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L'Ambrosiano

Resistenza, foglie, terriccio: «L’amore non l’odio domini il mondo»

Siamo allo snodo cruciale tra volontà di potenza e voglia di pace. La prima esibisce i muscoli, vuole abbattere l’avversario, ridurlo all’impotenza e mostrare al mondo chi conta. La seconda, conscia che il conflitto è inevitabile, usa le armi se serve ma per uscire dalla logica dello scontro e costruire la convivenza umana. «Aiutiamoli a vincere la guerra», ha detto il Segretario alla Difesa Usa per invogliare ad armare Kiev. «Aiutiamoli a edificare la pace» avrei voluto sentir rispondere dall’Europa all’alleato. Riforniamo gli arsenali dell’Ucraina, perché con la Resistenza preservi l’identità di popolo e cultura, si difenda dall’aggressore frustrando le mire imperialistiche, lo costringa al tavolo e tutti diciamo a Putin: sospendiamo l’invio di armi noi, tu fermi le bombe: parliamo! La storia è maestra per chi l’ascolta. C’è una cultura europea della Resistenza.

Si leggano Lettere di condannati a morte della Resistenza europea. Lì a “vincere” son la vita, la Pace, non la distruzione dell’altro. Chi si batteva nella Resistenza non aveva fatto di suo la scelta di sparare, ma «non potevo fare altrimenti», scriverà un partigiano scusandosi con la madre perché la lotta l’ha portato al patibolo. «Che l’amore non l’odio domini il mondo» scriveva un altro sapendo che la vittoria batte l’avversario, ma, per la dose di violenza che contiene, lascia pesanti strascichi, genera odio, rancori, rivalse. Thomas Mann, prefatore del volume, coglieva in quel coro dolente da tragedia eterna dell’umano che si riscatta dalla distruttività dell’inumano (pure presente al fondo di noi) un «impulso ad avvicinare la vita umana al bene, alla ragione, voluto dallo spirito, un compito imposto dall’alto». Un giovane francese fucilato dalla Gestapo scrive: «Mi considero come una foglia che cade dall’albero per fare terriccio. La qualità del terriccio dipenderà da quella delle foglie». Riponeva nella gioventù francese «ogni speranza». Come foglie di oggi, esposte ai venti di chi cerca sfide all’O.K. Corral a Mosca o a Washington dobbiamo decidere se puntare sul “vincere”, col rischio di finir tutti in un’ecatombe, oppure di noi stessi «fare terriccio» in cui possano germinare semi di pace.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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DisOrdine internazionale

Meno male

Meno male.

 

Meno male che dopo tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945 qualcuno e qualcuna ha imbracciato il fucile per riscattare l’onore d’Italia e donare a tutti noi la libertà. Meno male che non esisteva ancora il concetto di “contro il mainstream” (!). Meno male che qualcuno marciò verso la montagna e scese verso la città, e non tra le colline, quando questo significava mettere a rischio la propria vita. Meno male che qualcuno mise una bomba in via Rasella e meno male che continuiamo a pensare (fino a quando, di questo passo?) che la responsabilità delle Fosse Ardeatine fosse dei nazisti occupanti e non dei Partigiani. Meno male che nessuno si chiese se le armi che venivano paracadutate ai Partigiani fossero la causa della guerra o che le parole potessero fermare l’invasore. Meno male che c’erano Italiani e Italiane capaci di scegliere da che parte stare e di combattere – e uccidere – per la libertà. Meno male. E meno male che la Liberazione è dipesa da quelle generazioni, allevate nel fascismo ma capaci di distinguere da che parte stare. Almeno quando cantiamo “Bella ciao!”, ascoltiamo che cosa stiamo cantando. Buon 25 aprile a tutte e a tutti.

  • Vittorio Emanuele Parsi

    Insegna Relazioni Internazionali e Studi Strategici all’Università Cattolica a Milano, dove dirige l’ASERI – Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali – e all’USI di Lugano. Si occupa da molti anni dello studio delle trasformazioni del sistema globale, al crocevia tra politica ed economia e tra ambito domestico e internazionale. Ultimi volumi: Vulnerabili: come la pandemia sta cambiando la politica e il mondo (2021), The Wrecking of the Liberal World Order (2021).

