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Appunti sulla mondialità

La New Economy torna…con i piedi per terra

Gira che ti rigira, la new economy si trasforma e torna a essere old economy, molto old. Gli oligarchi della West Coast che hanno rivoluzionato il modo di vivere di tutta l’umanità, con i loro device e i loro social network, stanno ora investendo in terre. Non c’è da stupirsi: personaggi come Bill Gates, Elon Musk e Jeff Bezos, con i loro prodotti virtuali, avevano già anticipato una rivoluzione del capitalismo globale; ora anticipano una nuova svolta che pone al centro un settore a lungo dimenticato, ma che – non è difficile prevederlo – è destinato a diventare determinante nel prossimo futuro: l’agricoltura. Bill Gates è diventato il primo proprietario individuale di terreni agricoli negli Stati Uniti, con ben 275.000 ettari coltivabili distribuiti in una ventina di Stati. Bezos, l’uomo di Amazon, è a quota 170.000 ettari tutti concentrati nel Texas mentre il magnate dei media Ted Turner possiede la più grande mandria di bisonti al mondo, ben 45.000 capi, in 14 diversi ranch. Questi investimenti guardano al futuro, soprattutto perché qui si svilupperà un’agricoltura high tech, accanto a città smart come quella che Gates sta pianificando in Arizona per 80.000 fortunati abitanti.

Città intelligenti e agricoltura ad alta tecnologia sicuramente faranno tendenza nel mondo, ma per ora l’unico effetto è un rialzo dei prezzi dei terreni negli Stati Uniti. Il processo ricorda da vicino quello che, qualche anno fa, ha investito le proprietà immobiliari in California, portando alle stelle i prezzi delle case e degli affitti e facendo esplodere il fenomeno degli homeless accampati sui marciapiedi in città come Los Angeles e San Francisco. Questo perché, quando si muovono i capitali enormi dei giganti dell’high-tech, i prezzi inevitabilmente salgono, e di conseguenza le differenze sociali crescono, la società e le stesse città si dividono tra chi rimane dentro e chi finisce fuori, in modo drammatico. Il tutto avviene senza che ci sia alcun dibattito pubblico in proposito, e senza che nessuno si preoccupi delle conseguenze.

Il mondo autoreferenziale dei miliardari della West Coast ha accresciuto a dismisura il proprio potere nella totale indifferenza della politica, statunitense e globale: questi gruppi economici incidono sulle dinamiche politiche e sociali come mai era accaduto in passato. Il caso di Elon Musk è forse quello più eclatante. L’imprenditore sudafricano, oltre ad avere accumulato un patrimonio gigantesco, detta la linea sulle esplorazioni e sulla ricerca spaziale, e il suo gruppo è l’unico soggetto non statale coinvolto nel conflitto russo-ucraino, poiché fornisce collegamenti web a Kiev, sia alla popolazione sia all’esercito. Bill Gates, d’altra parte, con la sua fondazione benefica ha determinato le linee adottate dall’OMS per l’Africa e indirizza gli investimenti per la ricerca medica. Si potrebbe dire che il passaggio di questi “maghi dell’informatica” e dell’alta tecnologia a proprietari terrieri, favorito dalla capacità di spesa quasi senza limiti, li sta facendo tornare… con i piedi per terra.

Le terre coltivabili, oggi in costante diminuzione per via del cambiamento climatico, sono una risorsa preziosa destinata, in prospettiva, ad assumere un valore incalcolabile. Quando il mondo dovrà scegliere tra i videogame e il cibo, saranno gli stessi imprenditori a produrre e vendere entrambi i beni: dismessa la retorica secondo la quale avrebbero reso migliore il mondo grazie alla tecnologia, si preparano a diventare i salvatori di popoli affamati. Tutto privatamente, tutto a scopo di lucro. Perché la nuova e vecchia economia dei magnati della West Coast nasce e si sviluppa a favore di pochissimi ma si alimenta dei bisogni delle moltitudini, sostituendo la politica con il marketing.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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L'Ambrosiano

