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Tra Buddha e Jimi Hendrix

Thich Nath Hanh è ancora in giro

Secondo la tradizione buddista non c’è stato un solo Buddha ma se ne sono susseguiti diversi nel corso della storia, e ciascuno ha portato il proprio contributo per il bene di tutti gli esseri senzienti.
Uno di questi risvegliati è stato certamente il monaco vietnamita Thich Nath Hanh, per tutti Thay.
In molti anni di attività, attraverso le sue tante iniziative, gli insegnamenti, i libri e le conferenze, ha cercato di trasmettere in modo semplice, chiaro e accessibile a tutti, la dottrina buddista nel mondo.
Proprio come faceva colui che 2500 anni fa venne definito “il Risvegliato”.
Ma cosa vuol dire essere un Buddha?
Esattamente questo: risvegliarsi.
Capire la vera natura della realtà.
E quindi eliminare la sofferenza dentro di sé.
Poi insegnare agli altri a fare altrettanto.
Un Buddha è uno che padroneggia i propri pensieri e non esaspera i sentimenti negativi, che non si fa travolgere dalle tempeste mentali.
E che alimenta i propri sentimenti positivi, che governa i pensieri ma non vi si attacca. Non dipende da essi.
Uno che è riuscito ad educare la propria mente, rendendola calma, serena e pulita come un lago di montagna.
Uno senza stress, ansie, aspettative eccessive e preoccupazioni.
Uno capace di infondere gioia, equilibrio e amore in chi lo circonda.
In estrema sintesi: un sereno portatore di luce nel mondo. Esattamente come Thich Nath Hanh, che ci ha lasciato poche ore fa presso il tempio Tu Hieu, nella città di Hue, in Vietnam, dove risiedeva ormai da qualche anno.
Nato nel 1926, a sedici anni era stato ordinato monaco del Buddhismo Thiến – lo Zen vietnamita – e da allora ha interpretato e promosso il Dharma quale strumento per portare pace, riconciliazione e fratellanza nella società, accogliendo tutte le diverse tradizioni.
Durante la guerra in Vietnam, Thich Nath Hanh era stato arrestato e torturato; la sua colpa? Essersi mantenuto distante sia dal governo del Vietnam del Nord sia da quello del Sud e aver fondato il movimento di resistenza nonviolenta dei “Piccoli Corpi di Pace”: gruppi di laici e monaci che andavano nelle campagne per creare scuole, ospedali e ricostruire i villaggi bombardati, nonostante subissero attacchi da entrambi gli schieramenti in guerra poiché ciascuno li riteneva alleati del proprio nemico.
Grande amico di Martin Luther King, che nel 1967 lo aveva candidato al Premio Nobel per la pace, e nel frattempo esiliato dal governo comunista vietnamita, si era trasferito in Francia, poco distante da Bordeaux, dove aveva fondato Plum Village, una comunità di monaci e laici composta da uomini e donne, nella quale si è da sempre praticata l’arte di vivere in consapevolezza.
“Il miracolo non è quello di camminare sulle acque” diceva Thich Nath Hanh “ma di camminare sulla verde terra nel momento presente e apprezzare la bellezza e la pace che sono disponibili qui e ora”. E difatti era universalmente considerato il padre della mindfulness.
Solo nel 2005, 39 anni dopo il suo esilio, gli era stato concesso far ritorno per tre mesi in Vietnam e dal 2014, a seguito di un ictus, era tornato a viverci, seguito costantemente dai monaci e da personale esperto in medicina ufficiale e in medicina tradizionale.
Poeta ispirato, attivista indefesso, prolifico autore di libri, sempre sereno e garbato, Thich Nath Hanh, è stato un faro di luce che si è sempre impegnato attivamente per illuminare questo mondo scuro. Senza di lui la coscienza collettiva dell’umanità perde tantissimo, anche se la sua potente energia già si sente aleggiare qui intorno, forte e positiva.
“Domani, continuerò ad essere” scriveva in una delle sue poesie “Ma dovrai essere molto attento per vedermi. Sarò un fiore o una foglia. Sarò in quelle forme e ti manderò un saluto. Se sarai abbastanza consapevole, mi riconoscerai, e potrai sorridermi. Ne sarò molto felice”.
Ciao Thay, lo so che sei ancora in giro.

