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La scuola non serve a nulla

Le uscite di Concita. Da Harvard a Massa Lubrense, un’idea per il prossimo sciopero…

Interrompo il reportage a puntate sull’ISHS Conference (la conferenza della “Società internazionale di studi umoristici”: riprenderemo dalla terza la prossima settimana), per fare una cosa che su questo Blog non faccio mai: star sul pezzo, parlar d’attualità, commentare il fatto del giorno. Cosa che odio, ma stavolta la straordinarietà dei fatti merita l’eccezioneche conferma la tegola ( etrattandosi di scuola, speriamo che non caschi).

Avrete sicuramente saputo della frase di Concita De Gregorio nella puntata di mercoledì scorso di “In Onda”, ripetuta poi anche sulla rubrica della giornalista stessa, “Invece Concita. Verbatim: “Mario Draghi, a volte, assume questo tono da titolare di cattedra Harvard che è finito in un alberghiero di Massa Lubrense”.

Certo, in tempi di grande e diffusa permalosità, De Gregorio avrebbe potuto scegliere altre parole, e avrebbe potuto  anche evitare di riproporle sulla sua rubrica (anche ai grandi professionisti, vedi i rigori di Baggio e Maradona, capita di sbagliare); sì, la giornalista avrebbe potuto facilmente prevedere che una tale similitudine, un po’ troppo “indirizzata”, non sarebbe passata inosservata ai ditini degli animi più suscettibili, sempre pronti a levarsi alti e saccenti nel rimbrotto parlando di sé stessi, i diti, invece della luna. Per quanto il nome della cittadina fosse citato, evidentemente, solo come esempio di “piccolo paese”, mentre alberghiero, altrettanto evidente, stesse a significare solo “scuola non specializzata sugli studi umanistici”; entrambi da contrapporre in antitesi a “Harvard” (tra l’altro, un Istituto Alberghiero a Massa Lubrense non c’è neanche, a riprova del tono solo ipotetico e immaginifico dell’espressione).

Apriti cielo: ne è seguita la solita tempesta di critiche, francamente spropositate ed eccessive, in rapporto, come sempre in questi casi, all’entità dell’innesco. E non ci si è fermati qui: da prof. del Sud e che ha insegnato quasi sempre in aree disagiate, ho trovato esagerate la raccolta di firme, le richieste di scuse, le lettere aperte rivolte alla giornalista e, addirittura, le minacce di adire vie legali in caso di mancato riconoscimento dell’errore! E posto che magari insegnare a Harvard non sarà più difficile che insegnare a Massa Lubrense, andrebbe banalmente almeno ricordato che è più difficile arrivarci, a Harvard. Lo so, è sempre la stessa dinamica a scatenarsi in questi casi, è ormai sempre lo stesso rituale colletivo di purificazione. Ma stavolta la faccenda mi ha fatto pensare a due cose:

– Da questa storia si può intravedere, in controluce, la condizione d’una classe docente talmente martoriata da cadere facilmente in infantili e automatici istinti di reazione, spesso in modo del tutto acritico. Un misto di due fattori: da un lato, quasi un aggressivo riflesso pavloviano, del tipo “ultimamente la scuola è stata così vessata, in pensieri parole opere e omissioni, che chiunque la citi, in qualsiasi modo, io lo azzanno, senza manco peritarmi d’andare a capire che ha detto veramente”; dall’altro, una vanitosa volontà del singolo di mettersi in mostra sul web, un “non sono nessuno, vorrei visibilità… e come faccio? Ecco, allora post di sdegno contro Concita, questa radical chic dei miei stivali. Così impara, così chiede scusa e così le spiego – ciò che Concita e tutti noi sappiamo benissimo – che all’alberghiero si lavora tantissimo bla bla bla… E diamine, vuoi che non dica la mia sulla polemica del giorno? Son tutti lì a pendere dalle mie labbra”. E via, tutti a provare a raccattare un po’ di gloria sui social. Ma, posto che così si tradisce anche una certa invidia per il fatto che nessuno di noi sarà costretto a scusarsi per i nostri errori (mentre Concita sì), sconcerta però, soprattutto su pagine frequentate da docenti, questo ridurre tutto al solito automatismo dello sdegno sul fatto di giornata, al “mi indigno, dunque sono”. E ancor di più, l’andare a commentare, sotto i post, con frasi di scherno del tipo “Giornalista, la De Gregorio???”, “Falsa, ipocrita, montata!” fino a “Chissà come è arrivata lì” o “Cita De Gregorio”. Chiaro, commenti che non rappresentano la totalità degli utenti, ma una quantità preoccupante sì, se si pensa – ripeto – che gli autori sono quasi sempre docenti: coloro che per primi dovrebbero non solo trattenere questi istinti, ma insegnare anche ai nostri alunni come trattenerli. E che dovrebbero anche far riflettere, più semplicemente, sull’utilizzo del linguaggio figurato: un po’ come se, dopo aver pronunciato in pubblico l’espressione “Stiamo menando il can per l’aia!”, si ricevesse una richiesta di scuse da parte di associazioni cinofile per aver maltrattato animali.