Rimozione e risvegli

La conferma di Fontana e centrodestra nonostante i disastri combinati con Covid, siccità, consumo del suolo è frutto anche di rimozione e prospetta un risveglio possibile. Rimuovere è un meccanismo di difesa; lo attuiamo per eliminare traumi, stati emotivi pesanti da sopportare. Contando di proteggerci agiamo come se un brutt’evento non fosse accaduto. Così la maggioranza di una minoranza (nata tra 4 elettori su 10) scotomizza miglia di morti, i camion dell’esercito che di notte portano via cadaveri da Bergamo e Brescia, le promesse di voler imparare dal disastro trasformate invece in una riforma che ha equiparato sanità pubblica e privata, creato liste d’attesa indegne, ha reso drammatico il divario tra chi può curarsi e chi invece deve rinunciarci. Molto voto a destra è da Alice nella Lombardia delle “loro” meraviglie. Ma per la psiche nulla si crea e nulla si distrugge: tutto resta e si trasforma. E presenta il conto. Questo è il risveglio: traumatico per chi capirà l’inganno; già praticato da chi ha vinto i mal di pancia ritrovandosi nella pur timida opposizione e dai 6 elettori su 10 che non han votato ma aspettano chi dia ragioni per tornare a sperare. Il risveglio è un processo di aggregazione tra chi dopo omissioni, errori, smarrimenti, ricomincia a ritrovare se stesso, idee, proposte politiche a servizio di uomo, ambiente, nuovi stili di vita, scuola, cultura, recupero d’un ceto medio non tutelato, di giovani, studenti, donne, emarginati, minacciati nei diritti, a capire chi è vero europeo, cercare assetti di pace e non blocchi. Il risveglio rivelerà «Il re è nudo» della destra, che cerca bersagli per dar senso a povertà ideali e ritiene nemico da “menare” con dubbi scoop (Donzelli & C.) invece che competitor chi la pensa in modo diverso. Se fosse meno spocchiosa la destra imparerebbe che i nemici di noi siamo noi se gestiamo le istituzioni come proprietà privata, gli avversari quali soggetti da delegittimare, i cittadini come cretini (navi Ong al Nord “per difendere i confini”), il Paese come fosse nato oggi e non realtà viva plurale, con una storia, da tenere unito invece che spaccare con ingiustizie, disuguaglianze, proiezioni su altri (i deboli) delle inadeguatezze proprie.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Mia cara Olympe

Elezioni: oltre la passione, ogni attenzione spenta

Ce la ricorderemo questa percentuale: 41,6% i votanti in Lombardia, 37,2% nel Lazio, a Roma va a votare una persona su 3. Ce la ricorderemo, azzardo, o meglio ce la dovremmo ricordare, più della percentuale con la quale Attilio Fontana si porta a casa un purtroppo previsto secondo mandato alla guida della Regione e più dell’altrettanto certo esito che mette anche sul Lazio la bandierina del centrodestra.

Dovremmo ricordarcela e indagarla perché è nel grande – ormai enorme, ai massimi storici – calderone dell’astensionismo che dobbiamo guardare per capire dove e perché è franata non solo la passione per la politica, ma anche l’ultimo residuo di attenzione a ciò che si muove in quelle stanze. Cosa ci consegna infatti questo dato che, parliamo per la Lombardia, vede ‘evaporare’ il  31,5% di chi aveva votato nella penultima elezione regionale? Ci sembra consegni  la convinzione di tanti, troppi elettori ed elettrici che nessuna relazione esista o possa esistere tra la loro vita e la politica o che, laddove si ritiene sussista, essa sia solo dannosa. Somma indifferenza, enorme lontananza o critica a tutto campo senza possibilità di appello.

E se Pierfrancesco Majorino va ringraziato, per il lavoro che ha fatto e per l’energia che ci ha messo, se in queste ore si stanno moltiplicando le analisi del voto, se il dettaglio mette in fila altre concause di questa ulteriore sconfitta (lo stato del Pd, l’assenza sulla scena lombarda dei big, l’onda lunga del successo nazionale di Meloni e soci), resta un elemento da cui non si può prescindere: la prima elezione dopo la pandemia da Covid che ha pesantemente infierito sulla Lombardia, sulle comunità, sulle singole vite premia – e non poco – chi così malamente l’ha gestita e non spinge alle urne per cambiare rotta una fetta rilevante dell’elettorato, fino a ieri attivo.

Diverse analisi politologiche, anche a livello internazionale, si soffermano sulla ‘capricciosità’ dell’elettorato e, di più, sulla sostanziale ‘indifferenza’ alla realtà delle cose: il voto, secondo questa visione, perderebbe ogni residua razionalità in base alla quale punisco o premio chi ho eletto sulla base di ciò che ha fatto. Non consola, perché se questa analisi è vera o è parzialmente vera, significa che bisogna riprendere punto per punto la trama della convivenza e della cittadinanza, ricostruirla con pazienza e lungimiranza, sapendo che è un lavoro di lungo periodo, faticoso e incerto, quanto necessario. Ricordiamocelo: 41,6 per cento. Tutte e tutti gli altri a casa. Altrove.

