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The Italian Job

Piantedosi & Co, the indifference that kills

Lies, omissions, silence, and refusal to take responsibility. Piantedosi ‘s speech in Parliament yesterday was cowardly, despicable, and insincere, contradicted by data, documents, Frontex’s electronic records, nautical charts, sea bulletins, and everything else.
The only argument left that’s worth discussing, and which even Meloni used, is “no one can think we wanted a massacre”. And of course, no one believes that the over 70 deaths in Cutro were the result of a deliberate massacre.
That’s not the issue, that’s not the accusation. The victims died because of something else, something called indifference.
The same cold indifference that transferred the 60 survivors of the shipwreck to a dilapidated structure without beds, without heating, only one shared bathroom.
The same inhuman indifference that forces NGO ships to travel an extra four or five days to land migrants in northern ports and then bus them back to the south.
The same bureaucratic indifference that leaves foreign police offices understaffed, forcing asylum seekers to wait endlessly in freezing night queues, like in via Cagni in Milan.
The same cynical indifference that led Vittorio Feltri to write, “leaving is a bit like dying”. The same mocking indifference of Salvini when he calls migrants “gym buffs”.
From indifference to contempt and from contempt to massacre, as we’ve seen, the road is not that long.

Piantedosi, Salvini, Meloni, and their accomplices are guilty of this.

  • Alessandro Gilioli

    Nato a Milano nel 1962, laureato in Filosofia alla Statale. Giornalista dai primi anni 80, ho iniziato a Rp da ragazzo poi ho girato per diversi decenni tra quotidiani, settimanali e mensili. Ho scritto alcuni libri di politica, reportage e condizioni di lavoro, per gli editori più diversi. Tornato felicemente a Radio Popolare dall'inizio del 2021.

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Appunti sulla mondialità

La solita vecchia storia

L’entusiasmo del Parlamento Europeo che, in nome della lotta al cambiamento climatico, sta decidendo lo stop alla vendita di auto a combustibili fossili a partire dal 2035 non fa i conti con la realtà dell’estrazione e della lavorazione delle materie prime necessarie per costruire le batterie, parte essenziale dell’elettrico. Materie prime che si trovano in pochi luoghi al mondo, con punte del 50% per le riserve globali di cobalto concentrate in un unico Paese, la Repubblica Democratica del Congo. Va poco diversamente per il litio: oltre metà di quello disponibile sulla Terra si trova nella regione sudamericana a cavallo tra Cile, Argentina e Bolivia. Altri tre Stati – Turchia, Brasile e Cina – si spartiscono il 70% delle riserve di grafite, mentre quattro Paesi – Sudafrica, Ucraina, Australia e lo stesso Brasile – possiedono tre quarti del manganese presente sul pianeta.

Visti i pochi fornitori, tra l’altro non sempre esenti dal rischio di conflitti, il primo punto debole di questo mercato emergente è la sicurezza dei rifornimenti. Poi si pone il tema della sostenibilità economica locale dello sfruttamento delle risorse: per questi minerali, quasi tutto il valore aggiunto della lavorazione va a beneficio di Paesi diversi da quelli di estrazione. Clamoroso è il caso della Repubblica Democratica del Congo, il cui cobalto  viene lavorato e raffinato al 100% all’estero, ma lo stesso accade per gran parte del litio sudamericano.

Ugualmente gigantesco è il problema delle ricadute ambientali e sociali delle attività estrattive. Il 25% del cobalto fornito dal Congo proviene da miniere “artigianali”, nelle quali, secondo Amnesty International, lavorano persone in stato di semi-schiavitù; mentre per l’estrazione del litio cileno, boliviano e argentino si usa la tecnica detta “della salamoia”, che consuma grandi quantitativi di acqua in ecosistemi desertici, ambienti tra i più secchi al mondo, andando quindi ad esaurire le acque sotterranee, inquinando le poche falde superstiti e obbligando i pastori che tradizionalmente vivono in quella regione ad abbandonare le proprie terre.

Se proiettiamo nel futuro questi problemi già presenti, moltiplicandoli alla luce dei 250 milioni di auto che oggi circolano in Europa e che, tra 20 anni o poco più, dovrebbero essere sostituiti da veicoli elettrici, otteniamo una situazione ingestibile. Ma dobbiamo aggiungere ancora un’altra criticità, rispetto al cambiamento climatico: e cioè considerare da quale fonte si ricava l’elettricità che dovrà alimentare un numero enorme di mezzi. In Cina e India, Paesi dove la rivoluzione delle macchine elettriche è iniziata, rimane fondamentale il carbone. In misura limitata il carbone continua a essere usato perfino in Europa, ma nel nostro continente, soprattutto in Italia e Spagna, per generare energia elettrica si usano enormi quantità di gas naturale. Per far fronte all’aumento della domanda di elettricità, la rete di distribuzione dovrà essere rinnovata e la produzione rapidamente potenziata, ma ciò avverrà senza che sulle rinnovabili siano stati elaborati piani di sviluppo concreti, che richiedono investimenti parametrati alle necessità.