  • Federico Traversa

    Genova 1975, si occupa da anni di musica e questioni spirituali. Ha scritto libri e collaborato con molti volti noti della controcultura – Tonino Carotone, Africa Unite, Manu Chao, Ky-Many Marley – senza mai tralasciare le tematiche di quelli che stanno laggiù in fondo alla fila. La sua svolta come uomo e come scrittore è avvenuta grazie all'incontro con il noto prete genovese Don Andrea Gallo, con cui ha firmato due libri di successo. È autore inoltre autore di “Intervista col Buddha”, un manuale (semi) serio sul raggiungimento della serenità mentale grazie all’applicazione psicologica del messaggio primitivo del Buddha. Saltuariamente collabora con la rivista Classic Rock Italia e dal 2017 conduce, sulle frequenze di Radio Popolare Network (insieme a Episch Porzioni), la fortunata trasmissione “Rock is Dead”, da cui è stato tratto l’omonimo libro.

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L'Ambrosiano

Vigili sulle rive del fiume Lete

In risposta alle violenze sulle donne in piazza Duomo il Sindaco ha promesso 500 vigili. Sala avrà tranquillizzato la coscienza sua e d’un po’ d’opinione pubblica. In me è salita la preoccupazione. Polizia locale, PS, Carabinieri son presidi necessari, ma le periferie da cui vengono autori di violenze solo in parte son problemi di ordine pubblico. Lo dicono anche i politici in prossimità delle elezioni. Ricevuto il mandato, però, le acque del Lete, fiume dell’Oblio, scorrono nei Navigli; e nel Tevere: per rimozioni di nessi tra fenomeni o dimenticanze Milano chiama, Roma risponde. I disagi di
giovani e periferie fanno la storia d’Italia: i “teruni” (la Locomotiva d’Italia è il mito che ha in ombra i quartieri dormitorio del Miracolo economico); l’immigrazione recente (il Paese riparte grazie ai cantieri del bonus facciate pieni di Nordafricani; a badanti e colf di Sud America e Paesi dell’Est che suppliscono a un welfare gruviera: in quelle aree nascono figli e problemi d’integrazione).

All’insufficienza di politiche locali ora s’associa il governo: boccia un emendamento alla manovra: 50 milioni per il “bonus psicologo”, mancia non risolutiva dei problemi di giovani e periferie, ma un segnale: riconoscere il disagio psichico diffuso e che le persone che già soffrivano di emarginazioni e disuguaglianze col Covid stanno peggio: gli adolescenti in ispecie. Se la politica non si iscrivesse al Circolo Canottieri Fiume Lete, vedrebbe saltati i muri centro/periferie: a Milano e nel Paese. L’Italia che sta male è nota: si riempiono i pronti soccorsi (tra i giovani autolesionismi o tentati suicidi più che raddoppiati); s’impennano le richieste d’aiuto (ansie + 83%, depressioni + 72: adolescenti il 62 %); 1 su 3 accedono ma presto lasciano: mancano i soldi. La Regione Lazio ha messo 2,5 milioni per la
salute mentale; il Pirellone ha promesso lo psicologo nelle Case di Comunità (sulla carta: le elezioni son vicine!); il Municipio 9 di Milano dà un “bonus ragazzi 10-25” per gli psicologi di zona. Vigili, intanto? Sì, come aggettivo qualificativo di cittadini che si fan carico dei disagi evitando proiezioni e di istituzioni che investono risorse per prevenire e curare. Per i ghisa? Vedarèm.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Mia cara Olympe

Metsola, solo le donne di destra ce la fanno?