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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Appunti sulla mondialità

Quale futuro per l’Accordo UE-Mercosur dopo il ritorno di Lula al governo?

Sta cambiando velocemente l’atteggiamento dell’Unione Europea rispetto alla ratifica dell’accordo commerciale con il Mercosur, il mercato comune tra Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay. Dovrebbero essere aboliti i dazi per il 93% delle merci esportate dal Mercosur in Europa e per il 91% delle merci europee nel Mercosur.

L’accordo era stato concluso nel 2019, dopo 20 anni di negoziati, durante il vertice del G20 di Osaka, ma i toni trionfali dei negoziatori non erano riusciti a nascondere le difficoltà che si sarebbero trovate per la ratifica di quel documento, che infatti non è mai avvenuta. Se la Spagna spingeva, la Francia frenava platealmente, a partire dal suo presidente Emmanuel Macron, che ancora alla vigilia dell’ultimo voto in Brasile si era detto contrario all’accordo, senza sottovalutare le campagne della società civile tutte puntate sui rischi ambientali connessi all’aumento degli scambi tra Sudamerica ed Europa. Ma da quando il nuovo presidente del Brasile è Lula le cose stanno cambiando velocemente, anche per motivi geopolitici. La linea di Lula è chiudere subito la partita dell’accordo con l’Unione Europea per negoziare successivamente un trattato con la Cina. Questa “deferenza” nei confronti dell’Europa da parte del leader della sinistra brasiliana sta riuscendo a far cadere velocemente i pregiudizi verso l’accordo. Lula, inoltre, è in grado di offrire garanzie sul piano ambientale nell’ambito della grande iniziativa di protezione dell’Amazzonia e dei suoi popoli, annunciata in campagna elettorale e confermata dopo la vittoria.

Da parte europea, la pandemia e la guerra in Ucraina hanno introdotto variabili che all’epoca dei negoziati non esistevano. Il concetto di sovranità alimentare, l’accesso ai rifornimenti strategici di materie prime, l’idea di costruire mercati allargati di consumatori ben si sposano con l’accordo con un’area del pianeta culturalmente omogenea, ma anche ricca di quelle commodities alimentarie e minerali che risultano strategiche nel mondo d’oggi. Concetto ribadito dal cancelliere tedesco Scholz, reduce da un viaggio in Brasile, Argentina e Cile, dove ha firmato importanti accordi in base ai quali la Germania parteciperà all’estrazione di litio e alla costruzione di impianti per la produzione di idrogeno “verde”.

Tanto entusiasmo potrebbe però essere raffreddato dai soci “minori”, come l’Argentina, che ritiene ci siano discriminazioni nell’accordo sul suo biocarburante, ottenuto dalla soia, a vantaggio invece di quello prodotto in UE usando la colza. In realtà, i contrasti tra Europa e Sudamerica nell’ambito dell’agricoltura e della trasformazione alimentare sono molti e spesso annosi. Altro ostacolo che rende difficile il negoziato sono le denominazioni d’origine, che l’accordo tutelerebbe soltanto per 357 specialità a fronte di circa 1500 DOP e IGP riconosciute in Europa. Rispetto ad altri accordi, in questo caso il tema è particolarmente sentito perché sono decine e decine le specialità “europee” che si producono anche nei Paesi del Mercosur, a opera dei discendenti dei milioni di immigrati approdati in Sudamerica nell’ultimo secolo e mezzo. Formaggi, vini, salumi che ormai sono diversi da quelli prodotti in Italia, ad esempio, ma ne conservano il nome e l’aspetto. Sarà interessante capire se in questa fase storica, con un’Europa accerchiata e in difficoltà, l’offerta di Lula di stringere velocemente i rapporti commerciali, anche per stoppare l’avanzata cinese, sarà colta. In sostanza, la questione è se conta di più la politica globale dell’Unione o la tutela del Camembert.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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L'Ambrosiano

