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Mia cara Olympe

Un pullman di che?

Caro Babbo Natale, so che sei molto impegnato e dunque la faccio breve: tra i tanti doni che sarebbe meraviglioso e necessario trovare sotto l’albero – una pace giusta in Ucraina o un impegno serio per salvare il nostro pianeta sono per me ai primi posti  – io quest’anno scelgo di chiederti una cosa in meno, non una in più.

Vorrei, caro Babbo Natale, che riuscissi con la magia natalizia a fare scomparire una parola dal vocabolario. La parola che vorrei vedere evaporare è troia. Il desiderio di quest’anno me lo ha suggerito quel brillantone di Berlusconi che è andato alla cena del Monza, inteso come squadra di calcio, e ha promesso ai giocatori, in caso di vittoria contro la Juve e altre grandi, di far recapitare loro in spogliatoio un pullman di troie. Risate, battute, pacche sulle spalle.

Troia: dal vocabolario, femmina del maiale, scrofa, ma anche donnaccia, prostituta, meretrice.   Nell’uso comune però una donna è una troia anche se è antipatica, se è stronza, se ha fatto qualcosa che non ci piace, se è la nostra boss in ufficio, se non ci fila e via dicendo. Praticamente siamo tutte, noi donne, in qualche momento della vita o agli occhi di qualcuno, delle troie. E questo spostamento di significato, non ti sfuggirà caro Babbo Natale, contiene una quantità di sessismo che levati. (Sì, parola usata anche da donne verso altre donne, mi è chiaro).

E allora: se, grazie ai tuoi uffici, scomparisse la parola troia sarebbe un gran guadagno. In generale e nello specifico. Pensaci. Pensa alla faccia di Berlusconi se i giocatori del Monza che – sono sicura – non si tirerebbero indietro dallo scendere in campo contro la violenza sulle donne e anzi forse lo hanno già fatto, ecco, pensa se quei calciatori non avessero riso e si fossero guardati l’un l’altro un po’ dubbiosi. Un pullman di che? Cosa ha detto, tu hai capito? Beh, andiamo, si è fatto tardi, domani c’è allenamento e il presidente ha una certa età ed è meglio che vada a dormire. Sollievo, sipario.

 

 

 

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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L'Ambrosiano

Lacrime: se non ora, quando?

Francesco all’Immacolata ha pianto: «Avrei voluto oggi portarti il ringraziamento del popolo ucraino». Le lacrime han detto il «grande dolore»: la guerra è «sconfitta per l’umanità». Non han svegliato le coscienze neanche i paragoni storici del Papa: Putin e l’holodomor di Stalin e la Shoah di Hitler; su questa evocazione han taciuto anche in Israele. Corsi e ricorsi: Bielorussia, Ucraina, Russia, Polonia son teatro del romanzo “Se non ora, quando” di Primo Levi. Gli Ebrei non son stati pecore pronte al macello: han fatto la Resistenza, anch’essi Europa che si ribellò al nazifascismo e che poi per 80 anni ha vissuto di rendita di allora. Il titolo di Levi, tratto dalle massime degli antichi Padri, è preceduto da: «Se io non sono per me, chi è per me? E se io sono solo per me stesso, cosa sono?». Appunto, cosa siamo se l’uscio di casa è l’orizzonte? Governi, politologi, talk show giustificano le impotenze verso Putin con dimensioni internazionali dello scontro, minaccia atomica, interessi delle multinazionali; ma con Teheran, che impicca un giovane al giorno dopo processi-farsa, semina morti a centinaia in strada, spara a volto e genitali delle donne? Se non ora, quando richiamare gli ambasciatori “per consultazioni”? Segnalare a Ali Khamenei che deve finirla? Da Bruxelles annunciano muove sanzioni contro il regime iraniano. E donne, giovani, popolo? Anche Kabul venne bollata di Medio Evo dopo il ritiro Usa; i media per un po’ parlarono di donne afghane segregate: ed ora? Corsi, ricorsi, lacrime di futuro. La tragicità del pianto del Papa è che 2000 anni fa pianse così colui dal quale Francesco trae fede e autorità. Dinanzi a Gerusalemme Gesù proruppe: «Se avessi compreso anche tu la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi». Senza pace della Città Santa non sarebbe rimasta “pietra su pietra”. E quando salì al Golgota, alle donne che versavan lacrime sulla sua sorte disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me ma su voi stesse e sui vostri figli. Verranno giorni in cui si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato». Se non ora quando il Papa sarà ascoltato? E non lasciato solo?