Ed arrivò la terza. Donna, conservatrice (di più, preoccupano le sue posizioni sull’aborto e sulle politiche migratorie), nuova presidente del parlamento europeo, eletta con una larga maggioranza. A completare i vertici europei dopo Christine Lagarde a capo della banca centrale e Ursula von der Leyen che presiede la commissione, a porre nuovamente domande mai risolte sulla questione della rappresentanza politica delle donne, ecco la maltese Roberta Metsola. Giovane, 43 anni, agguerrita, esponente dei popolari, viene da un paese in cui l’interruzione di gravidanza è vietata  in ogni caso, e non ci si dimentica che lei stessa, nonostante abbia adesso assicurato che non voterà più in materia, farà sue le posizioni del’Unione e continuerà la battaglia per i diritti delle donne, nel 2015 aveva criticato le conclusioni del report europeo sull’eguaglianza di genere  in cui  l’accesso all’interruzione di gravidanza veniva segnalato come requisito di parità, sostenendo che contenesse ‘riferimenti inaccettabili’.

Ed è subito, di nuovo, dibattito acceso e non pochi sottolineano che, e non solo in Italia, la destra sembra terreno più fertile per la promozione delle donne in politica. Peraltro anche nel dibattito nostrano sull’elezione del prossimo presidente della repubblica il totonomi di queste ore vede un paio di nomi di destra, Letizia Moratti ed Elisabetta Casellati,  piazzati non male, mentre – va detto –  a sinistra ci si affanna a dire che in Italia ci sono un sacco di donne competenti – ma va, chi l’avrebbe detto? – senza tirare fuori un nome, un cognome, una biografia sulla quale assentire o dissentire. Cartabia a parte, la cui storia però la pone piuttosto come nome ‘tecnico’, eventualmente super partes. Come dare torto ad Emma Bonino quando dice, intervistata da Radio popolare, che qui non si tratta di ricordare che l’Italia conta astrofisiche provette o biologhe di chiara fama e via elencando meriti  femminili di svariata natura, ma di individuare e sostenere un profilo che abbia le carte in regola per il ruolo e il cui nome – qui ridiciamo – non venga giocato in maniera strumentale nella battaglia per il Quirinale?

Ma tornando a Metsola: molti commenti dell’oggi sottolineano che le donne di destra hanno meno timori nel proporsi e nell’affermarsi in una lunga storia che parte da Tatcher e arriva, ebbene sì, a Giorgia Meloni, unica leader di partito in Italia. Ancora una volta resta inevasa o ha troppe e comunque non del tutte esaurienti risposte la domanda sul perché a sinistra quando si tratta di fare la corsa per arrivare prime le donne non ci sono nonostante le tonnellate di disquisizioni sul tema, nonostante i solenni impegni maschili, nonostante siano ormai in atto meccanismi di riequilibrio nelle liste elettorali e negli organi di partito, nonostante esempi del passato come Nilde Iotti, nonostante questo e quello insomma. Questo dato di fatto ha a che fare con l’effettivo desiderio delle donne di sinistra in politica? Oppure segnala che la capacità di confliggere con i loro colleghi latita, visto che che un posto che va a una donna è un posto in meno per un uomo?

Ipotesi tutte valide e molte altre potrebbero essercene, mentre l’elezione di Roberta Metsola è lì a chiedere ancora, soprattutto alle donne di sinistra e alle femministe se essere contente della parità di cui è ora un forte simbolo o essere scontente della mancata differenza che la sua biografia evidenzia. Antico dibattito anche questo, mentre la cronista qui ricorda che Letizia Moratti, vinte le elezioni a Milano, tra le prime cose disse ‘Chiamatemi signor sindaco’.

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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Breaking Dad

Fango, tamponi e Ray Carver

Domenica mattina. La comunicazione è appena arrivata: niente, non si torna in campo neanche la settimana prossima. Contagi, tamponi, quarantene. Il campionato dei bambini è sospeso e così gli allenamenti. Fabrizio è triste per questo, il calcio è importante per lui.

Chi ha giocato a pallone (o ha praticato un altro sport, soprattutto di squadra) alla sua età sa cosa voglio dire. E’ gioco, è mettersi alla prova, è prendere le misure delle soddisfazioni e delle frustrazioni, sono regole da rispettare, è entusiasmo, sono gli amici, è preparare la borsa. Martedì e venerdì allenamento, sabato partita: tutto congelato.