Sono questi i nodi irrisolti della tanto annunciata “rivoluzione verde europea”. Più ideologica che realistica e, anzi, spesso campata per aria rispetto alle reali disponibilità di materie prime. Soprattutto, volutamente ignara del fatto che questa rivoluzione ambientalista e smart è destinata ad alimentarsi con i soliti meccanismi di sfruttamento della terra e delle persone. Materie prime a basso costo, violazione dei diritti sociali e umani, distruzione ambientale, fuga di agricoltori e pastori, valore aggiunto spostato sulla trasformazione. Non c’è nulla di moderno in tutto ciò. È una storia che ogni volta viene narrata diversamente, ma che in fondo rimane sempre la stessa.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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The Italian Job

The Nautical data and the Cutro tragedy: debunking the Italian government

In the aftermath of the blame game for the Cutro tragedy, we’ve heard all sorts of excuses in the past week: parents who shouldn’t have “endangered” their children, sudden worsening weather conditions, a shallow seabed “unknown to smugglers,” and so on, blaming everything but the Interior Ministry for not sending out the Coast Guard. Let’s forget about the “irresponsible parents” – an accusation so monstrous that it’s not worth discussing – and focus on the other aspect, the marine technical side, starting with the “suddenly worsened” weather conditions and the seabed.
When Frontex’s plane spotted and photographed the Turkish dinghy sailing on Saturday evening, the situation was as follows, as shown by all the numerous nautical applications available: force 5 wind, about 20 knots, sea state 4 on the Douglas scale, meaning “very rough” with waves up to two meters.The Frontex plane photographing the dinghy spotted only one person outside on the deck, but the low waterline left no doubt that it was full inside. Moreover, that’s the area where dozens of migrant boats arrive, and there are many abandoned ones in the port of Crotone to prove it. It was therefore obvious and known to Italian authorities that a dinghy full of migrants was in the middle of the sea with waves as high as two meters and 40 miles from the coast.
This was five hours before the boat broke against the sandy seabed that slopes under the sea from Steccato di Cutro. For five hours and 40 miles, that dinghy loaded with human beings was allowed to sail towards Cutro in those conditions.
And mind you: at the time of the shipwreck, the sea was force 5, sea state 4 on the Douglas scale, so identical conditions to five hours earlier when the dinghy was spotted by Frontex. There was no “sudden worsening.”
As for the seabed, it’s not at fault, it’s not abnormal, with no rocks protruding just below the sea surface: it’s a completely normal sloping sandy seabed. It was therefore evident that the wave motion that night could only lead to a collision of the keel with the seabed and the breaking of the wooden hull. But the Coast Guard wasn’t ordered to go out and save those people. Now there’s an investigation by the Prosecutor’s Office, so all this will be thoroughly examined, as is right in a state governed by the rule of law. But these are the nautical data, and they’re public for everyone to see.

Foto | Ansa

  • Alessandro Gilioli

    Nato a Milano nel 1962, laureato in Filosofia alla Statale. Giornalista dai primi anni 80, ho iniziato a Rp da ragazzo poi ho girato per diversi decenni tra quotidiani, settimanali e mensili. Ho scritto alcuni libri di politica, reportage e condizioni di lavoro, per gli editori più diversi. Tornato felicemente a Radio Popolare dall'inizio del 2021.

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L'Ambrosiano

Gli spettri

C’è il long Covid politico. «Si potevano evitare 4 mila morti» per gli inquirenti che hanno indagato ex di governo, amministratori, professori, tecnici. “A volte ritornano”, gli spettri: di solito nei drammi. Se le Ombre inquietassero la coscienza di chi aspira a governare qualcuno si ritirerebbe a vita privata. Fontana, Gallera, Moratti si sono presentati alle regionali. L’ex Assessore alla Sanità del disastro pandemico e colei che fu chiamata per contenere i danni li han bocciati gli elettori. Ce l’ha fatta invece il Presidente. Un avvio imbarazzante il suo. Per una volta Berlusconi e destra non attaccano il “cancro della Magistratura” che colpirebbe “a orologeria”. I giudici hanno aspettato la zoppia dei 100 giorni meloniani e il voto locale. Ancora non c’è la giunta e Fontana è già indagato. Siam tutti garantisti: un avviso non è una condanna e nessuno vuole processi mediatici. Ma è enorme la pietra d’inciampo sulla via del Pirellone per destra e Presidente salviniano. Gli spettri che tornano hanno il volto cereo delle migliaia di morti portati via di notte da camion militari; ma oggi sono agitati da schiere di cittadini menomati nel godere del diritto alla salute perché la Regione non ha fatto tesoro delle clamorose carenze messe a nudo dalla pandemia: sanità ospedalecentrica; medici di base pochi, senza mezzi, oberati di burocrazia; prevenzione inadeguata per industria e artigianato (sicurezza di impianti e lavoratori) e agricoltura (allevamenti intensivi inquinanti); nessuna politica per i giovani medici; servizi sociali non garantiti; bacini imbriferi latitanti. Grazie alla Costituzione (che garantisce tutti, anche chi non la rispetta picchiando fuori dalle scuole o non salvando naufraghi) va pieno diritto alla difesa degli indagati. Quanto all’etica a volte gli spettri tornano a risvegliarla a livello: collettivo (chissà che una crepa intacchi la facciata governativa); individuale (magari un po’ di rimorso nasce in elettori di destra); dei media. Martini diceva: «L’importante è che impariate a pensare, a inquietarvi». Da prender nota: per sognare Fontana a casa; manifestare in piazza i disagi se si riesce; non aspettare che tornino altri spettri. E per il voto futuro.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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The Italian Job