– Il benaltrismo è sempre negativo, è quasi “il mal dei mali”, anche in tempi in cui c’è in corso una guerra quasi nucleare, la pandemia che avanza, il governo che cade e la siccità che attanaglia. Ma vedere l’energia e l’impegno profusi in questa ondata di reazione, mi ha fatto pensare… ecco! L’idea geniale! Sì, lo stratagemma per far finalmente registrare una massiccia adesione al prossimo sciopero nazionale della scuola: sì, visto il livello di indignazione, basterà convincere Concita De Gregorio, quando sarà, a pronunciare nella sua trasmissione in TV la seguente dichiarazione:

“Questi docenti, divisi e ignoranti come sono, non sciopereranno di certo. No, non lo faranno mai, sono troppo stupidi. A loro queste condizioni da schiavitù vanno benissimo: l’importante è che possano lamentarsi e sfogarsi su Facebook: questo vogliono, mica migliorare le loro condizioni. Deficienti come sono, non sanno che non hanno altro mezzo se non lo sciopero, se davvero vogliono sti 200 euro, l’aumento, ecc… Oh, neanche fossero tutti docenti dell’alberghiero di Massa Lubrense!”.

E finalmente, partecipazione con percentuali bulgare!!!

Adesione in massa!!! (Lubrense, ovviamente…)

 

 

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dagli apprezzamenti, ai consigli, alle critiche fino agli insulti

(questi ultimi però purchè formulati rigorosamente in lingue antiche), scrivete a: antonellotaurino1@gmail.com .

 

  • Antonello Taurino

    Docente, attore, comico, formatore: in confronto a lui, Don Chisciotte è uno pratico. Nato a Lecce, laurea in Lettere e diploma in Conservatorio, nel 2005 si trasferisce a Milano. Consegue il Diploma di attore nel Master triennale SAT 2005-2008 del M° J. Alschitz e partecipa a Zelig dal 2003 al 2019. Si esibisce anche inglese all’estero con il suo spettacolo di Stand-up, Comedian. Attualmente è in tournèe con i suoi spettacoli (non tutti la stessa sera): Miles Gloriosus (2011), Trovata una Sega! (2014), La Scuola non serve a nulla (2016) e Sono bravo con la lingua (2020). La mattina si diverte ancora tanto ad insegnare alle Medie. Non prende mai gli ascensori.

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Mia cara Olympe

Alle elezioni, in un silenzio senza desiderio

È un silenzio senza desiderio quello che, temo, abbia colpito tanti di noi davanti allo spettacolo di infima categoria della caduta del governo Draghi.

Al silenzio, diciamolo, eravamo già abituati: il silenzio della distanza da chi ci rappresenta, ma anche quello sceso tra noi usi a definirci popolo di sinistra, e penso per esempio, prima ancora che al giudizio su questa crisi o alle tante disillusioni accumulate negli anni, alle differenze profonde che la guerra ha scavato. (A proposito, per chi sta a Milano e mentre Odessa è oggetto di un attacco missilistico russo: non perdete – capirete di più e altro sulla guerra e su quel  luogo – la mostra fotografica QUI ODESSA. Cronache da una città che trattiene il respiro, straordinario progetto della fotografa ucraina Anna Golubovskaja e di Eugenio Alberti Schatz, autore e critico, che lo ha portato prima su Doppiozero come narrazione e ora, in forma espositiva, al Palazzo delle Stelline).

