Programmi

blog

L'Ambrosiano

Dalle bombe di Londra a Kiev: un 2023 di Amore, Chiamata, Esplorazione

Finisce l’annus horribilis con i missili di Putin, i patiboli di Teheran, la finanziaria che premia chi evade e penalizza Sanità, Scuola, Comuni; il 2023 comincia e un augurio di speranza ragionevolmente lo possiamo fare. Dà le parole T. S. Eliot; le pubblicò nel 1942, Londra sotto le bombe naziste: «Con la forza di questo Amore e la voce di questa Chiamata / noi non cesseremo l’esplorazione / e la fine di tutto il nostro esplorare / sarà giungere là dove partimmo / e conoscere il luogo per la prima volta».
C’è, ci sarà Amore per vita, persona singola, umanità, libertà, diritti: non crederci è incoraggiare pasdaran, talebani negatori di donne, trafficanti libici, odiatori delle Ong (sfogano sui poveri l’infelicità della loro pochezza), caporali, corruttori in Europa e nostrani. C’è e dà forza la Chiamata, una volta detta “vocazione” (roba non solo di preti: è scegliere una professione, metter su famiglia, vivere l’impresa d’essere genitore, insegnare, occuparsi degli altri): non crederci è rinunciare a SSN, bene comune in politica e amministrazione pubblica; a creare strutture d’accoglienza, curare i diritti di donne, minori, anziani; a lavorare per la Pace, far cultura nei luoghi deputati e in periferie, carceri, ritrovi giovanili; a far giornalismo onesto e documentato perché i cittadini siano informati e consapevoli nelle scelte.
L’esplorazione è l’attitudine che abbiamo innata, ci fa vivere, provare, osare; se non ci si lascia andare all’istinto di mettere il naso fuori di casa, si dà fiato a derive depressive, frustrazioni, sirene del disincanto e disamore, accomodamenti del chi me lo fa fare, ripiegamenti, ritiro entro i recinti di clan, appartenenze, convenienze. «Là dove partimmo», Eliot riporta all’interiorità: di lì si prende il largo, lì si torna, per ripartire. È il cuore: pensare, sentire, di nuovo Amare; fuori dall’indifferenza, si è fratelli. Nel viaggio interiore si è tutti sulla barca: “Ci si salva insieme”. Ratzinger, Papa che si spegne, disse «Non appartengo al vecchio mondo, ma quello nuovo in realtà non è ancora in incominciato». Ora è 2023. Amore, chiamata, esplorazione fanno sperare. Esempio: Mahsa Amini non è morta invano, quando “Donna, vita, libertà” va oltre Teheran.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

ALTRO DAL BLOGVedi tutti
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli

Appunti sulla mondialità

Il Natale globale

Il Natale è stata la prima vera festa ad assumere portata globale, prima ancora della fine della Guerra Fredda. E ciò è accaduto parallelamente al suo progressivo allontanamento dal significato originario, ossia ricordare la nascita in Medio Oriente di quel bambino ebreo che sarebbe diventato il “Figlio di Dio” per i fedeli di una nuova religione, quella cristiana, destinata a svilupparsi soprattutto in Europa e poi a espandersi nel mondo, grazie al colonialismo. Nel senso religioso della ricorrenza, il Natale è una festa di preghiera e di speranza: ma in questi termini coinvolge esclusivamente i cristiani, e cioè solo una parte dell’umanità. Invece la festa del Natale, intesa in senso laico, coinvolge qualche miliardo di persone in più.

L’odierna festa dell’omone rosso che viaggia in slitta, che con la tradizione cristiana nulla ha a che vedere, è un Natale “neutralizzato” dal punto di vista della fede e caricato di nuovi significati e di nuovi simboli universali. I significati acquisiti sono quelli classici della dimensione fiabesca: il giorno di Natale “si torna tutti buoni” e per 24 ore è consentito sperare in un futuro migliore. A Natale è tutto possibile, ma è un possibile che dura poco. Il simbolo laico del Natale è ormai diffuso a livello planetario. Santa Claus, ovvero Babbo Natale, un corpulento nonno vestito di rosso che abita dalle parti del Circolo polare artico circondato da renne e da un esercito fantastico di elfi, con i quali costruisce giocattoli. Ma Santa Claus non è altro che la libera reinterpretazione di un’altra figura religiosa, san Nicola di Mira, il vescovo della Licia che, secondo i resoconti, nella sua vita fu protettore di bambini e fanciulle e diede esempio di grande generosità, donando ai più poveri nei momenti del loro massimo bisogno. Da santo caritatevole a icona della Coca-Cola, il passo è stato relativamente breve: così il giorno di Natale diventiamo tutti buoni come san Nicola, purché si beva la cola, o meglio quell’elisir nato ad Atlanta mescolando foglie di coca, zucchero e cola.