Elly Schlein: the Italian Democratic Party has a new leader

Elly Schlein: will she be able to put the twentieth century behind her?

In Italy We used to have a very strong communist party called PCI that had a lot of support from the working-class population, especially factory workers, but not only.

When Communism fell in Eastern Europe, the party changed its name several times and merged with the Christian Democratic Party, which was the main moderate party with Catholic inspiration that had governed for many years.

However, this new party – “Partito democratico” – never managed to find its own identity.

Even the former communists, after the international failure of communism, pursued very moderate economic policies, to the point of seeming to imitate the economic right. The only thing they did was to oppose the less presentable leaders of the right, such as Berlusconi and Salvini, but they didn’t seem to have their own proposal or identity.

Over the years, they not only lost many votes but also lost any ties with the lower classes who no longer felt represented.

Now, something new has happened: a young left-wing woman, Elly Schlein, has been elected as the leader of this party. She doesn’t come from a popular background but she’s also not compromised with the old establishment that ruled in the past century.
In American terms, she might be compared a bit to Alexandria Ocasio-Cortez, but only vaguely.

It’s unclear whether this woman will be able to rebuild the left in Italy. Specifically, we don’t know if she will (first) be able to govern a divided party that has been used to following power without any ideals, nor do we know (second) if she will be able to reconnect with the popular classes. Today, they are no longer a cohesive social block like the working class was at the time of the PCI, but a galaxy of different conditions, all at the base of the social pyramid but not linked to each other.

Foto | Ansa

  • Alessandro Gilioli

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    "From Genesis to Revelation" è una trasmissione radiofonica dedicata al rock-progressive, attiva regolarmente dal 1999. Condotta da Renato Scuffietti e Matthias Scheller, offre un'ora settimanale di musica prog, spaziando dai grandi classici dei seventies al newprog e al prog sinfonico, con interviste, recensioni e monografie sui sottogeneri. Nata come un hobby, è diventata un importante punto di riferimento per gli appassionati del genere.

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    Il Suggeritore Night Live - 25-11-2024

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    "Jailhouse Rock", trasmissione di Radio Popolare e Popolare Network, esplora il legame tra musica e carcere. Ogni lunedì dalle 20.30 alle 21.30, a cura di Patrizio Gonnella e Susanna Marietti, il programma include storie e suoni dal mondo delle prigioni, con la partecipazione di detenuti dei carceri di Rebibbia e Bollate che realizzano un Giornale Radio dal Carcere e cover di artisti. Scopri di più su http://www.jailhouserock.it/ e https://www.facebook.com/Jailhouse-Rock-451755678297925/

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    A fine giornata selezioniamo il fatto nazionale o internazionale che ci è sembrato più interessante e lo sviluppiamo con il contributo dei nostri ospiti e collaboratori. Un approfondimento che chiude la giornata dell'informazione di Radio Popolare e fa da ponte con il giorno successivo.

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    La puntata del 25 novembre è dedicata quasi interamente alla giornata internazionale contro la violenza sulle donne, in particolare nella Striscia di Gaza. Storie di donne maltrattate dalla urchia, Kenya e Afghanistan. Poi raccontiamo la storia del 25 novembre e il suo percorso attraverso tre tappe cruciali: repubblica domenicana, Messico e argentina. Gaza ( Martina Stefanoni)/ Turchia ( Serena Tarabini)/ Kenya( Sara Milanese intervista Cynthia Oningoi )/ Afghanistan ( Elenea Brizzi intervista Shakiba di RAWA) La storia del 25 Novembre: Repubblica Domenicana( Sabrina Montrasio)/ Ciudad Juarez ( Alfredo Somoza) / Argentina ( intervista di Alfredo Somoza a Florencia Etcheves cofondatrice del movimento Ni Una Menos) - Serie Tv: su Disney+ plus non dire niente “ ( Alice Cucchetti)

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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