Dicevo, il silenzio. È di più stavolta, e mentre le elezioni (e un probabile governo di destra, chissà Meloni premier?) sono dietro l’angolo di questa estate rovente e neanche più l’ironia soccorre. Come potrebbe peraltro, se, da un lato, i media ci propongono un Salvini senza barba con sfondo di madonne variamente oranti e le stantie promesse  – più pensioni per tutti – di Berlusconi e, dall’altra, ci tira per le orecchie un prete come Matteo Zuppi ricordandoci, oggi sulla Stampa, che i sei milioni di persone in povertà pagano il prezzo più alto di questa assurda crisi politica che rischia di bloccare o ritardare i fondi del Pnrr, e sappiamo (non tutti, pare) quanto disperato bisogno ne abbia l’intero paese.

E’ che, stavolta, letteralmente, ogni desiderio di politica – più eguaglianza, più sguardo sul futuro o quel che volete voi –  appare sfibrato e vuoto, se non retorico, prima ancora di essere detto e, dunque, non arriva ad essere neanche formulato: effetto degli ultimi anni, di tutte le giravolte, della pandemia, della guerra, mentre qualunque populismo dilagava e imbarbariva. Anche a sinistra, certamente. Con questa improvvida crisi, poi, si è archiviata anche la residua speranza che una qualche serietà e competenza guidasse l’azione pubblica: di questi tempi in cui alla gravità dei problemi corrisponde una qualità bassissima del ceto politico, non era per niente, dentro e fuori le mura italiche, poco.

Andremo a votare a settembre, d’accordo: mi è quasi impossibile pensare di non farlo, per generazione e cultura politica. Senza desiderio però e comprendendo di più, stavolta, chi non lo farà.

 

 

 

 

 

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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La scuola non serve a nulla

Cosa? Una conferenza internazionale sull’Umorismo? Ma scherziamo? Dai, su… – Puntata 2

Cosa? Una conferenza internazionale sull’Umorismo? Ma scherziamo? Dai, su… - Puntata 2

La settimana scorsa avevo iniziato a raccontarvi dell’ISHS Conference, l’annuale conferenza dell’International Society of Humour Studies (cioè, la Società Internazionale di studi sull’Umorismo), riassumendovi il senso degli interventi più interessanti. Oddio, ve ne avevo presentato solo uno, a mo’ di cliffhanger con la puntata dopo, come nelle migliori serie… e siccome in uno scenario internazionale con guerra, aumento sconsiderato del prezzo delle materie prime, inflazione, siccità e risalita dei casi Covid, una cosa piccina come una crisi di governo in Italia mi pare al confronto quasi un ritorno alla normalità, alle vecchie usanze d’un tempo, un sicuro focolare domestico che dona un senso di confortevole stabilità (ah, le vecchie care abitudini: “in fondo, non sta poi cambiano così tanto, il mondo”…) eccomi qui, tutto tranquillo in questa seconda attesissima puntata, a presentarvi gli altri interventi.

Occhio che alcuni erano davvero fichi.

Christian Hempelmann, tedesco, ha proposto una panoramica su come in varie culture la parola “merda” venga usata in barzellette e battute. Facendomi ritornare alla mente quella frase di Steven Pinker, che diceva che “a volte può essere più volgare la parola pulita della parolaccia, visto che ‘merda’ potrebbe essere anche ‘disdetta’; mentre ‘escrementi’ può essere solo ‘merda’”. Effettivamente…

Andrew Olah ha analizzato il caso di scuola di “Card Against Humanity”, il celebre gioco da tavola lanciato sul mercato da Amazon con lo slogan “A party game for horrible people”, visto che, sì, è costruito su botta e risposta ispirate allo humour più nero, cinico e – anceh se non volutamente – offensivo. Grande successo in America, ma anche tantissime critiche e feroce dibattito: a tal proposito, Olah ha posto l’accento su una distinzione che potrà sembrare un bizantinismo insignificante, e cioè che “anche la battuta più aggressiva su una certa categoria sociale non crea il pregiudizio: semmai lo permette”. Ugualmente grave? Certo, ma in un altro studio egli ha dimostrato che non c’è nessun legame tra la reale messa in pratica di comportamenti offensivi, anche verbali, e la fruizione del black humour (anche quello più estremamente spietato, con turpiloquio, linguaggio discriminatorio in ambito etnico e sessuale; e sia nel senso della produzione attiva che in quello dell’esposizione passiva). Quando è presente l’intenzione umoristica, anche una bad word solitamente usata in senso offensivo viene comunque inserita in una cornice, anche solo accennata, di narrazione: questo contribuirebbe automaticamente a creare empatia, fosse anche minima, tra soggetto narrante e narrato. Al contrario, si sono registrati più spesso comportamenti violenti e aggressivi in soggetti che usano questi termini come insulto tout court, come parola singola o termine decontestualizzato; e mai a fini umoristici. Ovviamente, tutto ciò (attenzione!) non è un lasciapassare per il libero uso di linguaggio discriminatorio (“tanto basta inserirlo in una barzelletta”): è solo un’analisi a posteriori di quanto accaduto nei casi studiati. No, perché se no altrimenti Pio e Amedeo sono di nuovo dietro l’angolo…