Il Natale della bontà e del dono, soprattutto di quest’ultimo, è diventato il migliore volano per le vendite di fine anno, periodo nel quale si registrano ad esempio i picchi di acquisti di prodotti di elettronica, anche se il Cyber Monday, altra data importante del calendario del consumismo, ormai lo sta superando. Arriviamo così alla festa globale dei buoni sentimenti, per la gioia dei fabbricanti di gadget e di cibi pregiati. Una festa che non discrimina più per appartenenza religiosa o etnica, ma solo per possibilità economica. Una festa laica che va bene in Italia e Germania, ma anche in India, Cina o Nigeria. Una festa non più comandata dal vescovo, ma dai media.

Nella sua versione contemporanea, il Natale ha anticipato di decenni la globalizzazione e il suo valore fondante: quello dell’uguaglianza universale a partire dell’omologazione nei consumi. Un mondo forgiato dalle multinazionali che offrono gli stessi prodotti ovunque, fabbricandoli là dove è più conveniente. È una festa che appartiene al passato e insieme al futuro, che forse domani potrebbe vedere insidiato il suo primato da Halloween o dal Capodanno cinese, ma che gode di una popolarità difficile da scalfire. E, visto che al momento non ha concorrenti, buon Natale anche quest’anno!

 

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

ALTRO DAL BLOGVedi tutti
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli

L'Ambrosiano

Natale di guerra: notte silenziosa, sacra, buia; Diogene e il Dio nascosto

“Stille Nacht, heilige Nacht”, notte silente, notte sacra. Non so cosa di silenzioso offrirà questo Natale di guerra, se Putin non smette di bombardare case e centrali elettriche. Tanto meno vedo qualcosa di sacro se l’ultima tortura del regime iraniano è costringere i detenuti a violentare i compagni di cella e di lotta per la libertà. La tragedia oggi è che vacilla la fede nell’uomo, non più solo in Dio. Il Natale dell’anno scorso prometteva d’essere l’ultimo buio dopo il Covid. Adesso non c’è più la scusa che qualcosa di esterno mina vita, pace, affetti, lavoro: il virus è psichico; roba nostra, fatta in casa. È la violenza dell’uomo sull’uomo. Se la notte fosse silente e sacra, non nera e tenebrosa, coscienza lucida mostrerebbe il piano inclinato d’una deriva suicidale collettiva. Ci possiamo far fuori col clamore delle guerre, ma anche con la stupidità (do Livorno come porto a una nave Ong così nei giorni in cui risale il Tirreno nel Mediterraneo non salva vite; ma arrivano tanti barchini); o nuotando in un trolley di dobloni alla maniera di Paperon dei Paperoni (sindacalisti ed esponenti di sinistra magici: in un sol colpo dissipano tutto il patrimonio riformista, fan fare d’ogni erba un fascio ad anti Europa e Ong gongolanti, mettono una pietra tombale su una sinistra di idee e governo); o ancora attualizzando il panem et circensens del pallone (la finale più bella di tutti i mondiali in un Paese che apre e chiude i rubinetti del gas senza lanciare un missile, ma giocando con la vita di lavoratori, Federazioni, Paesi, tv, benefit). Notte silente, notte sacra: è notte di ricerca; né tiranni né imbecilli sono ancora riusciti a rubarci l’istinto di Diogene con lanterna d’ordinanza. Anzi, più attaccano l’intelligenza (i talebani han reso ufficiale il divieto alle donne d’andare all’università) più seminano germi di resistenza. Questo è il segreto di Natale, ricchezza di cui non dispongono Putin, Emiri, lobbies, multinazionali. Per David M. Turoldo, poeta, Natale è l’annuncio del «Dio nascosto in carne mortale». C’è una notte (un tempo) per rivelarlo e festeggiarlo e c’è una notte (un tempo) per custodirlo in silenzio: è sacro; si paleserà al momento giusto, sosterrà il nostro riscatto. A sorpresa. Auguri!