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Appunti sulla mondialità

I vincitori della guerra in corso

A conflitto ancora in corso, e nonostante l’esito militare sia ancora indecifrabile, già si possono individuare alcuni vincitori certi: sono i big del settore degli idrocarburi non convenzionali (e cioè i produttori di “gas di scisto” statunitensi), i qatarioti che esportano gas naturale liquefatto e gli speculatori della Borsa di Amsterdam, cui si aggiungono i produttori non europei di grano e girasole. Soprattutto, la vera grande vincitrice di questa guerra è l’industria bellica: conflitti come quello russo-ucraino servono sia a testare armi nuove sia a stabilire gerarchie rispetto alla qualità, si fa per dire, dei diversi strumenti di morte. L’industria di droni turchi e iraniani low cost ha trovato un’eccellente vetrina che ne allargherà il mercato, soprattutto nei Paesi senza grandi risorse economiche. Ma la parte del leone va all’industria statunitense che, tramite la NATO, ha rifornito l’Ucraina di una grande varietà di armamenti per un valore di 40 miliardi di dollari: cannoni, missili anti-carro Javelin e anti-aerei Stinger, veicoli, droni e lanciarazzi mobili multipli Himars…

Praticamente sono stati svuotati gli arsenali. Da tempo, guerre convenzionali che prevedessero un ricorso massiccio agli armamenti usati dagli eserciti di terra non venivano nemmeno più ipotizzate. Ora non solo sta partendo la corsa per “rifare le scorte”, ma si ricomincerà anche a investire risorse nello sviluppo di questo tipo di armi. Si calcola che la quota di PIL dedicata alla difesa aumenterà velocemente: per Europa e Stati Uniti, già si ipotizza una crescita delle spese militari compresa tra il 7 e il 9%. Anche in altri Paesi gli eserciti si rafforzano, dall’Australia al Giappone è tutto un rivedere strategie e ampliare arsenali. E così, in breve tempo, le priorità del mondo post-pandemia si sono spostate dalla sanità, e dalla necessità di costruire filiere corte di rifornimenti strategici, al settore delle armi, in un contesto globale che all’improvviso si riscopre a rischio di guerre che possono prevedere addirittura l’uso delle armi nucleari. Nel frattempo il cambiamento climatico può attendere: come sempre, viene considerato un tema rinviabile nella logica dell’agenda globale.

L’aumento della spesa militare è l’ennesima dimostrazione del fallimento del sistema di regole e governance globale, del vuoto della politica che ha creduto per decenni che la sola liberalizzazione dei mercati avrebbe portato a un periodo di stabilità mondiale. Il principio secondo il quale “i Paesi legati da interessi reciproci non si fanno la guerra” è crollato con il conflitto ucraino e ora si teme che in giro per il mondo possano aprirsi altre falle, da gestire con le armi.