Come Tristan Miller prima (vedi puntata precedente) il professor Salvatore Attardo (docente italiano alla Texas University) ha celebrato Erving Goffman, che tutti citano ma che forse nessuno ha letto”. Uno scrittore e studioso che, sebbene non abbia prodotto “una visione scientificamente sistematica sull’umorismo”, ha però offerto nei suoi scritti numerosi, gustosi e interessantissimi spunti di lettura sulla società moderna. A me è venuto in mente un misto tra Pasolini e Flaiano, ma non so se rende (o se, soprattutto, ho capito male io). Attardo, a proposito di Goffman, si è soffermato a chiarire la differenza tra due differenti elementi contestuali entrambi necessari per poter comprendere se e quando l’intenzione comunicativa del parlante è umoristica, cioè la “key” e la “frame”: la prima è sociale e generale, l’altra individuale e personale. Ah ecco!

La professoressa Chiara Bucaria, dell’Università di Barcellona, ha proposto un argomento a me molto caro: l’uso dell’umorismo a scuola. Come usarlo correttamente? Che azioni proporre? Cosa fare in pratica? La ricercatrice ha suggerito varie attività tutte molto concrete e ben strutturate (non ultimo: il “contest di comicità tra alunni a scuola”, perché no?). Questa preparazione didattica è da lei giudicata molto più importante della personale disposizione caratteriale del docente all’umorismo, perché questo, se usato male, può portare a peggiorare le capacità di gestione della classe. Bucaria ha proposto poi un curioso quanto suggestivo modello didattico per l’umorismo in classe, in cui ogni diversa funzione è esemplificata da un particolare strumento: il cacciavite è il “pensiero positivo”, la vite è la “capacità di relazione interpersonale”, il martello è la “ragione per cui combattere” e il bullone una sorta di “centro interno di controllo”. Figo!

Daniel Bobker ha presentato, nel suo “Humour in Art and Art in Humour”, un confronto (mi pare, troppo schematico) tra l’artista e lo stand-up comedian, calcando la mano per marcare volutamente delle differenze tra queste due figure. I primi non possono che essere bohemiens in cerca dell’assoluta purezza; i secondi difficile che parlino se non di aspetti triviali per arrivare al pubblico vasto e crasso, e quindi al successo. Ma magari! (e poi: niente sfumature di grigio? Non dico cinquanta, ma almeno due o tre…)

E chiudiamo con Luca Bischetti, ricercatore allo IUSS di Pavia, il quale ha proposto, nel suo “Covido ergo Zoom”, un interessante studio sulla produzione comica di battute, meme e strisce su web e social media durante la pandemia di Covid-19 (e, soprattutto, con il Covid come argomento umoristico primario). “I risultati dello studio hanno mostrato che le forme comiche legate al Covid-19 non apparivano più divertenti degli stimoli su temi generali, ma al contempo erano caratterizzate da una marcata sensazione di disturbo. Sui giudizi di divertimento e disturbo, inoltre, influivano l’età e l’uso dell’umorismo come meccanismo di coping. La ricerca ha rivelato che non tutti percepiscono allo stesso modo l’umorismo sul Covid-19, che anzi per alcuni può risultare particolarmente disturbante. Questi dati arricchiscono la letteratura sull’umorismo nero, ponendo l’accento sulle differenze individuali nella risposta emotiva all’umorismo ispirato al Covid-19”. Da notare come, con il passare del tempo, l’effetto umoristico di questo materiale sul Covid sia andato via via scemando, ma che la percezione di disturbo è rimasta stabile: non è aumentata. E che “bisognerebbe sempre distinguere tra un enunciato che rispetta i meccanismi del comico, le intenzioni umoristiche (e comunicative) con cui viene veicolato, e la resa effettiva o “perlocutiva” dell’enunciato stesso, cioè se lo stimolo comico è percepito come tale (e quindi se il destinatario, banalmente, ride)”.