E niente, bisogna arrangiarsi. Tipo ieri. Tenuta da partita, pallone sotto il braccio, destinazione: parchetto davanti alla scuola. Un parchetto dotato di campo di basket-calcio: sotto il canestro c’è la porta. Papà pronto a scendere in campo anche lui. Ché, non per vantarmi, ma la mia figura la faccio ancora.

O tipo oggi, domenica. Fabri è sconsolato: ci aveva contato. Aveva proprio sperato che, almeno gli allenamenti, potessero ripartire. Gli propongo di accordarsi con un amico – suo compagno di squadra – per dare quattro calci al pallone al giardino.

“Ma papà, dai, io voglio fare l’allenamento, il campionato, mica due passaggi e due rigori con le giacche per terra al posto dei pali.”

Lo so, eccome se lo so. Ma è meglio di niente, no? Aspettiamo che riprenda l’attività, certo, quella è la cosa più importante. Intanto però facciamo quel che si può. Fabri è deluso, non ha molta voglia di accontentarsi. Alla fine però si convince.

Si va al giardino. Lo accompagno per un pezzo, l’ultimo tratto di strada lo farà da solo: gli piace molto sentirsi un po’ indipendente, e ha ragione. Si è messo la tuta della squadra. A un certo punto mi fa:

“Papà, ti racconto una barzelletta”

“Ok”

“C’è un tipo che sta annegando. Arriva una barca a salvarlo, una bagnarola: vieni, gli dicono, attaccati qua. Ma lui risponde che no, che a salvarlo ci penserà Gesù. La barca se ne va e il tipo continua ad annegare. Arriva un’altra barchetta: vieni, attaccati qua che ti salviamo. Niente da fare. Non ne ho bisogno, dice il tipo, mi salverà Gesù. La barca se ne va e il tipo annega. Si ritrova in paradiso, davanti a Gesù. Ma perché non hai fatto niente per salvarmi? L’ho fatto, risponde Gesù, ti ho mandato due barche”.

Mi esce un sorriso ma niente di più. Siamo quasi al punto da cui Fabri proseguirà da solo. L’accordo è che dopo un’ora e mezza tornerò a prenderlo. Il suo amico compare in lontananza. “Divertitevi!”. Rincasando, ripenso alla barzelletta. Che proprio una barzelletta non è, in effetti. Chissà se ci ha pensato, almeno un po’. Quel tipo non ha voluto la barca perché aspettava qualcosa di ancora più sicuro, più importante. E ci ha lasciato le penne. Se avesse saputo gioire di quella bagnarola, prenderne il Buono anziché rifiutarla pensando all’Ideale, si sarebbe salvato.

A mezzogiorno e mezzo ritorno al giardinetto. Fabri e il suo amico – ma soprattutto Fabri – sono ricoperti di fango. Le scarpe sembrano delle sculture di Arte Povera: “Orme nella terra – fango su scarpa”, una roba così.

“Allora, niente allenamenti neanche la prossima settimana”, mi dicono i ragazzi quasi all’unisono. I due amici-compagni ne hanno parlato tra loro.

“Eh no, purtroppo no. Bè vi siete divertiti? Avete tirato un po’ di rigori?”

“Sì, sì, cinque ciascuno, e chi ne fa di più vince, ma lui è forte in porta, e poi però di testa son meglio io…”

Tornando a casa mi viene in mente di nuovo la barchetta. Ma non mi metto certo a fare i pistolotti della domenica mattina. Però una cosa gliela voglio dire.

“Fabri, hai visto che ti sei divertito, alla fine. Non era mica il campionato, no, ma era una cosa bella, no?”

“Eh? Sì, sì”

Poi passiamo a cucinare gli hamburger. Anche quelli sono una cosa piccola, ma buona.