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

ALTRO DAL BLOGVedi tutti
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli

Appunti sulla mondialità

Il Mondiale della globalizzazione è finito…per ora

Quello del Qatar è stato il primo vero mondiale ai tempi della globalizzazione. La finale ha superato la soglia dei 2 miliardi e mezzo di telespettatori, un terzo dell’umanità di cui più di tre quarti non ha mai giocato calcio. Ed è questa la potenza di questo sport: vendere una narrazione che ha una base sportiva, ma che lascia spazio a sentimenti di tutti i tipi, come quelli che tifavano per le squadre più deboli sperando improbabili riscosse, o di coloro che vogliono credere nella fiaba sociale del povero diventato miliardario e famoso. Calcio come narrazione globale, ma anche come vetrina dei potenti. Non siamo più ai tempi delle dittature militari che volevano darsi una parvenza di legalità, ma all’uso del calcio per sancire una potenza economica e rivendicare un ruolo tra i grandi. Per questo il calcio sempre di più scorrerà lungo due binari, quello sportivo senza il quale non esisterebbe e quello politico-economico con le potenze vecchie e nuove che si contendono la sede della prossima kermesse. Il calcio oramai è diventato uno spettacolo che non conosce frontiere, che si può organizzare anche in mezzo al deserto, purché la palla continui a circolare grazie ai bambini e alle bambine di tutto il mondo che correranno dietro un sogno

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

ALTRO DAL BLOGVedi tutti
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli

Appunti sulla mondialità

E alla fine vincerà il migliore

E’ Francia-Argentina la finale di oggi. Una squadra europea e una sudamericana che hanno entrambe già vinto due coppe del mondo. Due squadre con un “fenomeno”, Mbappè e Messi, entrambi giocatori del Paris SG di proprietà qatarina, ma questo è un altro tema. Paradossalmente, la squadra sudamericana è stata, insieme alla Croazia, la squadra più “bianca” dei Mondiali, mentre quella francese, quella più “africana” tra le europee. In realtà sono entrambe composte da questi “colori” per lo stesso motivo: le migrazioni. La squadra argentina è formata dalle terze o quarte generazioni di discendenti di italiani (Messi, Tagliafico, Di Maria, Armani, Pezzella), polacchi (Dybala), austriaci (Foyth), scozzesi (Mac Alister), spagnoli (Martinez, Romero, Molina, De Paul, ecc). Sono tutti senza eccezioni discendenti della grande ondata migratoria europea di fine ‘800-primi del ‘900. Non rappresentano però l’equilibrio etnico del paese, dove negli ultimi 30 anni sono immigrati milioni di boliviani, paraguayani, peruviani, colombiani e ultimamente senegalesi, senza dimenticare gli indigeni, e nessuno di questi è rappresentato nella nazionale. Dal lato francese, la maggioranza dei calciatori ha origini nord africane (Rami, Fekir, Mbappé per parte di madre), antillane (Varane, Lemar), dell’Africa occidentale e centrale (Kimpembe, Umtiti, Pogba, Mbappé per parte di padre, N’zonzi, Mandanda, Sidibé), spagnole (Lloris, Hernandez). Sono le seconde generazioni, oppure nati all’estero e arrivati in Francia da bambini, della grande ondata di immigrazione in Francia del secondo dopoguerra. Neanche loro rappresentano l’equilibrio etnico francese, dove le componenti immigrate o oriunde africane secondo le stime si aggirano attorno al 15% nelle aree metropolitane. Riassumendo, le nazionali francesi e argentine sono figlie, o bisnipoti, di fenomeni migratori globali che hanno assunto in diversi tempi e luoghi caratteristiche diverse. In Argentina arrivarono soprattutto europei un secolo fa, mentre in Francia africani da 50 anni ad oggi. Nessuna delle due nazionali rappresenta però l’equilibrio etnico reale dei rispettivi paesi.
La conclusione evidente, alla faccia dei gruppi ultra-nazionalisti che contestano la nazionale francese, è che in nazionale si arriva non in base alla nascita, né alla posizione sociale e nemmeno in base alla simpatia. In nazionale si arriva se si sa giocare, e finché il calcio sarà calcio questo principio non verrà mai meno. Il pallone da sempre è bianco e nero.
  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

ALTRO DAL BLOGVedi tutti
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli

Adesso in diretta

  • Ascolta la diretta

Ultimo giornale Radio

  • PlayStop

    Giornale Radio lunedì 20/01 12:30

    Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi. Tutto questo nelle tre edizioni principali del notiziario di Radio Popolare, al mattino, a metà giornata e alla sera.