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Appunti sulla mondialità

La guerra europea vista da lontano

A due mesi dall’invasione russa dell’Ucraina, il conflitto bellico che si è generato resta sostanzialmente una guerra europea, anche se non mancano le ripercussioni sull’economia globale. È sempre più palese come il tentativo delle potenze occidentali di collocarlo al centro dell’attenzione e della solidarietà mondiali sia fallito. Fuori dalla cerchia dei Paesi aderenti alla NATO, al di là dei rari Paesi che presentano strette relazioni politiche ed economiche con la Russia, l’atteggiamento dominante è per la stragrande maggioranza quello della semplice indifferenza. Questa situazione si può leggere, almeno in parte, nel quadro del progressivo logoramento del diritto internazionale avvenuto negli ultimi decenni. Il rispetto delle regole, ad esempio l’articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite che vieta il ricorso agli eserciti per regolare i problemi tra gli Stati, non solo è stato clamorosamente violato dalla Russia di Putin nel 2022, ma anche dagli Stati Uniti di George W. Bush nel 2001 in Afghanistan e nel 2003 in Iraq. Per molti Paesi, anche gli interventi militari dei paesi NATO in Libia nel 2011 e in Kosovo nel 1999 rappresentavano forzature interventiste.

La questione è che siamo di fronte a un diritto internazionale à la carte, che serve per condannare il nemico ma mai per mettere in discussione le proprie azioni. Per i Paesi indifferenti al conflitto ucraino, la Russia sta esercitando il suo “diritto” di potenza tanto quanto altre potenze hanno fatto in passato. Questo a prescindere dalle farneticazioni con cui Vladimir Putin cerca di giustificarsi. Semplicemente assistono in modo neutrale a uno scontro che non sentono loro, e che considerano sulla scia di quanto le potenze mondiali – USA, Regno Unito, Francia, URSS e oggi Russia – hanno sempre fatto per tutelare i propri interessi: se necessario, combattendo guerre al di fuori del diritto internazionale. Questa alterazione del quadro della convivenza tra Stati risale ai tempi del colonialismo: forse non troppo paradossalmente, oggi sono anche alcuni Paesi ex coloniali a “giustificare” l’offensiva della Russia perché utile a difendere, anche se in modo maldestro e sanguinoso, i suoi interessi vitali di fronte ai Paesi NATO. I quali, in questo frangente, sono diventati legalisti.

Pochi, insomma, credono sinceramente nel diritto dell’Ucraina a essere uno Stato indipendente che decide in autonomia il proprio futuro; molti invece sondano la capacità militare russa, la debolezza di un’Europa assetata di risorse energetiche e l’efficacia degli armamenti utilizzati da entrambe le parti, in una partita di Risiko dove perderanno quasi tutti. Ma non tutti. Nella tradizione cinese, il vero vincitore di una guerra è chi non la combatte: e alla fine saranno i grandi Paesi rimasti neutrali a dover ricostruire, quando le armi taceranno, un tessuto di relazioni saltato in aria. Quando l’auspicato cessate il fuoco avverrà, il compito sarà immane: anzitutto si dovrà discutere dell’assetto territoriale ucraino, in secondo luogo discutere finalmente di aree di influenza tra Europa e Russia. L’Unione Europea dovrà decidere se dotarsi di un proprio dispositivo di sicurezza oppure continuare a prendere ordini da Washington attraverso la NATO. Ci sarà anche da riflettere sul diritto internazionale e le sue istituzioni, se sono definitivamente da buttare via o invece è possibile rilanciare la riforma del Consiglio di Sicurezza. E infine bisognerà tornare all’agenda del vero problema che mette in dubbio il futuro della Terra, il cambiamento climatico. Un’emergenza che, se non sarà affrontata collettivamente, non potrà mai essere risolta. La divisione manichea del mondo tra virtuosi e fuorilegge, a geometrie variabili, non aiuta a trovare soluzioni ai grandi temi. Se si vuole il rispetto del diritto internazionale occorre metterlo in condizioni di funzionare efficacemente; se si vuole discutere seriamente di cambiamento climatico bisogna fare lo sforzo di mettersi nei panni degli altri. Dialogo, politica e diplomazia dovrebbero essere le tre parole d’ordine per il dopoguerra, se avremo imparato qualcosa.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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L'Ambrosiano

