Il giorno dopo la rielezione di Mattarella, si va ad archiviare la brutta settimana che, malgrado tutto e tutti seppur con pesi molto diversi nello schieramento politico, ha prodotto un risultato che lascia molte domande ma, almeno, rassicura sul fronte della stabilità e della credibilità del paese.
Quando si archivia, si sa, c’è la cartella principale e dentro, per ordine di importanza, i diversi file. Quello che riguarda le donne e il ruolo che hanno avuto nella vicenda quirinalizia, si sta mettendo via, nelle tante analisi tra media e social, sotto il titolo ‘Donne usate dalla politica’. Ancora una volta, come sempre. Donne mai effettivamente in corsa, strumentalmente usate in nome di una parità di genere tanto sventolata quanto farlocca da leader maschi che, alla fine, hanno giocato la partita solo loro e tra di loro.
Vero? Tutto vero? Molto di vero c’è, ma ci sono anche due punti da sottolineare. Il primo riguarda le donne che stanno nell’arena e noi, fuori, che la seguiamo, ce ne occupiamo a vario titolo e da diversi punti di vista, alcuni femminismi inclusi. Ancora una volta si dimostra che non c’è una capacità condivisa di fare massa critica nell’indicare un nome che possa fare effettivamente la sua corsa. Ancora una volta ci sono stati generici appelli per ‘una donna’ al Quirinale, di cui, certo, si indicavano le necessarie, altissime qualità, ma che continuava ad essere senza nome, senza una biografia. Errore e segno, mi sembra, di una minorità. Dentro e fuori dal Parlamento e dai partiti. Semplificando: se non ci crediamo fino in fondo noi, e facendo agire le nostre profonde differenze per dare volto e storia al nostro desiderio, il sentiero è già sbarrato in partenza. Naturalmente libere di non crederci quelle che, appunto, non ci credono e perseguono, con ottime ragioni, la loro politica altrove.
Secondo punto: sono state le donne in contesa eguali come vuole il file di cui sopra? Nel file ‘Donne bruciate’ troviamo Casellati, duramente stoppata dal voto d’aula (e dei suoi e delle sue) e Belloni, quest’ultima ‘evaporata’ in un paio d’ore venerdì sera, dopo l’uscita di Salvini e Conte dalla strumentalità evidente sulla ‘figura’ femminile di alto profilo. Non lo credo. Casellati – la cui elezione a prima presidente della repubblica della nostra storia sarebbe suonata, per molte orecchie le mie incluse, come una beffa atroce – si è molto battuta prima e fino all’ultima scheda, dicono le cronache che avrebbe voluto, nonostante la sonora sconfitta in aula, insistere ancora sulla propria candidatura. Ciò rende meno ‘cattivi’ i leader che hanno lanciato la seconda carica dello stato nell’arena del voto senza paracadute? No, ma le posture e le responsabilità in politica contano e Casellati ha corso il suo rischio consapevolmente e con molte sgrammaticature vista la carica ricopre. Storia affatto diversa quella di Belloni: non un fiato è trapelato sui media da una donna di gran curriculum che ha continuato a fare il suo lavoro, mente si andavano facendo e disfacendo i giochi che la riguardavano. Qualche mia amica dice: avrebbe dovuto sottrarsi prima, dire pubblicamente ‘A questo gioco non ci sto’. Non credo: il gioco è quello che è e se, in attesa di cambiarlo (per chi ancora ci spera), qualcuna vuole giocarlo – lei inclusa- deve mettere in conto strumentalità, sgambetti e altre amenità e trovare – lei lo ha fatto – una postura adeguata, non quella di una ‘figura femminile a disposizione’. E chi guarda e giudica, noi donne soprattutto, dobbiamo valorizzare queste differenze, prepararci a giocare le partite sul serio e non cadere, come sta succedendo, nella narrazione uniforme e un po’ vittimistica di pedine sacrificate dal gioco degli uomini.