    Giornale Radio - 20-01-2025

Ultimo giornale Radio in breve

  • PlayStop

    Gr in breve lunedì 20/01 17:30

    Edizione breve del notiziario di Radio Popolare. Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi.

    Giornale Radio in breve - 20-01-2025

Ultima Rassegna stampa

  • PlayStop

    Rassegna stampa di lunedì 20/01/2025

    La rassegna stampa di Popolare Network non si limita ad una carrellata sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani: entra in profondità, scova notizie curiose, evidenzia punti di vista differenti e scopre strane analogie tra giornali che dovrebbero pensarla diversamente.

    Rassegna stampa - 20-01-2025

Ultimo Metroregione

  • PlayStop

    Metroregione di lunedì 20/01/2025 delle 07:14

    Metroregione è il notiziario regionale di Radio Popolare. Racconta le notizie che arrivano dal territorio della Lombardia, con particolare attenzione ai fatti che riguardano la politica locale, le lotte sindacali e le questioni che riguardano i nuovi cittadini. Da Milano agli altri capoluoghi di provincia lombardi, senza dimenticare i comuni più piccoli, da dove possono arrivare storie esemplificative dei cambiamenti della nostra società.

    Metroregione - 20-01-2025

Ultimi Podcasts

  • PlayStop

    Vieni con me di lunedì 20/01/2025

    Vieni con me! è un’ora in cui prendere appunti tra condivisione di curiosità, interviste, e il gran ritorno di PASSATEL, ma in forma rinnovata!! Sarà infatti partendo dalla storia che ci raccontano gli oggetti più curiosi che arriveremo a scoprire eventi, iniziative od occasioni a tema. Eh sì, perché poi..ci si incontra pure, altrimenti che gusto c’è? Okay ma dove, quando e poi …con chi!?! Semplice, tu Vieni con me! Ogni pomeriggio, dal lunedì al venerdì, dalle 16.30, in onda su Radio Popolare. Per postare annunci clicca qui Passatel - Radio Popolare (link - https://www.facebook.com/groups/passatel) Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa, un oggetto particolare o proporti come espert* (design, modernariato o una nicchia specifica di cui sai proprio tutto!!) scrivi a vieniconme@radiopopolare.it Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni

    Vieni con me - 20-01-2025

  • PlayStop

    L'intervista a Jesper Lindell e Scarlet Rivera

    Oggi a Jack è andata in onda l'intervista di Matteo Villaci e Claudio Agostoni a Jesper Lindell, cantautore svedese, e alla violinista americana Scarlet Rivera. Jesper ha tradotto “Un Malato di Cuore” di Fabrizio De Andrè, dal capolavoro “Non al Denaro Ne all’Amore Ne al Cielo”. La canzone è uscita il 10 gennaio col nuovo titolo “Once in A Dream” all’interno dell’EP “Windows Vol.2” che contiene anche una ispirata cover di “Sweetheart Like You” di Bob Dylan. Jesper ha presentato “Windows Vol. 2” in anteprima in Italia accompagnato da Scarlet Rivera, la violinista che fece perdere la testa a Bob Dylan. Anche Scarlet Rivera ha omaggiato Fabrizio De Andrè cantando la sua versione di “Hotel Supramonte”, incisa in inglese con la partecipazione di Dori Ghezzi ai cori.

    Clip - 20-01-2025

  • PlayStop

    Playground di lunedì 20/01/2025

    A Playground ci sono le città in cui abitiamo e quelle che vorremmo conoscere ed esplorare. A Playground c'è la musica più bella che sentirai oggi. A Playground ci sono notizie e racconti da tutto il mondo: lo sport e le serie tv, i personaggi e le persone, le ultime tecnologie e le memorie del passato. A Playground, soprattutto, c'è Elisa Graci: per 90 minuti al giorno parlerà con voi e accompagnerà il vostro pomeriggio. Su Radio Popolare, da lunedì a venerdì dalle 15.00 alle 16.30.