[“Una cosa piccola ma buona” è uno dei racconti più belli del grande Raymond Carver]

  • Alessandro Principe

    Mi chiamo Alessandro. E, fin qui, nulla di strano. Già “Principe”, mi ha attirato centinaia di battutine, anche di perfetti sconosciuti. Faccio il giornalista, il chitarrista, il cuoco, lo scrittore, l’alpinista, il maratoneta, il biografo di Paul McCartney, il manager di Vasco Rossi e, mi pare, qualcos’altro. Cioè, in realtà faccio solo il giornalista, per davvero. Il resto più che altro è un’aspirazione. Si, bè, due libri li ho pubblicati sul serio, qualche corsetta la faccio. Ma Paul non mi risponde al telefono, lo devo ammettere. Ah, ci sarebbe anche un’altra cosa, quella sì. Ci sono due bambini che ogni giorno mi fanno dannare e divertire. Ecco, faccio il loro papà.

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Mia cara Olympe

Tortora, Sassoli: elogio delle passioni lunghe

Se ne sono andati, uno dopo l’altra, in questi freddi giorni di gennaio scanditi ancora dai bollettini della pandemia, prima Silvia Tortora, nell’assoluta riservatezza, poi David Sassoli, salutato con un funerale di Stato, dovuto in quanto presidente del Parlamento europeo, ma che nulla ha avuto di formale e molto ha trasmesso a noi che guardavamo.

Entrambi erano giornalisti, entrambi sono stati colti da una morte abbastanza precoce anche se non inattesa e qui, almeno dall’esterno, potrebbero fermarsi le similitudini tra le loro due vite. Se le accostiamo è invece perché, ripensando a come è stato raccontato e a come si è autoraccontato attraverso i social l’addio di chi li ha conosciuti o, semplicemente e da lontano, li ha apprezzati, il segno che resta è che, entrambi, sono stati protagonisti e interpreti di lunghe passioni, al confine tra privato e pubblico, o meglio senza confine tra privato e pubblico. E questo è stato visto, raccolto, apprezzato.

Passioni lunghe: come altro chiamare la coraggiosa, intelligente, inesausta battaglia di Silvia Tortora per suo padre Enzo, prima, ma, anche dopo la conclusione di quella orrenda pagina giudiziaria, per una giustizia che meriti di essere chiamata tale? Una battaglia ancor più valorosa perché condotta in tempi, non finiti, in cui il garantismo non se la passava benissimo e anche a sinistra si accantonavano pensieri e pratiche politiche di grande tradizione, nel dilagare di un populismo penale con il quale facciamo tuttora i conti. Una battaglia condotta in maniera rigorosa, seppur pervasa dall’amarezza di chi vede e denuncia che cambia poco di ciò che è profondamente distorto e che ha lasciato un segno profondo e doloroso nella propria vita.

Passioni lunghe: molto è stato detto e scritto della vita e dell’impegno di David Sassoli, ma è stata sua moglie, coprotagonista di una relazione cominciata al liceo ed evidentemente saldissima, a dirlo benissimo. Noi eravamo il tuo punto fermo – sintetizzo il suo saluto al funerale – ma ti abbiamo sempre diviso e condiviso con gli altri, con il tuo lavoro e con la politica, luoghi in cui avevi deciso di spenderti e tutto è tornato adesso come una grande onda di riconoscimento e affetto. Passioni lunghe: i suoi amori, il giornalismo, l’idea europea come strade da percorrere – per uno che è stato scout la strada ha un significato preciso – strade lunghe, complicate, appassionanti, che chiedono pazienza e determinazione, pur in tempi veloci in cui sembra che la ricetta ‘vincente’ sia l’adeguarsi al cambiamento.

Passioni lunghe per entrambi invece: non è un ossimoro, ma una virtù. Tenere il proprio punto, reggere il proprio filo. Augurarsi di poterlo dire, nel piccolo delle nostre vite.