Ecco, soprattutto quest’ultima distinzione credo debba essere sempre tenuta in considerazione, quando si ragiona su satira, censura, umorismo “troppo duro”, cose che non si possono dire…

E finisce qui? Ma no: gli altri ve li svelo la prossima settimana!

 

 

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  • Antonello Taurino

    Docente, attore, comico, formatore: in confronto a lui, Don Chisciotte è uno pratico. Nato a Lecce, laurea in Lettere e diploma in Conservatorio, nel 2005 si trasferisce a Milano. Consegue il Diploma di attore nel Master triennale SAT 2005-2008 del M° J. Alschitz e partecipa a Zelig dal 2003 al 2019. Si esibisce anche inglese all’estero con il suo spettacolo di Stand-up, Comedian. Attualmente è in tournèe con i suoi spettacoli (non tutti la stessa sera): Miles Gloriosus (2011), Trovata una Sega! (2014), La Scuola non serve a nulla (2016) e Sono bravo con la lingua (2020). La mattina si diverte ancora tanto ad insegnare alle Medie. Non prende mai gli ascensori.

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La scuola non serve a nulla

Cosa? Una conferenza internazionale sull’Umorismo? Ma stiamo scherzando? Dai, su… – Puntata 1

Sì, non tutti l’avranno saputo, immagino… ma dal 29 giugno al 2 luglio si è tenuta a Bertinoro (FC), organizzata dall’Università di Bologna, l’importante ISHS Conference, l’annuale conferenza dell’International Society of Humour Studies (cioè, la Società Internazionale di studi sull’Umorismo). Oddio, annuale: causa Covid, l’ultima è stata in Canada nel 2019, e poi più nulla… ma andiamo con ordine perché la faccenda, vi assicuro, è stata molto, molto interessante.  E per meglio farvi apprezzare quanto figo sia stato, lo divido in quattro appuntamenti. Perché n’è valsa davvero la pena!

Per i tanti che non lo sapessero, l’International Society of Humour Studies (riporto dal sito) “è un’organizzazione accademica e professionale dedicata al progresso della ricerca sull’umorismo. Molti dei membri della Società sono professori universitari in Lettere e discipline umanistiche, Scienze biologiche, sociali e filosofiche. La Società comprende anche professionisti nei settori della consulenza, della gestione, dell’assistenza infermieristica, del giornalismo e del teatro. I nostri membri ricercano le molteplici sfaccettature dell’umorismo, incluso il suo ruolo negli affari, nell’intrattenimento e nell’assistenza sanitaria, nonché come l’umorismo varia in base alla cultura, all’età, al sesso, allo scopo e al contesto”, In altre parole, si tratta di un consesso largo e variegato di studiosi (per lo più psicologi, sociologhi e semiologi) provenienti da tutto il mondo (ça va sans dire, soprattutto università inglesi o americane) che hanno scelto l’umorismo e il riso come perno della loro ricerca accademica, in un approccio dialogato e multidisciplinare che superi e integri i loro ambiti scientifici d’origine. Gli italiani, comunque, si raggruppano intorno alla rivista R.I.S.U.

I suddetti studiosi non si occupano quindi della creazione dell’umorismo, né insegnano come generarlo (niente della loro attività può essere ricondotto a quella di un corso di scrittura creativa, o di un laboratorio comico); a loro interessa invece analizzare, una volta che l’umorismo si sia manifestato, i suoi effetti, le sue applicazioni e le implicazioni sociali, e nei più diversi campi. Potremmo dire che i membri della Society stanno ai comici come i critici letterari ai poeti; cionondimeno questi studiosi si interessano non solo del comico “creato ad arte” (per la pubblicazione sul web, per l’uso su un palco, o per le battute di un film), ma anche di quello “involontario”, che scaturisce casualmente dai nostri intoppi quotidiani; oppure, di come l’humour viene strumentalmente usato nel linguaggio politico o pubblicitario.

