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L'Ambrosiano

La danza delle api e gli sforzi dell’uomo per salvarsi da se stesso

«Adotta un’arnia»: viene dalla Toscana l’invito a cercar di rimediare a uno dei disastri d’un ecosistema fuori controllo. Le api stanno scomparendo
(si parla di moria al 90 %) vittime d’un combinato disposto di fattori: clima impazzito (“non ci son più le fioriture di una volta”); coltivazioni e
allevamenti intensivi; un acaro venuto da Oriente (guarda caso!) per il quale le nostre api non hanno difese; mercato e consumo globali che producono sinteticamente tutto contro natura: anche il miele. Le api hanno una forma di vita sociale ottimamente strutturata in ruoli, responsabilità, ritmi interni, armonia con stagioni e ambiente; un’organizzazione garantita da un governo “al femminile”: l’ape regina (eventuali riferimenti alle polemiche su una donna al Quirinale son casuali). Dalle culture antiche d’ogni dove, ai poeti (Virgilio), ai Padri della Chiesa d’Oriente e d’Occidente (Basilio e Ambrogio) le api son portate a esempio: metafora di operosità per il bene comune. Di simboli si vive. Son Palestra per libertà, pensiero, affettività, senso dell’esistenza. Col pensare simbolicamente si osa, si rischia, si guarda lontano, si sogna, ci si affranca da miopie del quotidiano, appartenenze, invidie, gelosie, tornaconti, falsa pace delle coscienze; ci si può anche vaccinare da scoramento e depressioni che il narcisismo di molta politica, autentico opposto della vitalità e dei valori d’un alveare, inocula come virus nel tessuto sociale, nei rapporti tra persone, nella gerarchia delle priorità.

Sono innumerevoli gli approcci per fratelli, sorelle, genitori, nonni di Greta e per tutti quelli che vorrebbero che l’uomo cambiasse mentalità per salvarsi da se stesso. La sfida è sintonizzarsi sul flusso d’energia positiva che parte dal basso, da cose piccole, magari all’apparenza insignificanti, dai semi gettati fidando che si troverà terreno adatto. In tutti i settori: c’è solo l’imbarazzo della scelta. Per chi volesse trarre ispirazione da un’arnia per verificare quali possono essere le soluzioni più consone a scelte e vocazioni sue clicchi su: produzionidalbasso. La fine delle ideologie ha reso gli ideali praticabili.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Tra Buddha e Jimi Hendrix

