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Appunti sulla mondialità

Ritornano i mercenari

Non erano mai spariti del tutto, i mercenari. Dai Lanzichenecchi fino alle guardie svizzere, passando attraverso i volontari stranieri inquadrati in forze armate nazionali, come la Légion étrangère francese e il Tercio spagnolo, queste figure irregolari risalgono alla notte dei conflitti, e da sempre la loro condizione offre gli stessi vantaggi. Anzitutto, dal punto di vista lavorativo, ai mercenari stessi, i quali per fare la guerra e guadagnare bene non devono attendere che il proprio Paese prenda parte a un conflitto, ma possono sempre trovare un’occasione per combattere. Il più grande vantaggio, però, è per chi li assolda. I mercenari possono essere liquidati in 24 ore e si può stare sicuri che non denunceranno mai violazioni di diritti o atrocità, visto che sarebbero i primi a rimetterci; soprattutto, non bisogna rendere conto a nessuno né per la loro morte né per le azioni fuori dalle regole che questi professionisti della guerra compiono sul campo. In teoria, infatti, i loro comportamenti non sono riconducibili alle responsabilità degli Stati. Tuttavia, negli ultimi anni i mercenari hanno perso la loro tradizionale condizione di “quasi invisibilità” per diventare veri e propri corpi dell’esercito, in aggiunta a quelli regolari: perciò è sempre più diffusa l’idea che delle loro azioni dovrebbero rispondere gli Stati che se ne avvalgono, anche se i governi continuano a giocare la carta del “non sono miei”.

Negli Stati Uniti si chiamano contractors, e hanno combattuto le ultime guerre in Afghanistan e in Iraq; in Russia sono i “collaboratori” del Gruppo Wagner che, oltre a essere presenti in diversi Paesi africani, stanno combattendo in prima linea nella guerra ucraino-russa. Entrambe queste realtà presentano diversi lati oscuri. Basti pensare alle ambiguità di Dick Cheney, vicepresidente degli USA ai tempi di George W. Bush, che per le forniture di equipaggiamenti e contractors favoriva la Halliburton, colosso del settore del quale era stato CEO. Più opaca ancora è la storia del Gruppo Wagner russo, fondato nel 2013 dall’oligarca Evgenij Prigožin, attivo nella ristorazione, insieme all’ex colonnello dei servizi segreti Dimitrj Utkin, di simpatie naziste. La vicinanza di Prigožin al Cremlino ha fatto sì che le sue attività si trasformassero, passando dal catering alle guerre.

Oggi i mercenari del Gruppo Wagner sono attivi in mezza Africa: Amnesty International ne ha più volte segnalato le stragi e le violazioni dei diritti umani. Negli ultimi due anni, oltre a occuparsi della gestione di miniere d’oro e dell’addestramento di truppe locali, hanno avuto un ruolo in tutti i colpi di Stato che si sono verificati nel continente, dal Mali al Burkina Faso fino al Sudan. Si tratta di una vera e propria forza di destabilizzazione che formalmente non risponde a nessuno, e che agisce senza rispettare nessuna regola.

Pare incredibile che non si sappia (e non si dica) quasi nulla del fatto che un gruppo mercenario deponga governi e vada seminando il terrore attraverso un continente. Forse questo silenzio nasce dal fatto che la figura del mercenario-contractor non è utile soltanto ai russi e ai loro soci cinesi in Africa, ma rappresenta una nuova frontiera della guerra globale, perché il sistema del diritto internazionale prevede che siano colpiti soprattutto gli Stati o le persone che ufficialmente li incarnano. Invece i mercenari rimangono anonimi, non hanno ambizioni personali, ufficialmente non combattono per nessuno.

È l’ennesimo paradosso dei nostri tempi. Gli eserciti regolari sono spesso ingessati da regole sempre più stringenti, mentre i conflitti sul campo si combattono ricorrendo a forze fuorilegge. Ai popoli che ne subiscono le conseguenze non rimane nemmeno la consolazione di sapere che un giorno si farà giustizia.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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L'Ambrosiano

Come se

«La storia non si fa con i se, ma i film sì», dice Moretti per introdurre il finale de Il sol dell’avvenire.  A sorpresa, infatti, il film chiude con l’Unità che annuncia il distacco del Pci da Mosca per l’invasione dei carrarmati sovietici a Budapest; mentre si sa che nel 1956 Togliatti si schierò con l’Urss e condannò la rivoluzione ungherese. Il “come se” è esercizio di libertà e creatività non solo per poeti, è coscienza civile. Per cominciare a rendere pensabile il cambiamento si immagini l’Italia “come se” la destra non fosse al governo.

