Non è ancora nato il governo e Pro Vita cerca già di metterci le mani, spaventato da chi potrebbe essere il nuovo ministro dell’Istruzione e dai tentacoli della “lobby gay”. Facciamo un passo indietro in questa surreale vicenda.
In una nota, l’associazione attacca il lavoro della ministra alle Pari opportunità, Elena Bonetti, e il governo Draghi che hanno approvato la “Strategia Nazionale Lgbt+ 2022-25 per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere”, un documento che segue quello dell’Ue approvato nel 2020 che si dà degli obiettivi e ipotizza delle azioni da realizzare nei prossimi anni per abbattere le discriminazioni e favorire l’inclusione.
“Un regalo in extremis alla lobby gay”, ha commentato, invece, Pro Vita nella nota. L’associazione scrive: “Ci aspettiamo che il Governo Meloni vagli con attenzione questo documento e trattenga solo ciò che è effettivamente finalizzato al contrasto di discriminazioni sociali, stralciando qualsiasi riferimento all’ambito scolastico”.
Nel documento (qui consultabile) se si cerca la parola “scuola” si nota che le uniche azioni che vengono messe in campo sono per arginare i fenomeni di bullismo e cyberbullismo e l’obiettivo è “prevenire e contrastare la discriminazione di giovani Lgbt+ nelle scuole di ogni ordine e grado, mediante percorsi di educazione al rispetto delle differenze, percorsi di formazione per i dirigenti scolastici, i docenti, il personale Ata e diffusione di buone prassi”.
Quindi, “stralciando qualsiasi riferimento all’ambito scolastico”, Pro Vita intende eliminare le azioni che contrastano le discriminazioni e il bullismo, di fatto. O si è avventato a priori sul documento senza averlo letto?
Per chiedere una rottura con le politiche finora adottate (o meglio, con quanto le scuole stanno facendo autonomamente, visto l’impenetrabile silenzio del ministero sull’argomento), si appella a Giorgia Meloni, in quanto probabile prossima presidente del Consiglio, per assicurarsi che “il prossimo ministro dell’Istruzione sia una persona non solo dotata di visione e competenze d’area, ma politicamente schierata contro abusi come la ‘carriera alias’ e i ‘bagni gender’ che proliferano nelle scuole”.
Per cui, qualsiasi strumento sia utilizzato per far vivere più serenamente la scuola a una persona trans e che non comporti un coming out forzato – si pensi a come si può sentire Marco, una persona in transizione che non ha potuto ancora cambiare il nome anagrafico (un processo lungo e complicato), se durante l’appello in classe, davanti a 30 persone, viene chiamato Maria, perché gli viene negato di utilizzare un’identità alias – è considerato “un abuso” da parte di Pro Vita. Quindi meglio continuare a discriminare le persone, a farle bullizzare, a metterle a disagio davanti a tutti. Ma non è finita.
Nella stessa nota Pro Vita chiede che la futura presidente del Consiglio non prenda in considerazione il nome di Anna Maria Bernini (Forza Italia), circolato nei giorni precedenti, per guidare “il Miur” (una sigla, questa utilizzata dall’associazione, che tra l’altro non esiste più, vista la separazione dei ministeri di Istruzione e Università all’epoca di Lucia Azzolina e Gaetano Manfredi). Il motivo? Mancanza di interesse o competenze specifiche verso il mondo scolastico? No. L’unica motivazione è che la senatrice azzurra, si legge nella nota, è stata “più volte legittimamente orientata verso l’accoglienza delle istanze del mondo Lgbt”.
Per cui ricordate che non importa se a vostro figlio insegnano bene l’inglese o la matematica, l’importante è che il ministro che arriva stia attento a nascondergli l’esistenza del mondo Lgbt.
E se lo viene a sapere lo stesso perché il suo compagno di banco si è preso una cotta per un altro? O gli piace mettersi vestiti considerati femminili? O si fa chiamare “Francesca”, anche se sul registro c’è scritto “Luca”? Allora a quel punto, l’importante è negare la realtà, meglio che a scuola non si sappia, così l’apparenza è salva. Al massimo il suo compagno di banco verrà preso di mira, si porterà dietro qualche trauma psicologico, ma questo è forse un problema? Sicuramente, penserà Pro Vita, questo ragazzino sarà un lobbista di domani, della potente lobby gay.
Ma questo, in realtà, ha delle ripercussioni anche grandi nella vita delle persone. Traumi, disturbi psichiatrici, tentativi di suicidio. Giusto per dare un dato, secondo “Estimating the risk of attempted suicide among sexual minority youths: a systematic review and meta-analysis”, pubblicata su Jama Pediatrics nel 2018 e che considera un campione di quasi 2 milioni e mezzo di ragazzi eterosessuali e oltre 113mila appartenenti a “minoranze sessuali” tra i 12 e i 20 anni, i tentativi di suicidio tra gli adolescenti omosessuali superano di tre volte e mezzo quelli dei loro coetanei eterosessuali. Si arriva a 5,9 volte per i transgender.
Tra le cause, secondo i ricercatori, la visione che il mondo ha di loro, le difficoltà di riconoscimento all’interno della famiglia e dell’ambiente scolastico e dei gruppi di appartenenza.
Forse Pro Vita, se vuole continuare a portare questo nome, dovrebbe meditare su questi dati e ragionare sulle cause prima di proporre ai ministeri di intervenire per bloccare i tentativi delle scuole di essere più inclusive e, come sempre, più avanti della politica.