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L'Ambrosiano

La Repubblica è vita

La Festa della Repubblica del 2023 sembra messa lì per rincuorare. Non c’è da abbattersi dopo che la destra ha vinto le elezioni (a Catania anche con il “pizzo di Stato!); in Spagna spicca Vox; i popolari europei se va bene tolgono la fiamma missina dal logo ma integrano FdI; in Turchia rivince il “dittatore (parola di Draghi) Erdogan che coi miliardi di Bruxelles tiene i siriani (Assad alleato di Putin) in orrendi campi. Anzi, da Ankara soffia il vento più forte della destra: la poesia che libera e fa sperare. Ha le parole di Hazim Hikmet, che fece 13 anni di galera perché s’oppose a Kemal Ataturk, laico ma di metodi simili al successore. S’intitola: “Alla vita”. Invita a prenderla così sul serio «che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi / non perché restino ai tuoi figli / ma perché non crederai alla morte, / pur temendola, / e la vita peserà di più sulla bilancia». La Repubblica è vita, la nostra, anche nel 2023, nonostante i miti identitari difensivo-aggressivi della destra; balbettii e gelosie delle opposizioni; le frustrazioni della maggioranza degli elettori che non vota perché non sente prospettive e bisogni rappresentati dalla politica; lo smarrimento dei giovani prima ritenuti bamboccioni ora pericolosi perché oppongono tende e verniciature inaccettabili a governi incapaci di pensare al futuro loro e del pianeta. La Repubblica è la nostra vita da quando il popolo non la nazione mandò a casa il re complice di Mussolini (di cui La Russa tiene il busto a casa), le donne cominciaron col voto la battaglia che dura ancora, s’insediò l’Assemblea che in nome della Liberazione dal nazifascismo combattuta da patrioti avrebbe generato la pianta sempreverde della Costituzione antifascista. La Repubblica è vita perché con Hikmet e altri poeti (pensiamo a Turoldo che nel 1985, temendo per la democrazia, scrisse «Torniamo ai giorni del rischio / quando tu salutavi a sera / senza esser certo mai / di rivedere l’amico al mattino») possiamo piantare ulivi sapendo che noi non li vedremo crescere, ma loro continueranno a germogliare per figli e nipoti. Nonostante le eventuali Meloni d’ogni tempo. Un Mattarella ci sarà sempre a vegliare: speriamo.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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La scuola non serve a nulla

AUGURI DON LORENZO! – Pensieri sparsi su Don Milani

Ricorre, in questi giorni, il centenario della nascita di Don Lorenzo Milani.

Leggendo in questi anni i suoi scritti, ho pensato a un po’ di cose, magari non troppo intelligenti, riguardo al suo magistero spesso frainteso o peggio forzatamente attualizzato.

Ma le volevo esprimere comunque, in ordine sparso.

– Il pensiero di nessun altro personaggio può essere considerato (ovviamente, ripetiamolo, SE BANALIZZATO e FRAINTESO) più dannoso del suo, per la scuola italiana di oggi.

– Quando diceva “Un operaio conosce 100 parole, il padrone 1000. Per questo lui è il padrone”, sospetto che il priore di Barbiana volesse porre l’accento (al netto di cifre messe lì solo a mo’ di esempi di proporzionalità, non certo veritiere… mannaggia a Galimberti!) su quanto fosse importante provare ad allargare il lessico dell’operaio, per fare in modo “che anche lui ne conoscesse 1000”; e non, come a volte si fa nella scuola di oggi, di agire didatticamente “affinché l’operaio riuscisse a cavarsela comunque soltanto con quelle 100”.

“Se si perdono i ragazzi più difficili, la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati”. E qui mi prudono le mani: e chi non sarebbe d’accordo? Il punto è che però in questo ospedale spesso ci sono tantissimi, o forse troppi, pazienti: chi con la gamba spezzata, chi con la polmonite, chi con ustioni varie, chi con un infarto. Tutti bisognosi di cure assolutamente diverse tra loro, solo che… solo che nelle nostre scuole spesso il chirurgo è uno solo, massimo due. In questo sistema, è assolutamente normale e prevedibile che qualcuno potrebbe morire: ci si dovrebbe sorprendere del contrario. E bisognerebbe tener conto del numero di forze disponibili, e adoperarsi per estirpare la piaga delle classi-pollaio, se non ci si vuole limitare a cianciare di “scuola inclusiva”, ma si volesse davvero cercare di trasformare in azione viva e concreta l’insegnamento di Don Milani. In sostanza: Don Milani non aveva da fare il PDP per i suoi alunni Bes… ma è una cosa ovviamente positiva che questo strumento in più oggi ci sia.