Nel contempo, test di realtà, teniamo nel dovuto conto chi siede a Palazzo Chigi, esprimiamo critiche, formuliamo alternative; è forma mentis il “come se”: si respira meglio. È importante rompere le simmetrie, smarcarsi dai botta e risposta, ipotizzare soluzioni. Meloni, La Russa, Salvini con bulimia social son bravi a dettar l’agenda, costringere avversari, opinione pubblica, media a inseguirne le uscite: strategia comunicativa che distrae e cannibalizza dibattiti, pensieri, scelte. Esempio, la lettera al Corriere della premier: perché i lettori passassero il 25 aprile a cercar la parola che lei non voleva dire «sono antifascista» e si consolassero col non abbiamo «nostalgia del fascismo». Ci mancherebbe anche questa! “Come se” è arte politica: le riforme (il “come se” delle utopie) son figlie della capacità di immaginare un mondo diverso e gestire la transizione. È arte terapeutica pure: allena a prender le distanze, attiva la coscienza di sé e del mondo, stimola inventiva. Attualizziamo la boutade di Ionesco: «Dio è morto, Marx pure, e anch’io non mi sento molto bene». Siamo un Paese con problemi se plaudiamo a Mattarella, poi votiamo Meloni; accettiamo La Russa che alla libertà plaude (perché l’antifascismo vinse ma lui si tien stretto il busto del duce) non alla Liberazione (dai nazifascisti); piangiamo migliaia di morti da Covid, poi confermiamo la destra lombarda che gestì in modo disastroso il virus. “Come se” ci fosse un’altra Italia. Che esiste se Mattarella a Cuneo ha scandito «ora e sempre Resistenza»; e «se avversari della libertà dovessero riaffacciarsi su queste strade troverebbero patrioti». Veri anche stavolta, non solo “come se”!

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Mia cara Olympe

25 aprile: missione compiuta

Si era detto, scritto, pensato: mai come quest’anno, mai così importante, mai così necessario. Con questo governo, con il seguito delle dichiarazioni di questi giorni, con il tentativo di sbianchettare la storia, far evaporare l’antifascismo, derubricare la liberazione in una generica libertà, come da lettera di Meloni sul Corriere di oggi.

Sono tornata dal corteo di Milano tanto stanca quanto contenta. Ricca dei tanti incontri fatti in corteo, dei saluti da lontano e degli abbracci da vicino, di quel momento in cui ci siamo fermati prima di entrare in piazza della Scala per intonare Bella ciao e, sì, c’era Elly Schlein con un bel fazzoletto rosso al collo e in tanti volevano fotografare lei, ma l’importante era altro, era quel cerchio di persone che cantava con forza e ragione la nostra canzone. Sono tornata stanca e contenta di avere camminato con amici e con mio figlio, di avere ascoltato, di avere ricordato e di essermi, si sa è anche l’età, a tratti anche un po’ commossa.

Quello che mi ero ripromessa per me stessa nel frastuono e nella sguaiatezza che ha preceduto  questo 25 aprile l’ho visto pienamente compiersi nella piazza di Milano: non farsi espropriare della gioia di scendere in piazza, non lasciare che venisse avvelenata o immiserita dalle polemiche degli altri, quelli che non riescono a pronunciare la parola antifascismo, quelli ai quali questa data  fa problema. Oggi – ed è raro di questi tempi – c’è stata  gioia, agio, c’era il sentirsi noi e nel posto giusto, proprio quello in cui si voleva e doveva stare e in tanti, tantissimi. C’era desiderio, nel senso evocato da Gustavo Zagrebelsky :”Due sono i modi di prosciugare la democrazia: chiuderne le condotte e spegnerne il desiderio”. Ebbene, non ci sono riusciti. E alla vocina critica che dice : “Sì vabbè ma è un giorno, mica si possono trarre conclusioni…” chiedo, almeno per stasera, di starsene zitta.

 

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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La scuola non serve a nulla

Dialogo tra me e me in un 25 aprile gastronomico qualunque

(e buona Resistenza a tutti!)

– …Ecco, cucinare l’abbiam fatto, adesso mangiamo e poi via in manifestazione, che è già tardi… Venuta bene la frittata, vero? Ricetta sperimentale e “ardita”, ma buona, no? (guardare foto della frittata sperimentale, ndr)

– Troppo, troppo buona. E infatti quest’anno facciamo una cosa diversa.