    Playground - 20-01-2025

  • PlayStop

    Chiara Dynys presenta "Private Atlas"

    Ha preso il via in questi giorni un progetto espositivo articolato in dodici episodi nella vetrina di BUILDING in via Monte di Pietà a Milano. "Private Atlas", di Chiara Dynys, è un progetto dal taglio antologico a cura di Alessandro Castiglioni. Per la prima volta BUILDINGBOX dedica una mostra monografica della durata di un anno (dal 15 gennaio 2025 al 6 gennaio 2026) a un’unica artista, Chiara Dynys, proponendo, appunto, dodici diversi allestimenti pensati appositamente per lo spazio espositivo. Tiziana Ricci ha intervistato l'artista.

    Clip - 20-01-2025

  • PlayStop

    Jack di lunedì 20/01/2025

    Per raccontare tutto quello che di interessante accade oggi nella musica e in ciò che la circonda. Anticipazioni e playlist sui canali social di Matteo Villaci.

    Jack - 20-01-2025

  • PlayStop

    Musica leggerissima di lunedì 20/01/2025

    a cura di Davide Facchini. Per le playlist: https://www.facebook.com/groups/406723886036915

    Musica leggerissima - 20-01-2025

  • PlayStop

    Considera l’armadillo di lunedì 20/01/2025

    Noi e altri animali È la trasmissione che da settembre del 2014 si interroga su i mille intrecci di una coabitazione sul pianeta attraverso letteratura, musica, scienza, costume, linguaggio, arte e storia. Ogni giorno con l’ospite di turno si approfondisce un argomento e si amplia il Bestiario che stiamo compilando. In onda da lunedì a venerdì dalle 12.45 alle 13.15. A cura di Cecilia Di Lieto.

    Considera l’armadillo - 20-01-2025

  • PlayStop

    Cult di lunedì 20/01/2025

    Cult è condotto da Ira Rubini e realizzato dalla redazione culturale di Radio Popolare. Cult è cinema, arti visive, musica, teatro, letteratura, filosofia, sociologia, comunicazione, danza, fumetti e graphic-novels… e molto altro! Cult è in onda dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 11.30. La sigla di Cult è “Two Dots” di Lusine. CHIAMA IN DIRETTA: 02.33.001.001

    Cult - 20-01-2025

  • PlayStop

    Pubblica di lunedì 20/01/2025

    Biden e Mattarella, presidenti preoccupati. Assistiamo a «ritorni ottocenteschi della politica di potenza». Firmato: Sergio Mattarella. «Negli Stati Uniti sta prendendo forma un’oligarchia di estrema ricchezza e potenza». Firmato: Joe Biden. Pubblica oggi ha ospitato Carlo Galli (filosofo della politica) e Simona Colarizi (storica) per analizzare gli ultimi discorsi di Joe Biden (Casa Bianca, 15 gennaio) e di Sergio Mattarella (Quirinale, 13 gennaio).

    Pubblica - 20-01-2025

  • PlayStop

    A come Atlante di lunedì 20/01/2025

    Trasmissione trisettimanale, il lunedì dedicata all’America Latina con Chawki Senouci, il mercoledì all’Asia con Diana Santini, il giovedì all’Africa con Sara Milanese.

    A come Atlante – Geopolitica e materie prime - 20-01-2025

  • PlayStop

    MASSIMO VACCHETTA -75 CHILI DI FELICITA'

    MASSIMO VACCHETTA -75 CHILI DI FELICITA' - presentato da Cecilia Di Lieto

    Note dell’autore - 20-01-2025

  • PlayStop

    ISCRIVERSI A SCUOLA. QUALE SCELTA E CHI LA FA, DAVVERO

    Scuole primarie, secondarie inferiori e superiori. Fino al 10 febbraio si apre la finestra per iscriversi al primo anno. Quali criteri è utile seguire, quale voce è utile ascoltare, quale orizzonte è utile considerare? La scelta di una scuola e il suo rapporto con il futuro. Condotta da Massimo Bacchetta, a cura di Massimo Alberti

    Tutto scorre - 20-01-2025

Adesso in diretta