– Non mi capacito di come, parlando del successo della scuola di Barbiana (“Ammazza come lo seguivano, a Don Milani, i suoi ragazzi: usiamo i suoi stessi metodi!”) e provando quindi a emularne oggi goffamente pratiche e attività, non siano stati in molti a tener conto del contesto storico sociale (da citare almeno l’articolo “Io sto con la professoressa” di Lorenzo Tomasin). A rischio di sembrare ora io quello banalizza, ricorderei, e non per spirito di contraddizione contro il “santino” Don Milani, che egli operava con ragazzi che avevano, come alternativa al passare con lui a scuola dieci/dodici al giorno, quella di ammazzarsi di fatica nel lavoro nei campi per lo stesso numero di ore. Se potessi io, oggi, porgere io una di queste sliding doors ai miei alunni e alunne (in molte parti del mondo questa alternativa c’è, e se non c’è è perché c’è solo quella del lavoro): “O vi impegnate seriamente nell’attività scolastica, o andate a lavorare in miniera tutto il giorno”, ecco, le mie classi si popolerebbero come per magia di sopraffini dantisti, indefessi matematici, divoratori di libri ignari di cosa sia TikTok, Instagram e tutti gli influencers. Vedi come amerebbero subito Shakespeare, la derivata, le guerre puniche egli affluenti di destra del Po. Ma, appunto, è un’alternativa che preferisco non avere.

– La scuola di Barbiana era organizzata in un modo oggi semplicemente improponibile: non c’era ricreazione e non era vacanza nemmeno la domenica; era una scuola a tempo pieno e che poteva essere replicata solo, diceva Don Milani, da una coppia di insegnanti (marito e moglie) che potessero accogliere in casa propria gli alunni. Se no, l’altra soluzione per essere docenti come li intendeva lui? Il celibato.

– La coincidenza storica della morte (nel 1967, l’anno prima del ’68), ha nuociuto non poco nell’ottica di una sua lettura laica, critica, non ideologica: sull’onda emotiva della sua scomparsa, i movimenti studenteschi adottarono i suoi scritti in maniera forse superficiale, quasi trovandone legittimazione: del resto, un sacerdote scomodo, spesso in contrasto con l’ortodossia del Vaticano, che parlava di una scuola democratica come strumento di eliminazione delle diferrenze di classe… non si poteva trovar di meglio: ovvio che diventasse subito facile vessillo, comodo “argumentum ab  autorictate” buono per ogni stagione e a portata di mano per i valori rivendicati in quelle lotte.

– Alcune affermazioni nella “Lettera… “ stridono terribilmente con indirizzi pedagogici – neanche troppo moderni – ormai pacificamente accolti dalla comunità educante, ad esempio in frasi come “meglio usare la frusta che bocciare”, o come quando rigetta l’interdisciplinarietà tra materie diverse; o, ancor peggio, quando deride le “opinioni personali” espresse dagli alunni sui testi letterari: se di Petrarca l’alunno avrà letto al massimo due sonetti, che opinione potrà mai avere? Che ce ne facciamo del suo punto di vista? “Un ragazzo che pensa di avere un’opinione personale su cose più grandi di lui è un imbecille”.

– In ultimo, la cosa più curiosa (che, volendo, potrebbe fungere da perfido giochetto per sgamare chi ha davvero frequentato gli scritti di uno tra i più citati ma meno letti personaggi della cultura italiana del Novecento): nella “Lettera…” è celebre la contrapposizione tra i due bambini, Gianni e Pierino, figli uno di ricchi borghesi di città, l’altro di poveri contadini. Uno diligente, l’altro quasi una discola bestiolina difficilmente scolarizzabile. Ecco, per una sorta di controintuitiva operazione onomastica, il bravo borghesuccio è, contro le nostre aspettative barzellettistiche, Pierino, non Gianni. Il “Gianni”, nella lettera di Don Milani, è il figlio di contadini. Su questo aspetto, si confondono più persone di quanto possiate credere…

Quindi, più che alla pedissequa riproposizione del suo modello, lunga vita alla sua altissima testimonianza di personale sacrificio pedagogico, al senso di assoluta dedizione ai suoi ragazzi, al suo monito “I Care” come immanente presidio morale e civico sulle nostre istituzioni scolastiche. Perchè se siamo tutti d’accordo che il primo aspetto è sostanzialmente inattuabile, sarebbe però motivo di speranza che il sistema permettesse almeno la sopravvivenza dello spirito che animava il secondo.