– Come diversa?

– Fai foto e pubblica.

– …Ma come pubblica?!… Dobbiamo pubblicare la foto della frittata?

– Sì, sì!…

– Oggi? Ma sei scemo?

– Certo!

– …Ma ti rendi conto? Io? Io …che ho faticosamente costruito negli anni una solida nomea da artista e intellettuale progressista di Sinistra… ridurmi miseramente così, prono alle consuetudini di massa di questa società dell’immagine, al punto da postare il 25 aprile questa cosa? Sei matto?

– Guarda che la questione è proprio quella: li prenderesti di sorpresa!

– Ma proprio oggi devo far sta roba da influencer? Fotografare e postare il piatto, come una sbarbina mostra-tette dell’Instagram qualunque? Cerca di capire, non l’ho mai fatto, è la prima volta!!!

– Guarda che non è vero che sarebbe la prima volta…

– Ok, ma sarebbe la prima volta il 25 Aprile!!!

– Appunto: tutti postano Calamandrei, “Bella Ciao!” e “Lo avrai, Camerata Kesselring…”. E tu invece te ne esci con la foto del piatto cucinato… geniale, no?

– No, è una fesseria. E poi? Mi chiederai di fare video sull’outfit, sul workout in palestra, e di dar consigli sui posti dove andare in vacanza?

-…See, e poi le dirette con le tue opinioni calcistiche o i tuoi corsi su come investire in bitcoin… no, non esageriamo: limitiamoci alla cucina, che è l’unica cosa che ti viene decentemente, ogni tanto…

– Se è per quello stavolta m’è venuta benissimo. Ma che c’entra?

– Senti a me: i partigiani sono morti per tanti motivi; comunque, tutte cose per cui val la pena di vivere. E forse, tra queste, non è escluso possa esserci pure la nostra leggera e futile vanità socialculinaria. Fallo. Fallo e basta. “JUST DO EAT”! Anzi, devi approfittarne, solo adesso puoi!

– …E perché?

– Come perché… è tempo di svolte, questo! C’hai una serie di attenuanti solide e inattaccabili!

– Sarebbero?

– Ma come! La guerra, l’Ucraina… il Governo più a Destra della storia repubblicana, una Presidente del Consiglio che condanna l’antifascismo con la stessa inequivocabile chiarezza verbale con cui uno studente spiega al prof perché non ha fatto i compiti, o con cui un fidanzato colto in flagrante tradimento balbetta spiegazioni… e tu, a tutto questo, vorresti contrapporre la solita goffa e pesantissima narrazione veteronovecentesca?

-… Ma neanche un “Bella ciao”?

– Quella, lo sai, va cantata tutti gli altri giorni… Sì, tranquillo: poi ci andiamo, in manifestazione. Ma intanto, rispondimi con la festante leggerezza social, che è più efficace: foto, post, reel. Che poi, è proprio quello lì il senso da celebrare: vuoi che non lo sappia quanto è bello urlare in corteo “ORA E SEMPRE RESISTENZA!”, il 25 del mese, nostro Natale laico? Certo, bello; ma scontato. E pero, se è grazie a quei nostri compagni che siamo liberi…

– …Posto foto di cibo&frase di Beppe Fenogli…

– Noooo!!! “Sentiti libero, influencer e cuoco”. Lo dice pure la Ferragni: siamo liberi, no? E sentiti libero. Basta tentennamenti dai! Che poi, il tuo, tra l’altro, è un superbo esempio di meltin pot gastronomico, una tortilla-omelette-pizza che fa tanto spirito europeista e, a suo modo, molto “Quarta Internazionale”!

– Frittata… il giorno della Liberazione? Sicuro? Ma neanche un pizzichino di Nenni&Pertini? O un sapido calembour politico/gastronomico tra “partigiani” e “parmigiana”? Manco ‘no straccio di “pastasciutta antifascista” dei fratelli Cervi??

– No, c’hai già messo la cipolla, va bene così!!! Vai, posta!!! Alla peggio puoi sempre dire “Me lo avete chiesto in tantissimi” … oppure “Ce lo chiede l’Europa”, che ormai è frase equipollente. Poi chiudi con un “Doppia foto, prima e dopo la voltata! Che fate voi amiciccccccci? Io mangio!!!!!! Buonnnn apppppeeeeetiitttooo! Gnaaaaammmmm! E vooooiiii? Smackkk!”