La vita accade per te

È il 2005 e sono agli inizi della mia carriera di scrittore. Mi trovo a Sestri Ponente, quartiere operaio dove sono nato e cresciuto, in una palestra da sangue e sudore. Devo scrivere di una manifestazione legata al pugilato. È in quell’occasione che parlo per la prima volta con Walter Nudo, che si sta allenando duramente al sacco. Negli anni l’ho incrociato spesso in giro, da ragazzino facevo colazione al bar di suo papà vicino alla stazione prima di andare a scuola, e già allora Walter era un personaggio che non passava certo inosservato, coi capelli lunghi fino a metà schiena e gli stivali da cowboy.
Quel giorno in palestra, Walter mi parlò della boxe, degli incontri, della vita. Di come il trovarsi su un ring gli servisse per capire chi era. Dei momenti in cui – in balia di qualcosa o qualcuno che vuole solo stenderti e nessuno a cui chiedere aiuto – impari che quello che sei o credi di essere non conta nulla, e che per uscire da quell’angolo è solo sulle tue forze che puoi contare. In quel momento prendi coscienza di te stesso, delle tue paure, delle tue debolezze, ma anche delle possibilità che hai dentro.
Ricordo ancora chiaramente quanto la determinazione e la convinzione di Walter mi colpirono. Ma più ancora mi colpì il fatto che quello strano tipo bello come un modello che lavorava alla tv avesse bisogno di farsi rompere la faccia su un ring per non perdersi nel mondo dello showbiz.
Era chiaro a tutti come Walter con quell’ambiente c’entrasse poco o nulla. Più pugile che attore. Più cercatore che star. Più sostanza che apparenza.
In quel periodo non se la stava passando bene. Non lavorava da un po’, le cose con la prima moglie andavano a rotoli, e c’erano due figli piccoli di mezzo. Insomma un vero casino. Ma proprio pochi giorni dopo il nostro incontro gli era arrivata la chiamata per partecipare alla prima edizione dell’isola dei famosi in sostituzione di un concorrente infortunato.
“Vado, vinco e mi riprendo tutto” disse Walter agli amici della palestra.
E per Dio lo fece!
Si riprese la carriera, su questo non ci piove, ma non la serenità. Seguirono anni di alti e bassi perché, alla fine, questo suo essere più cercatore che star lo portava continuamente a rimettere in discussione tutto.
Un uomo inquieto, che leggeva libri di miglioramento personale, si interrogava sul senso della vita ma allo stesso tempo era ancora vittima della bramosia del successo, della popolarità, della vita sotto i riflettori. Forse per via di quegli anni trascorsi da “bambino non voluto” dalla mamma, che il piccolo Walter vedeva felice solo quando insieme guardavano la notte degli Oscar, convincendosi inconsciamente di dover diventare un attore bello e impossibile per potersi guadagnare l’amore materno.
Roba da psicologi, questa. Fermiamoci qui. Fatto sta che la vita di Walter è un saliscendi di gioie e dolori, successi e cadute, alti e bassi, ricerca di elevazione spirituale e attaccamento. Finché nel 2016 arriva il crash. Mentre si trova a Los Angeles per tentare di sfondare in America, è vittima di un incidente in moto e gli va in frantumi una gamba.
Senza soldi, con un nuovo matrimonio naufragato, e il rischio di restare zoppo, il pattern del ring dei nostri anni “sestresi” si ripete. Già perché Walter è così, per funzionare necessita della competizione, possibilmente con l’avversario più forte in circolazione: se stesso!
Ma stavolta, complice gli anni, la sfida si gioca su un altro tavolo: quello della comprensione, della crescita e della consapevolezza.
L’inizio di questo percorso è la Meditazione Trascendentale di Maharishi Mahesh Yogi. Poi un viaggio in India, un altro nell’altrettanto mistica Indonesia e poi via fino all’Australia, le Hawaii e poi di nuovo gli Stati Uniti.
Per conoscere. Per conoscersi.
Un viaggio spirituale autentico, doloroso e a tratti commovente che Walter ci racconta nel libro “La Vita Accade per te” edito da Roi, l’ennesimo scalino salito da un uomo che, pur avendo sbagliato tanto, al mondo patinato dell’effimero ha sempre preferito il sentiero stretto e tortuoso della coscienza. Un viaggio che si completa veramente quando Walter, già parzialmente cambiato, si scopre vulnerabile a seguito di due terribili ictus e decide di rallentare la sua corsa, ritirarsi definitivamente dalle scene e mettere a disposizione degli altri le tante cose imparate nella sua vita meravigliosamente complicata.
Per scoprire, alla fine, che ancora una volta è nella via di mezzo di cui tanto ci parlò il Buddha ormai 2500 anni fa, che risiede la verità, per Walter come per tutti noi.

  • Federico Traversa

    Genova 1975, si occupa da anni di musica e questioni spirituali. Ha scritto libri e collaborato con molti volti noti della controcultura – Tonino Carotone, Africa Unite, Manu Chao, Ky-Many Marley – senza mai tralasciare le tematiche di quelli che stanno laggiù in fondo alla fila. La sua svolta come uomo e come scrittore è avvenuta grazie all'incontro con il noto prete genovese Don Andrea Gallo, con cui ha firmato due libri di successo. È autore inoltre autore di “Intervista col Buddha”, un manuale (semi) serio sul raggiungimento della serenità mentale grazie all’applicazione psicologica del messaggio primitivo del Buddha. Saltuariamente collabora con la rivista Classic Rock Italia e dal 2017 conduce, sulle frequenze di Radio Popolare Network (insieme a Episch Porzioni), la fortunata trasmissione “Rock is Dead”, da cui è stato tratto l’omonimo libro.

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La nave di Penelope

Caos e ritorni

“Ripartiamo il 7 gennaio, no aspetta rimandiamo. Meglio il 10. Chiediamo conferme al Comitato tecnico scientifico. Proponiamo la Dad per gli studenti non vaccinati in caso di contagi in classe”. La scuola ha mandato in tilt le Regioni che, in questi giorni, sembrano correre all’impazzata in una stanza chiusa, avanzando proposte, cambiando idea, confrontandosi di nuovo.

Scuola e caos, due parole che – talvolta accompagnate dalle parole Dad e quarantena – viaggiano sempre più spesso insieme in questi mesi.