Buon compleanno Don Lorenzo!

 

 

Che ne pensate? Per qualunque cosa vogliate dirmi riguardo ai miei articoli su questo Blog, dagli apprezzamenti, ai consigli, alle critiche fino agli insulti (questi ultimi però purché formulati rigorosamente in lingue antiche), scrivete a: antonellotaurino1@gmail.com .

 

  • Antonello Taurino

    Docente, attore, comico, formatore: in confronto a lui, Don Chisciotte è uno pratico. Nato a Lecce, laurea in Lettere e diploma in Conservatorio, nel 2005 si trasferisce a Milano. Consegue il Diploma di attore nel Master triennale SAT 2005-2008 del M° J. Alschitz e partecipa a Zelig dal 2003 al 2019. Si esibisce anche inglese all’estero con il suo spettacolo di Stand-up, Comedian. Attualmente è in tournèe con i suoi spettacoli (non tutti la stessa sera): Miles Gloriosus (2011), Trovata una Sega! (2014), La Scuola non serve a nulla (2016) e Sono bravo con la lingua (2020). La mattina si diverte ancora tanto ad insegnare alle Medie. Non prende mai gli ascensori.

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Mia cara Olympe

Lucia Annunziata e il romanzo delle dimissioni

Non so se qualcuno lo abbia già scritto – la mia breve e probabilmente difettosa indagine sul web ha prodotto solo titoli di ambito giuslavoristico o di lettura sociologica – ma piacerebbe leggere un gran romanzo delle dimissioni in Italia. Pensateci, affidato ad una penna caustica e intelligente e che stia lontana dai populismi, il gran romanzo potrebbe spaziare tra le mille storie – come dimenticare, per esempio le dimissioni di papa Benedetto XVI rivelate dallo scoop della vaticanista dell’Ansa Giovanna Ghirri grazie alla sua conoscenza del latino?  – e soprattutto le mille posture delle dimissioni all’italiana.  Ci sono quelle soltanto minacciate, quelle sussurrate per portare a casa il risultato, quelle offerte perché si venga tirati per la giacchetta e implorati di restare, quelle manifesto di indignazione colmo di virtù civili, quelle da maschio alfa che non si fa mettere i piedi in testa, quelle un po’ democristiane che si lasciano tutte le porte aperte, ché nella vita non si sa mai.. Queste ultime direi molto frequenti.

E, accanto, c’è il grande capitolo delle reazioni alle dimissioni medesime: nell’italico mondo va alla grande quella che svaluta il gesto, che lo ridimensiona e lo rimpicciolisce. Il recente caso Fazio è paradigmatico: ci sarà anche il governo Meloni, ci sarà anche l’occupazione della Rai  ma – e non so quante volte ho letto questa frase sui social –  “Hai presente quanto guadagna Fazio? E io dovrei preoccuparmi se lascia la Rai? Ma chi se ne frega”.

Poi arriva il giorno in cui se ne va Lucia Annunziata, alle cui dimissioni andrebbe dedicato un capitolo. Perché le sue sono (rare) dimissioni senza equivoci. Cioè sono dimissioni che chiunque può capire, anche senza essere addentro alle segrete manovre Rai, anche senza appartenere al mondo giornalistico o di ‘quelli che sanno le cose’. Dimissioni lineari: non mi piacete, non mi piace il governo Meloni, non mi piace l’occupazione della Rai, ma al contempo non voglio che il mio lavoro sia in ostaggio. Nero su bianco, righe poche, ma chiare e concise. Dirà qualcuno che sono ingenua, che il retroscena c’è sempre, che c’è pronta una candidatura alle europee, che lei, un po’ meno di Fazio ma egualmente, se lo può permettere e per cui le è facile sbattere la porta mentre ci sono quelli che, per causa di bollette, devono restare sotto il giogo straniero… Oppure qualcuno dirà – altro italianissimo sport – che non è poi così brava, che è filoquesto o filoquello, che quella volta o in quella occasione…