Comunque, arrivo a Bertinoro, e la prima cosa che noto – e vi ho già detto che la Conferenza si tiene in Italia! – è proprio la scarsità di italiani: su un centocinquanta persone, tra studenti e relatori, dal Bel Paese saremmo stati solo in meno di dieci (tra questi, il decano degli studiosi dell’umorismo in Italia, nonché caro amico, il prof. Forabosco, e il ricercatore, amico anche lui, Matteo Andreone). E qui si intrufola il primo acido pensiero: ma come, anni a disquisire, postare e pestarci tra noi comici sui (presunti) limiti della satira, sulla “cattiveria” e la libertà della medesima, su #jesuischarlie, su ciò su cui è lecito scherzare, sulla censura… e qui, dove finalmente se ne parla con approccio scientifico, siam quattro gatti? Mi riferisco alle laceranti diatribe (oramai, fortunatamente, quisquiglie dell’anteguerra) su Cabaret e Stand-up, e soprattutto sulla goffa risemantizzazione di quest’ultimo termine che, nato in origine nei paesi anglosassoni per indicare semplicemente il “comico”, in generale (cioè, tutto ciò da cui, in Italia, ci si voleva distinguere usando questo termine), è passato poi in italiano a indicare ciò che in Italia in realtà già c’era, cioè il monologhista “caustico e cattivo”. Insomma, una sorta di autocertificazione di qualità e soprattutto “di novità”, semplicemente cambiando lingua nel definire ciò che già si faceva. Alcuni interventi hanno, indirettamente, chiarito come in Italia su questa faccenda, e per una distorsione esterofila, si sia creduto al tragico fraintendimento per cui i comici anglosassoni siano in qualche modo più “cattivi, politically uncorrect”, con “meno peli sulla lingua” e più “liberi dalla censura” rispetto agli italiani. Fraintendimento dovuto sia al fatto che di questi paesi si guardava solo ai “giganti” (se ci si volesse fare un’idea del livello di libertà dei comici italiani guardando soltanto a Fo, Guzzanti, Gaber… o Lundini, Maccio, Bergonzoni… o anche Benigni pre-Oscar, Grillo pre-politica o Luttazzi pre-plagio… be’, si avrebbe un’idea falsata sul panorama medio di tutti gli altri comici italiani meno celebri, che magari meno facilmente possono infrangere tabù o parlare di argomenti ostici), ma anche al fatto che lì all’estero, i tabù ci sono, eccome: semplicemente, sono diversi dai nostri. Altro fraintendimento: che in quel contesto anglosassone non si usino i giochi di parole, i puns (tradizione invece lì fiorentissima, quasi più che da noi); ma se si inizia a conoscere quel mondo solo dai video sottotitolati di Youtube, difficile che un appassionato inglese possa anche solo trovare un video di Bergonzoni, o uno italiano un video di Tim Vine. Insomma, si conferma l’idea che in Italia ci sia (stata?) nient’altro che la MisunderStand-up Comedy. Ma fortunatamente tutta la faccenda ha avuto anche esiti molto positivi: ad esempio, la rivitalizzazione della scena comica live nei locali, ma anche l’aver trasformato simbolicamente l’ideale “Università dei monologhisti in Tv” da “una facoltà a numero chiuso a una a numero aperto”.

Ma con ordine, in breve, gli interventi che più ho apprezzato alla Conferenza.

Parte il Professor Tristan Miller, che tratteggia la pazzoromanzesca figura di Reinhold Aman, fine linguista e pioniere mondiale dello studio del turpiloquio, e che fondò pure una rivista accademica, sull’argomento, Maledicta, per la quale finì anche in prigione (attualmente, ancora l’unica rivista a pubblicare studi esclusivamente su questo argomento). Una “passione” nata a seguito dei suoi studi filologici sul tedesco medievale, ma che verso la fine della sua vita lo aveva portato a vantarsi “di saper insultare in 200 lingue”.  Grande!

E poi? E poi basta, mi fermo perché lo spazio è finito ma soprattutto perché, della prima giornata, mi ricordo solo lui…

Alla prossima!