Ora si ragiona sul rientro dalle vacanze, dopo un Natale passato quasi come in epoca prepandemica, con i pranzi tra parenti e le cene tra amici, come non eravamo più abituati. Un piccolo ritorno alla normalità di cui avevamo tutti bisogno, ma che è stato accompagnato, purtroppo, da un’impennata dei contagi e una riattivazione, in alcuni casi, della zona gialla.

Ma torniamo alla scuola. Il rientro in aula era previsto per il 7. Perché, come si dice, “l’Epifania tutte le feste si porta via”. Quest’anno però la Befana si presenta di giovedì, quindi alcune Regioni hanno pensato di utilizzare la fortuita coincidenza per far tornare tutti a scuola direttamente lunedì 10. Un modo per temporeggiare davanti al muro di contagi e alle possibili quarantene delle classi.

Franco Locatelli, coordinatore del Cts, aveva proposto di posticipare di una settimana il rientro, per poi recuperare i giorni a giugno. Il governo ha bocciato l’idea, che invece era stata ben accolta da alcuni presidenti di Regione. Come il veneto Luca Zaia, che valutava positiva anche la possibilità di attendere fino all’inizio di febbraio per un ritorno in sicurezza. E poi Vincenzo De Luca, presidente della regione Campania, che, coerente con la sua linea chiusurista, aveva proposto di far slittare la riapertura delle scuole di un mese.

Ma il governo ha tenuto botta: si torna a scuola il 7 o il 10, nessuno slittamento sarà consentito.

Nel frattempo si discute su regole delle quarantene, misure di sicurezza e dad. E così si moltiplicano i vertici: sindacati-ministero dell’Istruzione, cabina di regia, consiglio dei ministri, incontri tra ministri e commissario straordinario, confronti tra Regioni. Il tutto con una punta di polemica che accompagna sempre gli incontri tra ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, e sindacati di categoria.

Ma tra discussioni, litigi, confronti, idee, slittamenti e paroloni, siamo al secondo anno di pandemia e di nuovo sembra che si stia affrontando per la prima volta questa situazione.

Eppure si sapeva che ci sarebbero state le vacanze di Natale, che questa volta si sarebbero potute trascorrere quasi normalmente, recuperandone la dimensione sociale, e c’era il forte sospetto che i contagi sarebbero aumentanti. Si sapeva anche che le vacanze finiscono e che gli studenti e i docenti sarebbero dovuti tornare a scuola. Ora, come è possibile essere arrivati alla vigilia del rientro con ancora tutti questi interrogativi e il panico organizzativo che accompagna una situazione imprevista e inedita?

Che cosa ne pensate? Mi piacerebbe conoscere le vostre idee. Scrivetemi a: lanavedipenelope@gmail.com

  • Claudia Zanella

    Sono nata a Milano nel 1987. Ma è più il tempo che ho passato in viaggio, che all’ombra della Madonnina. Sono laureata in Filosofia e ho sempre una citazione di Nietzsche nel taschino. Mi piacciono tante cose ma, se devo scegliere tra le mie passioni quali sono quelle che più parlano di me, direi: la Spagna, il rock e il giornalismo. Dopo averci vissuto, Madrid è la mia città d’elezione; il rock scandisce il mio ritmo di vita e venero le mie chitarre come oggetti magici; infine, fare la giornalista soddisfa il mio impulso alla Jessica Fletcher di voler sempre vedere chiaro e poi raccontare. Ho lavorato per cinque anni per La Repubblica, come cronista e responsabile del settore “Educazione e scuola” a Milano. Cofondatrice del progetto di storytelling su Milano ai tempi del coronavirus: “Orange is the new Milano”. Sono approdata a Radio Popolare nel 2019, occupandomi di un po’ di tutto, ma mantenendo sempre un occhio vigile sul mondo della scuola.

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Mia cara Olympe

Il grande gioco del Quirinale: che (non) sia una donna…

Sentite anche voi questo bisogno di aria nuova, fresca, di un po’ di vento che scompigli il copione appesantito dalla pandemia delle nostre vite? Immaginare che questo desiderio non riguardi solo il nostro privato e possa investire anche la corsa al Quirinale, con i suoi bilancini, gli equilibrismi, tutte le ritualità del caso, ci rendiamo conto, è esercizio quasi di fantascienza. Ma oggi, primo gennaio 2022, dopo aver ascoltato l’ultimo discorso di  Sergio Mattarella – contenuti, sobrietà, stile c’erano tutti –  abbiamo un desiderio da esprimere sulla  sua successione. Ah certo direte, che sia una donna. Sarebbe la prima, e sai che forza simbolica avrebbe una scelta del genere in un paese come il nostro in cui la questione della rappresentanza politica delle donne è da sempre aperta e non riesce a fare quel salto di ‘normalità’ che altrove si è verificato? Aria fresca, insomma.