Sapete che c’è? La breve lettera di Annunziata – e non mi arrischio a sostenere che c’entra il genere, ma chissà forse sì, ma di sicuro c’entra il rispetto di sé e del proprio lavoro, forse anche l’età di chi ne ha viste e passate tante e non vuole più passarle tutte – mi è sembrata  una boccata d’aria nell’Italia che si accoda, che tira la pietra e nasconde la mano, nell’Italia dei bizantinismi e delle circonlocuzioni, delle porte sempre lasciate socchiuse, nell’Italia che si dimette ma forse anche no. Attenzione, una boccata d’aria, non un gesto di eroismo. E, per chi fosse punto da curiosità, no, non sono sua amica.

 

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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L'Ambrosiano

Narcisi

Maggio mese dei narcisi. Nei prati è ormai difficile trovarli. In politica invece fioriscono in progressione geometrica. Il nome del fiore verrebbe dal greco narkào: stordirsi, intorpidirsi; profumo inebriante, ma un po’ tossico. Esempi. Meloni il 1° maggio posa a Palazzo Chigi adattato a set; Salvini lega sconfitta Milan-alluvione (Romagna allagata lui pensa al Ponte di Messina); Lollobrigida teme d’essere sostituito etnicamente; Roccella pretende che i contestatori dialoghino con lei che ha però rifiutato d’incontrare i Sindaci; Berlusconi, che rimpianto!, sistema lui Centro e Forza Italia. Per la mitologia Narciso è una vicenda tragica: giovane e bello da far innamorare tutti. La più pazza di lui è la ninfa Eco. Ma Narciso la respinge: niente relazioni. Non le resta che andar per valli gemendo d’amore non corrisposto: di lei rimane la voce, l’eco. Nemesi vede e non tollera il disprezzo dell’altro. Dea della giustizia distributiva punisce chi va oltre misura, turba rapporti e ordine dell’universo. Fa pagare anche ai discendenti ingiustizie o colpe di uomini e nazioni. Narciso entra nel bosco, si china per bere ad una pozza, vede la sua immagine nell’acqua, se ne innamora; preso di sé non s’accorge d’esser lui. Si lascia morire. Poteva avere chiunque, ogni cosa ma non sa relazionarsi, amare. Donne e uomini fan vivere i miti nel tempo. Oggi specchiandosi negli esiti elettorali a qualcuno vien più sete: s’abboffa di poltrone, appartenenze, diritti negati, identità, Costituzione da stravolgere, riscritture della storia. Se però si è Narcisi insaziabili da neanche riconoscere Bonaccini commissario può capitare che bevendo all’ennesima affermazione di sé e all’esclusione di altri taluni politici di destra si scoprano per ciò che sono. Con quel che segue. Tiresia l’indovino aveva avvertito: Narciso avrebbe raggiunto la maggiore età (l’intera legislatura?) «se non avesse mai conosciuto sé stesso». Nemesi non perdona. Ma nulla è perduto; se i Narcisi si riprendono dallo stordimento (visione proprietaria delle istituzioni) e chi s’oppone o contesta civilmente insiste nel denunciare, argomentare pensare, proporre alternative credibili, sognare. Viver la democrazia da farla digerire anche ai Narcisi indisposti.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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L'Ambrosiano