 

 

 

  • Assunta Sarlo

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    In Gran Bretagna al via l'iter di una legge sul fine vita

    Il parlamento britannico ha dato il via libera in "seconda lettura" alla proposta di legge sul fine vita. La norma, presentata dalla deputata laburista Kim Leaderbeater prevede la possibilità della "morte assistita" per chiunque abbia da 18 anni in su e una diagnosi d'aspettativa di vita di non oltre 6 mesi, con il consenso dei medici curanti. Ha ottenuto 330 sì e 275 no, con divisioni in tutti i maggiori partiti. L'iter verso l'approvazione finale richiederà diversi mesi, ma l'indicazione è che una maggioranza trasversale c'è. Ne abbiamo parlato con il nostro collaboratore dal Regno Unito Daniele Fisichella.

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    L'Orizzonte delle Venti di venerdì 29/11/2024

    Una rivolta sociale è ancora possibile? Lo sciopero generale di Cgil, Uil e delle altre sigle sindacali di base ha portato in decine di piazze italiane circa 500mila persone. Maurizio Landini ha detto di voler “rivoltare come un guanto il paese”, ma che per farlo c’è bisogno della partecipazione di tutti. Lo sciopero di oggi è stato indetto, infatti, anche per chi scioperare non può, per chi è precario e non garantito. Nonostante i bisogni siano urgenti più che mai, tanti lavoratori preferiscono non scioperare o non si sentono chiamati in causa. Ma in una società – che per quanto riguarda il lavoro – è sempre più individualista e frammentata da decenni di precariato, esiste ancora una dimensione collettiva? E come la si allarga? L’Orizzonte delle Venti ne ha parlato con Nadia Garbellini, professoressa di economia politica all’università di Modena e Reggio Emilia, Marco Furfaro, responsabile iniziative politiche, contrasto alle diseguaglianze e welfare del PD, e Massimo Alberti. A cura di Mattia Guastafierro.

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    1) Della striscia di Gaza non si parla più, ma ogni giorno decine di persone vengono uccise e il governo israeliano prepara il terreno per un’occupazione a lungo termine. 2) Siria, i ribelli jihadisti entrano ad Aleppo. In meno di tre giorni i combattenti hanno riacceso un fronte che sembrava congelato, aprendo ad un’altra ampia destabilizzazione nella regione. (Marco Magnano) 3) Dopo 5 ore di dibattito il parlamento britannico approva una storica legge sul fine vita. Il processo legislativo sarà ancora lungo, ma è una prima speranza per migliaia di persone. (Daniele Fisichella) 4) La Francia perde anche il Ciad. Il ministro degli esteri ha annunciato la fine degli accordi di cooperazione in materia di sicurezza e difesa con Parigi (Francesco Giorgini) 5) Oggi è il Black Friday, la sagra del consumismo globale che racconta la nostra epoca. (Alfredo Somoza) 6) Storie estreme. La rinascita della capitale dello Sri Lanka: dalle montagne di rifiuti, alle zone umide. (Sara Milanese)

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    Conversazioni con la direttrice. Microfono aperto con Lorenza Ghidini.

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    Non è una banlieue, non è un ghetto, non è un luogo dimenticato: Corvetto è l’ultima frontiera sud-est tra la Milano che cresce e quella che viene espulsa. Questo è un racconto a più voci del Corvetto fatto con amici di Ramy Elgaml, abitanti, lavoratori. Il reportage di Roberto Maggioni e Luca Parena

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    Vieni con me! è un’ora in cui prendere appunti tra condivisione di curiosità, interviste, e il gran ritorno di PASSATEL, ma in forma rinnovata!! Sarà infatti partendo dalla storia che ci raccontano gli oggetti più curiosi che arriveremo a scoprire eventi, iniziative od occasioni a tema. Eh sì, perché poi..ci si incontra pure, altrimenti che gusto c’è? Okay ma dove, quando e poi …con chi!?! Semplice, tu Vieni con me! Ogni pomeriggio, dal lunedì al venerdì, dalle 16.30, in onda su Radio Popolare. Per postare annunci clicca qui Passatel - Radio Popolare (link - https://www.facebook.com/groups/passatel) Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa, un oggetto particolare o proporti come espert* (design, modernariato o una nicchia specifica di cui sai proprio tutto!!) scrivi a vieniconme@radiopopolare.it Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni

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