Ecco, appunto, no. Il desiderio di oggi è che non sia una donna. Che dall’ondata di ipotesi, analisi, articoli, retroscena a tema Quirinale che ha già da tempo cominciato a sommergerci scompaia, si autocancelli, evapori non appena scritta come accade nelle favole migliori, la frase ‘E se fosse una donna?’ nelle sue varianti ‘Perché non una donna?’, ‘E se sparigliassimo con una donna?’ ‘Ipotesi donna’ e via dicendo.
Basta così, grazie. Quella frase è ancora una volta il segno dell’eccezione e contiene un accento sminuente. Come se una valesse un’altra, e allora Cartabia vale Bindi, Casellati è eguale a Bonino, Moratti e Finocchiaro chi le distingue, tanto alla fine, è il sottinteso, tutte donne sono e nel grande gioco del Quirinale chi ci crede che non abbiano soltanto il ruolo di figuranti, di carte che, come capita nel Mercante in fiera con il Lattante, escono subito e non vincono mai?

Ecco, appunto. Le donne sopracitate – sono i loro nomi quelli che le cronache più di frequente avanzano – hanno idee, storie personali e politiche diversissime tra loro: un primo passo verso un paese più democratico ed equo è che queste biografie, queste differenze che sono importantissime venissero riconosciute, nominate e pesassero nelle analisi e nella valutazioni come pesano quelle degli uomini in gara per il Colle. Poi certo la corsa al Quirinale – e il  fatto che ci sia in campo Berlusconi  lo conferma – è fatta anche di una sostanza assai meno nobile, di accordi, trame e quant’altro. Ma che una o più donne, ciascuna con il proprio nome e cognome e la propria storia, comunque la si valuti, entrassero effettivamente nella partita del Colle, non strumentalmente, non per fare la fine del Lattante, non come espediente retorico di un giornalismo pigro e di una politica che non si schioda dalla propria arretratezza culturale (e questo purtroppo vale anche per alcune donne che stanno in quell’arena), beh, sarebbe bello. È il primo gennaio,  in fondo ci si può illudere che qualcosa anche in questo paese lento possa cambiare.

 

 

 

 

 

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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Appunti sulla mondialità

Le due sinistre latinoamericane

L’anno elettorale latinoamericano è stato ricco di appuntamenti molto importanti sia per il loro peso specifico sia per quello simbolico. La prima lettura riguarda la legittimità del processo elettorale. Non sempre sono state rispettate le regole, come nel clamoroso caso del Nicaragua dove il regime guidato da Daniel Ortega ha inscenato elezioni presidenziali senza opposizione. Ma anche buone notizie in questo senso, come le elezioni dell’Honduras, paese nel quale negli anni si sono succeduti colpi di stato e manipolazione dei risultati, e dove ha vinto la candidata della sinistra senza che ci siano dubbi sulla trasparenza del voto. Lo stesso si può dire del Venezuela, dove pare siano state rispettate le regole nelle elezioni amministrative che hanno visto la vittoria del partito di Nicolas Maduro. I segnali più interessanti arrivano però da tre paesi andini, Ecuador, Bolivia e Cile. In Ecuador il candidato della nuova sinistra e dei movimenti indigeni Yaku Pérez non riuscì per 30.000 voti a passare al secondo turno, nel quale l’imprenditore Guillermo Lasso riuscì a battere il candidato correista per 400.000 voti.