Scorie e Liberazione da rinnovare ogni giorno

Scrivo con amarezza. Mi preparavo a far memoria viva del 25 aprile, come molti della mia generazione nata con la guerra, nella convinzione che si può resistere all’inumano di Putin. E mi trovo a fare i conti con: sondaggi secondo cui un italiano su 3 ritiene i massacri di Bucha una montatura della propaganda di Kiev; polemiche scoppiate nell’ANPI se è Resistenza quella ucraina e quindi se merita l’invio di armi (i dirigenti oggi studiano storia?); politica nazionale pro Zelenski che teme che il conflitto contagi l’Europa, poi da destra fa le barricate sul catasto (in difesa di evasori e non trasparenza) e da sinistra (altro nome?) non riesce ad imbastire qualcosa appunto “di sinistra” in termini di visione internazionale, pace, giustizia sociale; imprenditori che lamentano i costi dell’energia, ma non fanno investimenti massicci in fonti rinnovabili; Governo che cerca alternative alla Russia da Paesi che con la democrazia han poco da spartire (l’Egitto che ci irride sul caso Regeni ma dà il gas). Facendo fatica mi son dato un paio di spiegazioni al clima preoccupante. La prima: minimizzare o negare i crimini di guerra di Putin rientra tra i meccanismi di difesa: se ridimensiono la portata d’una minaccia tengo lontana la paura, m’illudo di controllarla. La seconda: litigare nell’ANPI è incultura e poco senso istituzionale; uno dei frutti del contagio psichico del long Covid. Insomma, un reflusso di scorie da cui non lasciarsi travolgere però; reagire. «Senza memoria non si va avanti, non si cresce». Mi aggrappo a Francesco. In linea vedo le interviste di Gad Lerner a protagonisti della Liberazione uomini e donne della porta accanto messe in onda da Rai 3. E le testimonianze di parte cattolica in un documentario di TV 2000 per il 25 aprile: “Il coraggio della libertà”. È rievocato un prete milanese, don Giovanni, che fatta la Resistenza al liceo ci diceva: «Non esistono liberatori, ma popoli che si liberano». Si chiamavano “Ribelli per amore”, lui e altri delle Fiamme Verdi. Ripartire dall’amore stempera l’amarezza e fa guardare avanti con fiducia: le scorie intralciano ma non bloccano. Come le tenebre (il nero fascista): non prevalebunt, ci sono ma non prevarranno. È Resistenza!

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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La scuola non serve a nulla

“LE TAURINIADI!”

Post solo promozionale per lanciare
“LE TAURINIADI”:
Rassegna personale completa dei monologhi di Antonello Taurino, che sarei io,  allo ZELIG CABARET di Milano.
Chi li ha visti, parli e diffonda. Chi non li ha visti, si fidi.
Tutti gli spettacoli allo ZELIG, Viale Monza 140, Milano; inizio alle 21.15.
– Giovedì 21 aprile 2022: “COMEDIAN” (2008, e a seguire…) “Quasi uno stand-up Comedy Show” Di e con Antonello Taurino Scritto con Carlo Turati Ospite Speciale: Rubes Piccinelli https://www.areazelig.it/dettaglio-programmazione.php?ev_id=427&cal_id=879&act=prog
– Giovedì 28 aprile 2022: “LA SCUOLA NON SERVE A NULLA 2.0” (2018) Di e con Antonello Taurino Scritto con Carlo Turati Produzione Teatro della Cooperativa https://www.areazelig.it/dettaglio-programmazione.php?ev_id=428&cal_id=880&act=prog
– Giovedì 5 maggio 2022: “SONO BRAVO CON LA LINGUA” (2020) Di e con Antonello Taurino Scritto con Carlo Turati Produzione Teatro della Cooperativa https://www.areazelig.it/dettaglio-programmazione.php?ev_id=440&cal_id=897&act=prog
– Martedì 10 maggio 2022: “TROVATA UNA SEGA!” (2014) Racconto su Livorno, Modigliani e lo “Scherzo del Secolo” Di e con Antonello Taurino Tecnica: Ornella Banfi e Jacopo Gussoni https://www.areazelig.it/dettaglio-programmazione.php?ev_id=441&cal_id=898&act=prog
Niente, vi aspetto!
  • Antonello Taurino

    Docente, attore, comico, formatore: in confronto a lui, Don Chisciotte è uno pratico. Nato a Lecce, laurea in Lettere e diploma in Conservatorio, nel 2005 si trasferisce a Milano. Consegue il Diploma di attore nel Master triennale SAT 2005-2008 del M° J. Alschitz e partecipa a Zelig dal 2003 al 2019. Si esibisce anche inglese all’estero con il suo spettacolo di Stand-up, Comedian. Attualmente è in tournèe con i suoi spettacoli (non tutti la stessa sera): Miles Gloriosus (2011), Trovata una Sega! (2014), La Scuola non serve a nulla (2016) e Sono bravo con la lingua (2020). La mattina si diverte ancora tanto ad insegnare alle Medie. Non prende mai gli ascensori.