Macerie

È difficile scrivere con decine di miglia di vittime sul cuore. La natura ha ucciso nel sonno donne, bambini, giovani, anziani. In Ucraina la mente umana è causa del male. La sincronicità dovrebbe generare resipiscenze. Invece non sono scossi da autocritiche quelli cui toccherebbe interrogarsi, fermare distruzioni, dire: fermiamoci! Pietà l’è morta. La guerra continua feroce mentre terremotati e soccorritori scavan tra immani macerie; a Kiev scuole, case, ospedali son bombardati, intanto partono per Turchia e Siria ospedali da campo, tende, generi di prima necessità. È difficile scrivere di follia bellica, paradossi, macerie dell’anima. Il Cremlino ha mezzi per missili su Kiev e aiuti a Erdogan (che gli ha sbloccato le navi col grano) e Bashar al-Assad che coi generali russi ha distrutto la Siria e forte dell’alleato impedisce ai soccorsi d’arrivare in zone ribelli. Destino simile per i Curdi, di là. Il sisma sterminerà popolazioni che né armi né mercenari han domato. La geopolitica non guarda in faccia all’umanità che muore. L’Occidente risponde ad Ankara (meno ad Aleppo, causa sanzioni) e intanto intensifica il rifornimento d’armi a Zelensky: difende l’Ucraina e l’Europa. Ma Bruxelles non è pervasa da un fremito: davanti alle dimensioni esponenziali delle concomitanti tragedie non prende l’iniziativa di dire a Putin: fermati e da stasera mandiamo a Kiev generatori e aiuti, non più cannoni. Cosa deve succedere perché cambino testa e cuore? È difficile scrivere di macerie stavolta istituzionali, in cui rischia di finire il nostro Paese: presidenzialismo; autonomia differenziata; esponenti di Governo che agiscono come nella Festa de Noantri; Presidente del Senato che tiene il busto del Duce; rimozione di quel che fu promesso per la Sanità Pubblica dopo il Covid; scuola ignorata; povertà viste come colpa di chi le soffre; motovedette alla Libia e navi Ong spedite al Nord. Sotto le macerie del sisma han trovato un bimbo vivo col cordone ombelicale e la madre morta. È difficile scrivere che da macerie si generi un’esistenza nuova, ma per restare umani bisogna crederci e affidarsi a quell’orfano di madre, promessa di vita per il mondo e per noi: speranza nel resistere a ‘sta destra.

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    "Jazz Anthology", programma storico di Radio Popolare, esplora la lunga evoluzione del jazz, dalla tradizione di New Orleans al bebop fino alle espressioni moderne. Il programma, con serie monografiche, valorizza la pluralità e la continuità del jazz, offrendo una visione approfondita di questo genere musicale spesso trascurato dai media. La sigla del programma è "Straight Life" di Art Pepper, tratto da "Art Pepper Meets The Rhythm Section" (1957).

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    L’ultimo approfondimento dei temi d’attualità in chiusura di giornata

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    Il Suggeritore Night Live - 20-01-2025

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    I reportage e le inchieste di Radio Popolare Il lavoro degli inviati, corrispondenti e redattori di Radio Popolare e Popolare Network sulla società, la politica, gli avvenimenti internazionali, la cultura, la musica.

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    A fine giornata selezioniamo il fatto nazionale o internazionale che ci è sembrato più interessante e lo sviluppiamo con il contributo dei nostri ospiti e collaboratori. Un approfondimento che chiude la giornata dell'informazione di Radio Popolare e fa da ponte con il giorno successivo.

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    Gaza: il ritorno dei palestinesi nelle proprie case tra vittime e distruzione

    Migliaia di palestinesi di Gaza hanno cominciato a tornare nelle loro case. Ma spesso di fronte a loro hanno trovato solo distruzione. Secondo le Nazioni Unite in 15 mesi di guerra sono stati distrutti o danneggiati almeno i due terzi degli edifici della Striscia, soprattutto nelle zone urbane. Spesso chi torna a casa vuole anche cercare i cadaveri dei familiari. Oggi le autorità locali hanno dato una nuova stima delle vittime totali: circa 47 mila, 10mila sarebbero ancora da recuperare.Ieri, primo giorno di tregua, sono entrati a Gaza 630 mezzi con aiuti umanitari. Non è ancora disponibile la cifra di oggi. L’accordo di tregua prevede che per le prime sei settimane entrino nella Striscia almeno 600 mezzi al giorno.Hamas ed esercito israeliano si sono scambiati altre minacce. Entrambi hanno detto di essere pronti a tornare a combattere se fosse necessario.Dicevamo del drammatico livello di distruzione e dell’alto numero di vittime. Francesco Checchi è uno dei ricercatori che ha curato un recente studio pubblicato su The Lancet, secondo il quale lo scorso giugno le vittime erano probabilmente già 64mila, rispetto alle 47mila che stimano oggi le autorità locali di Gaza…

    Clip - 20-01-2025

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