Chiaramente buona parte degli elettori di Pérez non votarono per Andrés Aráuz al secondo turno, anche se di “sinistra”, e questo perché ormai esistono due progetti di sinistra che spesso, come in Ecuador, si scontrano. Una sinistra ormai “tradizionale” e che ha governato a lungo, dai forti tratti populisti, poco ambientalista e lontana ormai dalle minoranze. Sono il correismo ecuadoregno, il peronismo argentino, il post chavismo venezuelano, l'”evismo” boliviano. L’altra nata dalla lotta recente dei movimenti sociali, minoranze etniche e di genere, ambientalisti, contadini, talvolta opponendosi a misure della sinistra “classica”. E lo schieramento di forze che ha sostenuto Pérez in Ecuador, Verònika Mendoza in Perù, che sosterrà Petro in Colombia e che ha fatto vincere Boric in Cile; le due sinistre hanno in comune molti riferimenti culturali, ma una diversa concezione della democrazia. Per i primi, ad esempio Cuba è legittimata anche a reprimere per tutelare la rivoluzione, per gli altri il diritto a protestare e a opporsi è sacro; per i populisti lo stato deve essere gestore ed erogatore di assistenza senza preoccuparsi dell’economia, per gli altri deve guidare una crescita economica in senso inclusivo; per i primi le denunce di corruzione sono solo un complotto ai loro danni, per la nuova sinistra la politica deve anzitutto avere le mani pulite.

Il Sudamerica dei due progressismi sta velocemente virando di nuovo a sinistra a maggioranza e per il 2022 si prevede che altri due grandi paesi cambino guida: Colombia e Brasile. Se questo sarà confermato resteranno piccole isole di centrodestra in Uruguay, Paraguay ed Ecuador. Rispetto allo scenario precedente simile, quello degli anni 2000, le cose sono però radicalmente cambiate: si sono spenti gli slanci continentali, cioè le ipotesi di creazione di aree di libero scambio e di democrazia multilaterali; si è tornati drammaticamente a dipendere dalle commodities, che tra l’altro in questo periodo hanno subito un calo del loro prezzo internazionale; l’alleanza con la Cina ha indebolito la democrazia e rinforzato i circuiti di corruzione. Il Sudamerica in questa fase non interessa a nessuno, nemmeno agli Stati Uniti di Biden che hanno come unica priorità fermare l’immigrazione centroamericana.

Soprattutto mancano leadership. La politica sudamericana si è rimpicciolita per quanto riguarda la capacità dei nuovi leader. Nel 2022 potremo vedere sorgere forse due nuovi punti di riferimento, Gabriel Boric e Lula da Silva se sarà presidente. Il Brasile isolato da Bolsonaro non è stato solo un danno per se stesso, ma anche per tutto il processo politico sudamericano; il ritorno di Lula alla presidenza potrebbe segnare l’avvio di una nuova fase, ma prima ancora si dovrà dirimere cosa si intende per progressismo e come lo si aggiorna di fronte alle sfide del domani. Da questo punto di vista la lezione boliviana è illuminante: quando Evo Morales forzò la sua stessa costituzione per perpetuarsi al potere, disconoscendo il parere del suo popolo che aveva bocciato la proposta con un referendum, la sua caduta era già scritta. Anzi, quella mossa è stata la miccia che aspettavano i settori golpisti e della estrema destra boliviana per spazzare via dal potere l’esperienza del Mas; quello stesso Mas che con un nuovo candidato, Arce, nel rispetto del dettato costituzionale è tornato al potere a grandissima maggioranza. È questa la morale valida per tutto il continente: quella sinistra sopravvissuta agli anni Settanta, uscita dalle lotte popolari e arrivata al potere grazie alla fine della Guerra Fredda e quindi dei vincoli di schieramento dovrebbe essere paladina della democrazia e della trasparenza, seguendo l’esempio di grandi presidenti come Raul Alfonsin o Pepe Mujica. Non sempre è così, è questo resta uno dei grandi spartiacque irrisolti che comunque non impediscono di vincere e governare in assenza di una destra seria e con un progetto che non sia la tutela dei propri interessi. In America Latina la democrazia, malgrado i problemi enumerati, è solida e la gente vota ormai chi gli somiglia. Grande conquista mai scontata che nel 2022 si consoliderà.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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    In Gran Bretagna al via l'iter di una legge sul fine vita

    Il parlamento britannico ha dato il via libera in "seconda lettura" alla proposta di legge sul fine vita. La norma, presentata dalla deputata laburista Kim Leaderbeater prevede la possibilità della "morte assistita" per chiunque abbia da 18 anni in su e una diagnosi d'aspettativa di vita di non oltre 6 mesi, con il consenso dei medici curanti. Ha ottenuto 330 sì e 275 no, con divisioni in tutti i maggiori partiti. L'iter verso l'approvazione finale richiederà diversi mesi, ma l'indicazione è che una maggioranza trasversale c'è. Ne abbiamo parlato con il nostro collaboratore dal Regno Unito Daniele Fisichella.