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    Notizie, opinioni, punti di vista tratti da un'ampia gamma di fonti - stampa cartacea, social media, Rete, radio e televisioni - per informarvi sui principali avvenimenti internazionali e su tutto quanto resta fuori dagli spazi informativi più consueti. Particolare attenzione ai temi delle libertà e dei diritti.

    Esteri – La rassegna stampa internazionale - 14-03-2025

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    "Blues e dintorni" vuole essere un programma dove il termine blues sta soprattutto a significare musica dell'anima, non necessariamente espressa in dodici battute. Questo vuol dire che ci sarà anche canzone d'autore, dialettale e magari anche elettronica se il principio di fondo verrà rispettato. Insomma musica circolare purchè onesta e genuina che prevede anche ospiti in studio qualora ce ne sia la possibilità. Un'ora di chiacchiere (poche) e musica (tanta) per addentrarci lentamente nella notte. FOTO|  Rodrigo Moraes  from São Paulo, brazil, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

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    "Labirinti Musicali" ideato dalla redazione musicale classica di Radio Popolare, in ogni episodio esplora storie, aneddoti e curiosità legate alla musica attraverso racconti che intrecciano parole e ascolti. Non è una lezione, ma una confidenza che guida l’ascoltatore attraverso percorsi musicali inaspettati, simili a un labirinto. Il programma offre angolazioni nuove su dischi, libri e personaggi, cercando di sorprendere e coinvolgere, proprio come un labirinto acustico da esplorare.

    Labirinti Musicali - 13-03-2025

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    L’ultimo approfondimento dei temi d’attualità in chiusura di giornata

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    Ogni giovedì alle 21, l’auditorium Demetrio Stratos di Radio Popolare ospita concerti, presentazioni di libri, reading e serate speciali aperte al pubblico.

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    Uscita di Sicurezza di giovedì 13/03/2025

    La trasmissione in collaborazione con la Camera del Lavoro di Milano che racconta e approfondisce con il vostro aiuto le condizioni di pericolo per la salute e la sicurezza che si vivono quotidianamente nei luoghi di lavoro. Perché quando succede un incidente è sempre troppo tardi, bisognava prevedere e prevenire prima. Una questione di cultura e di responsabilità di tutte e tutti, noi compresi. con Stefano Ruberto, responsabile salute e sicurezza della Camera del Lavoro di Milano.

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    A fine giornata selezioniamo il fatto nazionale o internazionale che ci è sembrato più interessante e lo sviluppiamo con il contributo dei nostri ospiti e collaboratori. Un approfondimento che chiude la giornata dell'informazione di Radio Popolare e fa da ponte con il giorno successivo.

    L’Orizzonte delle Venti - 13-03-2025

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    Esteri di giovedì 13/03/2025

    1) La distruzione delle strutture di assistenza riproduttiva a Gaza è genocidio. In un rapporto l’Onu evidenzia come Israele abbia ripetutamente e intenzionalmente colpito la capacità riproduttiva dei palestinesi. (Giordano Segneri - Ufficio Onu per gli aiuti umanitari a Gaza) 2) Vladimir Putin apre alla possibilità di una tregua di 30 giorni con l’Ucraina, ma vuole discutere i dettagli con gli Usa. Questa sera il presidente russo incontra a Mosca l’inviato di Trump (Giovanni Savino - Università di Napoli, Roberto Festa) 3) Sud Sudan, a rischio la tregua nel più giovane stato africano. Riesplodono gli scontri tra le due principali etnie del paese. (Sara Milanese) 4) Armi per Pensioni. In Francia il tavolo sul sistema pensionistico si scontra con il contesto internazionale e con i costi del riarmo. (Francesco Giorgini) 5) Argentina, il mistero degli Ultras che protestano con i pensionati. Un gruppo di tifoserie organizzate si sono uniti alle manifestazioni settimanali contro i tagli di Milei, ma potrebbero agire per conto di terzi. (Alfredo Somoza) 6) World Music. A 50 anni dall’Indipendenza di Capo Verde, Mario Lucio pubblica il suo nuovo album Indepandance. (Marcello Lorrai)

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    Poveri ma belli di giovedì 13/03/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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