Nel corso dell’ultimo G20 Joe Biden, rivolgendosi a Xi Jinping, ha detto che se i loro Paesi collaboreranno potranno fornire una soluzione all’instabilità odierna della globalizzazione. Ma forse è troppo tardi, o meglio, forse quella di Biden è una visione troppo ambiziosa per i tempi attuali. Il bipolarismo che si profila tra USA e Cina, infatti, non è paragonabile all’equilibrio della Guerra Fredda. Le potenze regionali che una volta erano comandate da Washington o da Mosca oggi agiscono di testa propria, senza attenersi ai consigli dei partner internazionali. Non è un mistero che la mossa di Putin non ha mai entusiasmato i cinesi: il punto è che Pechino non è stata in grado di fermarla e nemmeno ora sa come convincere la Russia a uscirne. Eppure, mentre il mondo si trascina appesantito da problemi sempre maggiori, c’è sempre chi ha già vinto. Ieri le case farmaceutiche, oggi l’industria bellica, domani chissà. Nel deserto creato dalla politica non ci sono solo sofferenze: ci sono anche tanti, tanti affari da concludere.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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Tra Buddha e Jimi Hendrix

Milano ha perso uno dei suoi rocker più puri: un mese senza Joe Sixx…

Un mese fa ieri, Milano ha perso uno dei suoi rocker più puri.
Giorgio Buttinoni, per tutti Joe Sixx, era un musicista, un artista e una persona speciale. E, anche se questo credo interessi meno, un mio carissimo amico.
Collaboratore di lunga data della Chinaski Edizioni e del Gruppo Editoriale Il Castello, era stato tra i promotori della pubblicazione in Italia dei libri di Nikki Sixx – “The Heroin Diaries” e “My First 21” – collaborando attivamente col management di Sixx. Aveva inoltre tradotto il monumentale “The Decade That Rocked” del celebre fotografo del rock Mark Weiss e stava lavorando a un libro sui suoi anni giovanili in giro per il mondo dietro ai Mötley Crue. Joe era inoltre presidente della seguitissimo pagina italiana Mötley Crue Italia e leader e bassista della band Motley Gang, tribute band ufficiale dei Mötley Crue. Era stato lo stesso Nikki Sixx, dopo aver ascoltato un loro nastro, a dare alla Motley Gang il semaforo verde.
Joe se n’é andato all’improvviso, a 52 anni, per colpa di un maledetto tumore che gli si era attaccato addosso costringendolo a mesi difficili, che aveva affrontato con coraggio e positività. Lascia due figli, tantissimi amici che gli volevano bene e l’amata Rita, la sua compagna cosmica, amore di una vita e fotografa appassionata.
Che Gio fosse una rockstar e un uomo amato lo si sapeva, ma l’affetto è il clamore seguiti alla sua scomparsa sono andati oltre le aspettative. Messaggi, canzoni, poesie, foto, articoli e ricordi: il nome di Joe Sixx ha invaso i social e i siti dedicati alla musica rock. Al suo funerale erano in quasi cinquecento, le strade che portano alla chiesa imballate di gente. Il degno saluto a un uomo di grande valore.
E così Milano ha perso uno dei suoi rocker più puri.
E così Milano ha abbracciato una nuova leggenda.
Ciao Joe, sempre nel cuore…

  • Federico Traversa

    Genova 1975, si occupa da anni di musica e questioni spirituali. Ha scritto libri e collaborato con molti volti noti della controcultura – Tonino Carotone, Africa Unite, Manu Chao, Ky-Many Marley – senza mai tralasciare le tematiche di quelli che stanno laggiù in fondo alla fila. La sua svolta come uomo e come scrittore è avvenuta grazie all'incontro con il noto prete genovese Don Andrea Gallo, con cui ha firmato due libri di successo. È autore inoltre autore di “Intervista col Buddha”, un manuale (semi) serio sul raggiungimento della serenità mentale grazie all’applicazione psicologica del messaggio primitivo del Buddha. Saltuariamente collabora con la rivista Classic Rock Italia e dal 2017 conduce, sulle frequenze di Radio Popolare Network (insieme a Episch Porzioni), la fortunata trasmissione “Rock is Dead”, da cui è stato tratto l’omonimo libro.