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    L'Orizzonte delle Venti di venerdì 29/11/2024

    Una rivolta sociale è ancora possibile? Lo sciopero generale di Cgil, Uil e delle altre sigle sindacali di base ha portato in decine di piazze italiane circa 500mila persone. Maurizio Landini ha detto di voler “rivoltare come un guanto il paese”, ma che per farlo c’è bisogno della partecipazione di tutti. Lo sciopero di oggi è stato indetto, infatti, anche per chi scioperare non può, per chi è precario e non garantito. Nonostante i bisogni siano urgenti più che mai, tanti lavoratori preferiscono non scioperare o non si sentono chiamati in causa. Ma in una società – che per quanto riguarda il lavoro – è sempre più individualista e frammentata da decenni di precariato, esiste ancora una dimensione collettiva? E come la si allarga? L’Orizzonte delle Venti ne ha parlato con Nadia Garbellini, professoressa di economia politica all’università di Modena e Reggio Emilia, Marco Furfaro, responsabile iniziative politiche, contrasto alle diseguaglianze e welfare del PD, e Massimo Alberti. A cura di Mattia Guastafierro.

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    1) Della striscia di Gaza non si parla più, ma ogni giorno decine di persone vengono uccise e il governo israeliano prepara il terreno per un’occupazione a lungo termine. 2) Siria, i ribelli jihadisti entrano ad Aleppo. In meno di tre giorni i combattenti hanno riacceso un fronte che sembrava congelato, aprendo ad un’altra ampia destabilizzazione nella regione. (Marco Magnano) 3) Dopo 5 ore di dibattito il parlamento britannico approva una storica legge sul fine vita. Il processo legislativo sarà ancora lungo, ma è una prima speranza per migliaia di persone. (Daniele Fisichella) 4) La Francia perde anche il Ciad. Il ministro degli esteri ha annunciato la fine degli accordi di cooperazione in materia di sicurezza e difesa con Parigi (Francesco Giorgini) 5) Oggi è il Black Friday, la sagra del consumismo globale che racconta la nostra epoca. (Alfredo Somoza) 6) Storie estreme. La rinascita della capitale dello Sri Lanka: dalle montagne di rifiuti, alle zone umide. (Sara Milanese)

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    Conversazioni con la direttrice. Microfono aperto con Lorenza Ghidini.

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    Non è una banlieue, non è un ghetto, non è un luogo dimenticato: Corvetto è l’ultima frontiera sud-est tra la Milano che cresce e quella che viene espulsa. Questo è un racconto a più voci del Corvetto fatto con amici di Ramy Elgaml, abitanti, lavoratori. Il reportage di Roberto Maggioni e Luca Parena

    Clip - 29-11-2024

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    Vieni con me di venerdì 29/11/2024

    Vieni con me! è un’ora in cui prendere appunti tra condivisione di curiosità, interviste, e il gran ritorno di PASSATEL, ma in forma rinnovata!! Sarà infatti partendo dalla storia che ci raccontano gli oggetti più curiosi che arriveremo a scoprire eventi, iniziative od occasioni a tema. Eh sì, perché poi..ci si incontra pure, altrimenti che gusto c’è? Okay ma dove, quando e poi …con chi!?! Semplice, tu Vieni con me! Ogni pomeriggio, dal lunedì al venerdì, dalle 16.30, in onda su Radio Popolare. Per postare annunci clicca qui Passatel - Radio Popolare (link - https://www.facebook.com/groups/passatel) Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa, un oggetto particolare o proporti come espert* (design, modernariato o una nicchia specifica di cui sai proprio tutto!!) scrivi a vieniconme@radiopopolare.it Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni

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    Playground di venerdì 29/11/2024

    A Playground ci sono le città in cui abitiamo e quelle che vorremmo conoscere ed esplorare. A Playground c'è la musica più bella che sentirai oggi. A Playground ci sono notizie e racconti da tutto il mondo: lo sport e le serie tv, i personaggi e le persone, le ultime tecnologie e le memorie del passato. A Playground, soprattutto, c'è Elisa Graci: per 90 minuti al giorno parlerà con voi e accompagnerà il vostro pomeriggio. Su Radio Popolare, da lunedì a venerdì dalle 15.00 alle 16.30.

    Playground - 29-11-2024

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    GR in breve - 29-11-2024

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