Intossicazione

La premier domenica m’ha preoccupato. Col cappello da ufficiale superiore degli Alpini e il sorriso ha benedetto il ripristino del servizio di leva. L’aggiunta «purché sia su base volontaria e in alternativa al servizio civile» ha configurato il classico pezo el tacón del buso, il rimedio peggio del male. Smettiamola di rassicurarci, sottrarci a eventuali responsabilità, parlar di gaffe, incompetenze, classe dirigente inesperta, incidenti di percorso. C’è un disegno (non “un pensiero”: questo, se tale, è aperto a confronto, dialogo, condivisione) ormai chiaro della destra: smontare l’impianto culturale della Costituzione e far passare un sistema autoritario nei modi, discriminatorio nella gestione, da suprematismo bianco nella visione dell’uomo. I precedenti son noti: lotta a immigrati e ong; decreti insicurezza; narrazioni burlesque su via Rasella e Fosse Ardeatine; afasia nel riconoscere “antifascista” la Costituzione; sforzo di delegittimare la “triplice” sindacale; “sostituzione etnica”; tentativo di scippare il Papa ai cattolici; tende degli studenti colpa di sindaci di centrosinistra. La mini naja è sbocco emblematico, pericoloso. Già caldeggiata dal Presidente del Senato (col busto del duce in casa) e sostenuta dalla Lega, si sposa coi plausi di Salvini all’autodifesa. In 40 giorni, dice La Russa, come al Car: disciplina; cameratismo; confidenza con le armi; si dà ai giovani i rudimenti d’una mentalità basata sui rapporti di forza. Ha cantato De André: «Sparagli Piero, sparagli ora / e dopo un colpo sparagli ancora». Se Piero ha un sussulto d’umanità «quello si volta, ti vede e ha paura / e mentre imbraccia l’artiglieria / non ti ricambia la cortesia». Un’intossicazione progressiva dell’aria sento. L’assorbimento dall’esterno di veleni, sostanze nocive o avariate intacca i tessuti, anche quelli nervosi. Scattano autocensure (Levi che caccia Rovelli e poi ci ripensa). T’accorgi ed è tardi. Si devon contrastare le cause intossicanti, parlare con le persone, andare in piazza se serve. Cantava De André: «Ninetta mia crepare di maggio / ci vuole tanto troppo coraggio». Il coraggio è non subire, opporre resistenza: tempi, modi, mete da definire. Vediamo i guasti: siamo ancora sani! Ce la possiamo fare.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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    Rassegna stampa - 18-03-2025

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    Metroregione è il notiziario regionale di Radio Popolare. Racconta le notizie che arrivano dal territorio della Lombardia, con particolare attenzione ai fatti che riguardano la politica locale, le lotte sindacali e le questioni che riguardano i nuovi cittadini. Da Milano agli altri capoluoghi di provincia lombardi, senza dimenticare i comuni più piccoli, da dove possono arrivare storie esemplificative dei cambiamenti della nostra società.

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    Jack è il magazine musicale quotidiano di Radio Popolare: Matteo Villaci vi accompagna tra le ultime novità discografiche e le notizie del giorno, con approfondimenti, interviste e speciali. Senza mai dimenticare la passione per la musica dal vivo, con i nostri imperdibili minilive.

    Jack - 18-03-2025

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    "Uno Spettacolo Italiano" firmato da Niccolò Fettarappa e Nicola Borghesi

    Due artisti di teatro si trovano a vivere in un’Italia nuova, in cui non c’è più spazio per i loro spettacolini di sinistra. La storica egemonia culturale è terminata. Purtroppo, non sanno fare nient’altro che spettacoli di teatro. Non c’è via di scampo: devono diventare artisti di destra. Anche perché, se a sinistra lo spazio è poco -sempre meno- e molta la concorrenza, a destra ci sono praterie. C’è lo spazio per una nuova classe dirigente. Per una nuova egemonia, tutta da costruire, della quale essere protagonisti. Il problema è che loro, la destra, non la conoscono bene. Cercano allora di capire come si faccia, uno spettacolo così. Si domandano cosa sia, la destra, che confini abbia. Studiano, si informano, immaginano, fantasticano. Ci provano. Poi cominciano, così: "Hanno vinto loro. E ora dobbiamo obbedire. Spazi, case, televisioni e piazze hanno i loro colori. E noi, sempre più sbiaditi. Se non puoi batterli, e non possiamo, unisciti a loro. Loro sono la maggioranza. E forse un motivo c’è. Nel mondo della cultura c’è bisogno di una nuova classe dirigente. E noi siamo pronti. Dove c’è discordia, porteremo armonia. Dove c’è errore, porteremo verità. Dove c’è dubbio, porteremo fede. Dove c’è angoscia, porteremo speranza. Questo è uno spettacolo di destra. Siamo Nicola e Niccolò e siamo pronti a rinnegare tutto, siamo pronti a salire sul carro dei vincitori. E non faremo prigionieri." Oggi a Cult Ira Rubini ha ospitato Niccolò Fettarappa per parlare dello spettacolo, realizzato insieme a Nicola Borghesi, che debutta proprio oggi all'Arena del Sole di Bologna.