 

 

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  • Antonello Taurino

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L'Ambrosiano

La Marmolada e i seracchi della politica

Si muore per mano umana. La parola fatalità copre responsabilità individuali e collettive, invischiando le indagini in meandri cari a legali che mirano alla prescrizione. Accertare la verità imbarazza un po’ tutti. Anche quando a provocare vittime sono eventi naturali (terremoti, inondazioni, frane) i lutti van per lo più addebitati a comportamenti umani: omissioni; imperizie; incompetenze; condoni; abusivismo; piani regolatori a misura di interessi; speculazioni; leggi che lascian zone grigie e discrezionalità delle burocrazie. Per la tragedia della Marmolada ”evento imprevedibile” ha preso il posto di “fatalità”; ma il cambiamento climatico, causa del crollo, coinvolge l’elenco dei disastri cui l’uomo contribuisce. Un collega alpinista da due anni rinuncia al Cervino: non si sente sicuro vedendo lo stato del ghiaccio. Pensiero che hanno avuto ora a Courmayeur: tutto chiuso.

I disastri son moniti che legano eventi e aprono orizzonti. Con la Marmolada coincidono: niente piogge o grandinate; siccità; fiumi rigagnoli. In più ci si son messi: Putin l’invasore; missili; guerra di gas, cereali, fertilizzanti. La crisi squaderna i deficit di politica e amministratori locali. Il non governo delle trasformazioni è grave responsabilità pubblica, delle istituzioni, ma anche culturale (ethos collettivo) e privata: ci ha fatto comodo mantenere stili di vita, abitudini, consumi in barba alle evidenze del disastro annunciato. Emozionati dalla Marmolada rischiamo di non vedere ora i seracchi della politica (e non reagire). In Italia: la Lega che fa le barricate contro lo jus scholae, così ci si distrae dal malgoverno lombardo (Covid; allevamenti intensivi che inquinano, distorcono alimenti e consumi; niente invasi; marcite e fontanili alla malora); il 110 per cento identitario per i 5 Stelle, bandiera bianca dei diritti alla sicurezza dei cantieri; l’Eni al posto della Farnesina; Pd 1° anche in timidezza. A livello mondiale: in Usa regressione dei diritti; doverosa difesa di Kiev usata per la corsa agli armamenti; Erdogan su più tavoli tiene in scacco l’Europa (già fragile); al-Sisi che dà il gas ma non i boia di Regeni. Che seracco su libertà e democrazia! Di nuovo: Resistenza.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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    Mitologia Popular esplora e racconta il folclore e la cultura popolare brasiliana: da miti e leggende come Saci Pererê, Mula sem cabeça, Cuca alla storia di piatti tipici come la feijoada o la moqueca, passando per la letteratura, il carnevale, la storia delle città più famose e la musica, ovviamente. Conduce Loretta da Costa Perrone, brasiliana nata a Santos che, pur vivendo a Milano da anni, è rimasta molto connessa con le sue origini. È autrice del podcast Lendas con il quale ha vinto gli Italian Podcast Award per il secondo anno consecutivo.

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    The Box di mercoledì 27/11/2024

    Una trasmissione storica che ritorna, e nella sua essenza non cambia. L’interesse per la musica elettronica/dance in ogni sua decade con uno sguardo preciso al contemporaneo. Ma Tommaso Toma ama anche sondare generi e suoni diversi, dal periodo post punk new wave, gli anni ’80, ai crooner di ogni forgia. INSTAGRAM @tommasotoma

    The Box - 27-11-2024

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    News della notte di mercoledì 27/11/2024

    L’ultimo approfondimento dei temi d’attualità in chiusura di giornata

    News della notte - 27-11-2024

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    Il giusto clima di mercoledì 27/11/2024

    Ambiente, energia, clima, uso razionale delle risorse, mobilità sostenibile, transizione energetica. Il giusto clima è la trasmissione di Radio Popolare che racconta le sfide locali e globali per contrastare il cambiamento climatico e ridurre la nostra impronta sul Pianeta. Il giusto clima è realizzato in collaborazione con è nostra, la cooperativa che produce e vende energia elettrica rinnovabile, sostenibile, etica. In onda tutti i mercoledì, dalle 20.30 alle 21.30. In studio, Gianluca Ruggieri ed Elena Mordiglia. In redazione, Sara Milanese e Marianna Usuelli.

    Il giusto clima - 27-11-2024

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    L'Orizzonte delle Venti di mercoledì 27/11/2024

    A fine giornata selezioniamo il fatto nazionale o internazionale che ci è sembrato più interessante e lo sviluppiamo con il contributo dei nostri ospiti e collaboratori. Un approfondimento che chiude la giornata dell'informazione di Radio Popolare e fa da ponte con il giorno successivo.

