefano Ghittoni.

    Comizi d’amore - 16-03-2025

Adesso in diretta