– …

– No, ok, così troppo… sì, forse hai ragione, è il caso di fare un passo alla volta, non esageriamo. Ecco, se proprio vuoi la combo “gastronomia/liberazione”, ce l’ho: foto capovolta. Diritta e poi rovescio della frittata, al contrario, sottosopra, caposotto… Com’era? “L’unico modo per far arrivar sangue alla testa di un fascista è metterlo a testa in giù”. Sì, ecco, mi pare il giusto compromesso storico tra le futili istanze d’una superficialità Social…

– …E la doverosa, sobria testimonianza civile!

– Sì! Ma SBRIGATI!!! Che i compafollowers attendono!

– …Sicuro sicuro?

– Vai. Coraggio. “Hashtag la Victoria Siempre!!!” #Ciaobelli #BelliCiao!

– …Ok… Fatto. Primo post del #25 aprile con foto di cibo da me medesimo cucinato. Oh, se devon essere storici, storici siano, questi giorni e queste ricorrenze.

– Certo. “Le Stories le postano sempre i vincenti”. Intanto che tu posti, io magno, ch’è bbona…

– Ok, magnamo. Ma poi dritti in manifestazione!

BUON 25 APRILE A TUTTI !!!

 

#25Aprile #Resistenza #bellaciao #Liberazione

  • Antonello Taurino

    Docente, attore, comico, formatore: in confronto a lui, Don Chisciotte è uno pratico. Nato a Lecce, laurea in Lettere e diploma in Conservatorio, nel 2005 si trasferisce a Milano. Consegue il Diploma di attore nel Master triennale SAT 2005-2008 del M° J. Alschitz e partecipa a Zelig dal 2003 al 2019. Si esibisce anche inglese all’estero con il suo spettacolo di Stand-up, Comedian. Attualmente è in tournèe con i suoi spettacoli (non tutti la stessa sera): Miles Gloriosus (2011), Trovata una Sega! (2014), La Scuola non serve a nulla (2016) e Sono bravo con la lingua (2020). La mattina si diverte ancora tanto ad insegnare alle Medie. Non prende mai gli ascensori.

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L'Ambrosiano

Perdono

C’è uno spread tra Italia e Germania. Non riguarda i rendimenti dei titoli ma il divario etico/politico sui conti col passato nazifascista. Ieri, il presidente tedesco Steinmeier a Varsavia, tra i suoi omologhi di Polonia e Israele, ha chiesto perdono per i crimini commessi dai suoi connazionali in divisa quando i giovani ebrei del ghetto insorsero contro gli occupanti. Erano tedeschi e lui, da Presidente della Repubblica, s’è fatto carico delle colpe dei predecessori. Non è una novità. Oltre 50 anni fa, il 7 dicembre 1970, il Cancelliere Willy Brandt aveva scritto la storia. In visita a Varsavia si inginocchiò di fronte al monumento dedicato ai resistenti del ghetto di Varsavia. Il gesto, lo ricordò lui stesso, non era premeditato: «I miei più stretti collaboratori non erano meno sorpresi dei giornalisti e dei fotografi che erano in piedi accanto a me». Der Spiegel davanti a tanta naturalezza notò che Brandt non era religioso ma aveva scelto una simbologia cristiana per parlare con la forza dei gesti e del silenzio al mondo. Confessava una colpa di cui non era responsabile e chiedeva un perdono di cui lui non avrebbe avuto bisogno: s’inginocchiò per la Germania. Meloni, La Russa, Rauti e quelli che hanno agnizioni dirette o ideologiche col fascismo si renderanno credibili a Italia e Europa inginocchiandosi a Sant’Anna di Stazzema o in altra località in cui italiani aderenti alla Repubblica di Salò e schierati con l’occupante tedesco han denunciato alle SS dove trovare non solo i partigiani da torturare per avere informazioni e poi fucilare, ma popolazioni inermi: donne, bambini, anziani e chiederanno sotto voce «Perdono». Questa può essere la base d’una riconciliazione. Il resto è retorica. Se dall’alto non c’è il segno d’una svolta continuano ad accadere episodi odiosi. Ieri è stato vandalizzato uno dei due murales della serie “Binario 21, I Simpson deportati ad Auschwitz” di aleXsandro Palombo al Memoriale della Shoah di Milano. Per lo sfregio i criminali sono andati nel giorno dello Yom HaShoah, la giornata del ricordo degli ebrei uccisi durante l’Olocausto. Per noi vigilia del 25 aprile, base della Costituzione “antifascista”, parola tabù per la destra.