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L'Ambrosiano

Il Potere, un autore in cerca di sei personaggi

Sergio Mattarella, Giorgia Meloni, Ursula von der Leyen, Liliana Segre, Boris Godunov, Sant’Ambrogio. Per la festa del Patrono alla Scala è andato in scena un dramma alla rovescia: un autore, il Potere, in cerca di sei personaggi. Chi ne è vero interprete? Mattarella: i partiti non son riusciti a trovare un sostituto e lui è rimasto al suo posto; incarna la Costituzione: dà l’incarico a Meloni: ha vinto; vigila che diritti, doveri, libertà siano praticati; ricuce con Macron; rassicura: non deprimersi se 18 milioni d’Italiani non han votato non sentendosi rappresentati: la democrazia è più forte.
La Scala è esplosa in ovazione. Meloni, «è la mia prima volta»: si vede; non a teatro (a fianco ha il Presidente del Senato che ha il busto di Mussolini a casa), ma nel Paese: il Potere divide; mette gli uni (evasori, furbetti, categorie protette, “prima gli italiani”) contro altri: sanità, scuola, poveri, equilibri istituzionali. Milano è educata, ma non mostra entusiasmo per questa prima volta. Segre: l’umanità non dimentica l’odio perverso; la memoria è coscienza; la storia guarda al futuro; nelle stesse ore il Papa ha ricordato la Shoah con allusioni all’holodomor di Stalin anti Ucraina; acclamazioni della Scala per il Potere delle vittime. Von der Leyen: volto gentile e operoso d’un’Europa che fa, ma è prigioniera dei veti di Orban (a braccetto con Meloni nell’incontro Europa e Balcani) e dei Paesi del Nord a rivedere i trattati di Dublino.
Alla Scala applausi di cortesia. Godunov: le fila del potere son tirate dagli dei, come volevano i Greci, inventori della catarsi perché il coro capisse? O sono gli uomini ad aggredire, invadere, prevaricare, uccidere? Col russo Musorgskij Milano ha accettato la sfida del Potere delle coscienze: cercare non nelle appartenenze identitarie ma nell’arte stimoli a riflettere, correggere le derive del Potere. C’è voluto il Patrono: Ambrogio archetipo di sintesi tra vangelo e civitas, fede e morale pubblica e privata, doveri dei cittadini e responsabilità dei governanti: negò la comunione a Teodosio dopo strage di Tessalonica; doveva pentirsi, riparare. Turoldo poetava: «E continueremo / ad ingannarci: / illusi di aver capito». Le regionali per smentirlo. Altro Potere cercasi.

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    Giocare col fuoco: storie, canzoni, poesie di e con Fabrizio Coppola Un contenitore di musica e letteratura senza alcuna preclusione di genere, né musicale né letterario. Ci muoveremo seguendo i percorsi segreti che legano le opere l’una all’altra, come a unire una serie di puntini immaginari su una mappa del tesoro. Memoir e saggi, fiction e non fiction, poesia (moltissima poesia), musica classica, folk, pop e r’n’r, mescolati insieme per provare a rimettere a fuoco la centralità dell’esperienza umana e del racconto che siamo in grado di farne.

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    Ospitiamo Nicolò Scaglione: foodscout, gastronomo, scrittore, filosofo. Da diversi anni conduce ricerche e assaggi con meticolosità quasi ossessiva. Prima su prodotti e produttori, poi su ristoranti, principalmente di avanguardia. Il 18 aprile uscirà nelle librerie (ma si può già acquistare dal sito dell’editore Maretti e Manfredi Edizioni) il suo “Sul gusto (o del gusto) - Saggi di filosofia gastronomica”. Una raccolta di saggi brevi che riflettono e interrogano sulla materia del cibo, sulla ristorazione, sulla critica gastronomica, un libro che si apre con la prefazione di Ferran Adrià e con l’introduzione di Niko Romito. Parleremo della sua storia professionale e di questo nuovo lavoro. A cura di Niccolò Vecchia

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