    L’Orizzonte delle Venti - 27-11-2024

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    Giornale Radio mercoledì 27/11 19:30

    Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi. Tutto questo nelle tre edizioni principali del notiziario di Radio Popolare, al mattino, a metà giornata e alla sera.

    Giornale Radio - 27-11-2024

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    Gli impiegati pubblici fuggono da Milano

    Seimila dimissioni in un anno e mezzo, tra il 2022 e il 2023 il numero dei dipendenti pubblici, nel milanese, è sceso del 15%: 32 mila posti di lavoro in meno. I dati dell’Inps, elaborati dalla Camera del lavoro e dalla Funzione pubblica della Cgil, raccontano l’impoverimento del pubblico impiego a Milano: migliaia di posti di lavoro in meno, soprattutto nel servizio sanitario e negli enti locali, un calo di quasi un miliardo dei trasferimenti di risorse statali, stipendi troppo bassi per vivere in città. Ne abbiamo parlato con Lucilla Pirovano della Fp Cgil di Milano.

    Clip - 27-11-2024

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    Esteri di mercoledì 27/11/2024

    Il giro del mondo in 24 ore. Ideato da Chawki Senouci e in onda dal 6 ottobre 2003. Ogni giorno alle 19 Chawki Senouci e Martina Stefanoni selezionano e raccontano fatti interessanti attraverso rubriche, reportage, interviste e approfondimenti. Il programma combina notizie e stacchi musicali, offrendo una panoramica variegata e coinvolgente degli eventi globali.

    Esteri - 27-11-2024

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    Poveri ma belli di mercoledì 27/11/2024

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 27-11-2024

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    Gr in breve mercoledì 27/11 18:30

    Edizione breve del notiziario di Radio Popolare. Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi.

    GR in breve - 27-11-2024

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    Vieni con me di mercoledì 27/11/2024

    Vieni con me! è un’ora in cui prendere appunti tra condivisione di curiosità, interviste, e il gran ritorno di PASSATEL, ma in forma rinnovata!! Sarà infatti partendo dalla storia che ci raccontano gli oggetti più curiosi che arriveremo a scoprire eventi, iniziative od occasioni a tema. Eh sì, perché poi..ci si incontra pure, altrimenti che gusto c’è? Okay ma dove, quando e poi …con chi!?! Semplice, tu Vieni con me! Ogni pomeriggio, dal lunedì al venerdì, dalle 16.30, in onda su Radio Popolare. Per postare annunci clicca qui Passatel - Radio Popolare (link - https://www.facebook.com/groups/passatel) Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa, un oggetto particolare o proporti come espert* (design, modernariato o una nicchia specifica di cui sai proprio tutto!!) scrivi a vieniconme@radiopopolare.it Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni

    Vieni con me - 27-11-2024

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    Gr in breve mercoledì 27/11 17:30

    Edizione breve del notiziario di Radio Popolare. Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi.

    GR in breve - 27-11-2024

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    L'Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp

    Nell'intervista di Chawki Senouci a Jack, l'Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp presenta il nuovo album "Ventre Unique". Come riportato sul loro sito ufficiale, la OTPMD è un'orchestra in continua evoluzione, ispirata ai grandi gruppi africani del XX secolo come il Tout Puissant Orchestre Poly-Rythmo de Cotonou e omaggiante il rivoluzionario artista francese Marcel Duchamp.

    Clip - 27-11-2024

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    Le "Poesie al Banco" di Vimercate

    Oggi a Cult, in onda dal LAB Libri al banco di Vimercate, Ira Rubini ha avuto come ospiti il libraio Andrea Bressa (con un intervento anche di Sara Perego) e il poeta e graphic novelist Davide Passoni, con i quali ha parlato delle iniziative "Poesie al Banco".

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    Playground di mercoledì 27/11/2024

    A Playground ci sono le città in cui abitiamo e quelle che vorremmo conoscere ed esplorare. A Playground c'è la musica più bella che sentirai oggi. A Playground ci sono notizie e racconti da tutto il mondo: lo sport e le serie tv, i personaggi e le persone, le ultime tecnologie e le memorie del passato. A Playground, soprattutto, c'è Elisa Graci: per 90 minuti al giorno parlerà con voi e accompagnerà il vostro pomeriggio. Su Radio Popolare, da lunedì a venerdì dalle 15.00 alle 16.30.

    Playground - 27-11-2024

Adesso in diretta