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    Da ieri, 21 gennaio, fino al 18 maggio a Palazzo Reale una prima assoluta in Italia. Una mostra con oltre 100 scatti, stampe al platino che raccontano l’importanza che George Hoyningen-Huene ha avuto nella fotografia. Influenzato dall’arte classica e dal Surrealismo, l'artista ha fatto parte della cerchia ristretta di Man Ray, frequentato artisti surrealisti come Salvador Dalì, Lee Miller, Pablo Picasso e Jean Cocteau e collaborato con Vogue e Harper’s Bazaar. I suoi scatti testimoniano il vivace contesto culturale dell’epoca, dai Ballets Russes di Diaghilev, a quelli dei ballerini Serge Lifar e Olga Spessivtzeva con i costumi disegnati da De Chirico. Il servizio di Tiziana Ricci.

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    Noi e altri animali È la trasmissione che da settembre del 2014 si interroga su i mille intrecci di una coabitazione sul pianeta attraverso letteratura, musica, scienza, costume, linguaggio, arte e storia. Ogni giorno con l’ospite di turno si approfondisce un argomento e si amplia il Bestiario che stiamo compilando. In onda da lunedì a venerdì dalle 12.45 alle 13.15. A cura di Cecilia Di Lieto.

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    Oggi a Cult: Richard Gere sul film "Oh Canada - I tradimenti"; la mostra "George Hoyningen. Glamour e avanguardi" a Palazzo Reale di Milano; Matthew Lenton e Marco Paolini su "Darwin, Nevada" al Piccolo Teatro Strehler; Gianfelice Facchetti su "Arpad Weisz" al Teatro della Cooperativa...

    Cult - 22-01-2025

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    Pubblica di mercoledì 22/01/2025

    Braccia tese e saluti pericolosi. Elon Musk mette in scena alla festa di Washington il nuovo ordine trumpiano. Fa discutere in Europa la coreografia del saluto del padrone di SpaceX, tanto simile ad un saluto nazista. Sempre a Washington la vescova episcopale Mariann Edgar Budde supplica Trump per gli ordini esecutivi anti-immigrati. «Le chiedo di avere pietà, signor Presidente, per coloro che nelle nostre comunità hanno figli che temono che i loro genitori vengano portati via», ha detto la religiosa. Trump l’ha accusata di aver avuto un «tono sgradevole» e di essere «un’estremista della sinistra radicale che odia Trump». Pubblica ha ospitato Mattia Diletti, scienziato politico dell’università “La Sapienza” di Roma, e Chiara Volpato, psicologa sociale, già docente all’università di Milano Bicocca.

    Pubblica - 22-01-2025

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    A come Atlante di mercoledì 22/01/2025

    Trasmissione trisettimanale, il lunedì dedicata all’America Latina con Chawki Senouci, il mercoledì all’Asia con Diana Santini, il giovedì all’Africa con Sara Milanese.

    A come Atlante – Geopolitica e materie prime - 22-01-2025

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    TERESA MARESCA - IL PRIMITIVO DEL SOGNO

    TERESA MARESCA - IL PRIMITIVO DEL SOGNO - presentato da Cecilia Di Lieto

    Note dell’autore - 22-01-2025

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    Sguardi, opinioni, vite, dialoghi ai microfoni di Radio Popolare. Condotta da Massimo Bacchetta, a cura di Massimo Alberti

    Tutto scorre - 22-01-2025

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    Presto Presto - Interviste e Analisi di mercoledì 22/01/2025

    L'esercito israeliano si concentra ora sulla Cisgiordania, morti e feriti a Jenin, per compiacere i coloni e colpire ancora Hamas, l'analisi di Eric Salerno; con l'arrivo di Trump come cambia la diplomazia mediorientale secondo Laura Guazzone, docente di Storia contemporanea del mondo arabo alla Facoltà di Studi orientali dell'Università di Roma "La Sapienza". La cancellazione del green deal e l'uscita dagli accordi di Parigi sono già fatti, mentre l'Europa guarda a India e Cina come alleati per la transizione secondo Luca Iacoboni, responsabile relazioni esterne del centro studi ambientalista Ecco. Leonard Peltier torna a casa, ai domiciliari, ma come dice lui nell'audio che vi faccio sentire "casa è come essere liberi", il racconto di Andrea De Lotto che per 14 anni ha sostenuto la causa per la grazia e la liberazione del leader del Indian Movement in carcere da 49 anni.

    Presto Presto – Interviste e analisi - 22-01-2025

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