    Clip - 18-03-2025

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    Musica leggerissima di martedì 18/03/2025

    a cura di Davide Facchini. Per le playlist: https://www.facebook.com/groups/406723886036915

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    Considera l’armadillo di martedì 18/03/2025

    Per riascoltare Considera l'armadillo noi e altri animali ospiti Luigi di @Ohana Animal Rescue Family di Empoli e Elena Sabella di @Rifugio Chico Mendes di Campi Bisenzio per parlare della drammatica situazione dopo le piogge dei giorni scorsi, ma anche di @Lav, di @Ihp Italian Horse Protection. A cura di Cecilia Di Lieto.

    Considera l’armadillo - 18-03-2025

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    Cult di martedì 18/03/2025

    Cult è condotto da Ira Rubini e realizzato dalla redazione culturale di Radio Popolare. Cult è cinema, arti visive, musica, teatro, letteratura, filosofia, sociologia, comunicazione, danza, fumetti e graphic-novels… e molto altro! Cult è in onda dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 11.30. La sigla di Cult è “Two Dots” di Lusine. CHIAMA IN DIRETTA: 02.33.001.001

    Cult - 18-03-2025

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    Pubblica di martedì 18/03/2025

    «Dal decennio populista al nazionalcapitalismo». Lo scienziato politico Mattia Diletti, dell’università La Sapienza di Roma, ne ha parlato a Pubblica. Negli anni ‘10 in occidente maturano movimenti e leader politici che si fanno portatori dell’insoddisfazione delle classi medie e di quelle più povere della società. Sono le conseguenze della crisi del 2007-2008, e dell’impoverimento crescente. In Europa è il lascito delle politiche di austerità. I leader populisti promettono cambiamenti radicali in nome del popolo, l’affossamento delle elite. Si dicono anti-sistema. Negli anni ‘20 prende corpo l’ideologia nazionalcapitalista (organizzazione capitalista, nazione, interesse nazionale, promessa di restituzione di benefici materiali e immateriali andati perduti). Finirà per alimentare il consenso verso gli esponenti attuali del sovranismo di destra più estremo.

    Pubblica - 18-03-2025

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    A come America di martedì 18/03/2025

    Donald Trump e la svolta conservatrice della democrazia USA. A cura di Roberto Festa e Emanuele Valenti

    A come America - 18-03-2025

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    A come Atlante di martedì 18/03/2025

    Trasmissione trisettimanale, il lunedì dedicata all’America Latina con Chawki Senouci, il mercoledì all’Asia con Diana Santini, il giovedì all’Africa con Sara Milanese.

    A come Atlante – Geopolitica e materie prime - 18-03-2025

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    CHIARA MARCHELLI - LA FIGLIA DI LUI

    CHIARA MARCHELLI - LA FIGLIA DI LUI - presentato da Ira Rubini

    Note dell’autore - 18-03-2025

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    Tutto scorre di martedì 18/03/2025

    Sguardi, opinioni, vite, dialoghi ai microfoni di Radio Popolare. Condotta da Massimo Bacchetta, a cura di Massimo Alberti

    Tutto scorre - 18-03-2025

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    Presto Presto - Interviste e Analisi di martedì 18/03/2025

    L'attacco di Israele a Gaza rompe la già fragile tregua, si apre con la notizia che non avremmo voluto dare la giornata e cambia la nostra scaletta in studio Emanuele Valenti fa il punto sui morti e la dimensione dei bombardamenti. Da Gerusalemme Gabriele Segre Presidente Fondazione Vittorio Dan Segre analizza la strategia di Netanyhau e l'approvazione di Trump. L'appello degli scienziati contro il riarmo spiegato dal fisico e divulgatore Carlo Rovelli tra i promotori (oggi esce per Feltrinelli il suo nuovo libro "Il volod i Francesca").

    Presto Presto – Interviste e analisi - 18-03-2025

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    Presto Presto - Lo stretto indispensabile di martedì 18/03/2025

    Il kit di informazioni essenziali per potere affrontare la giornata (secondo noi).

    Presto Presto – Lo stretto indispensabile - 18-03-2025

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