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Tra Buddha e Jimi Hendrix

La Figlia dell’Uomo Tigre: storia di una donna sospesa fra due mondi

Geia Laconi è una donna sospesa fra due mondi e, probabilmente, lo resterà per sempre. Questo succede se sei, come recita il suo coinvolgente memoir, una “Figlia dell’uomo tigre”, con un piede ben saldo a Firenze e un altro immerso come una radice in un villaggio della giungla indonesiana.
La storia di Geia è singolare, bizzarra, a tratti magica come una fiaba, a tratti dolorosa come sa essere solo la vita.
Tutto inizia sul finire degli anni Settanta con Laura, un’inquieta ragazza hippy fiorentina che, a poco più di vent’anni, parte per l’Africa assetata di esperienze e si innamora follemente di Laconi, un giovane indonesiano dal portamento di un principe antico. E i due in questo sogno apparentemente non destinato a durare, nato all’improvviso in una terra che non è di uno né dell’altro, ci credono al punto da mettere al mondo una figlia, Geia appunto, che nasce in Indonesia ma piccolina ritorna in Italia. Sì perché quei due mondi sono proprio diversi, e per Laura è troppo dura vivere al villaggio. Per un po’ resiste ma poi chiede a Laconi di tornare indietro. E lui, sempre affabile e gentile, in Italia accetta di venirci, anche se non è semplice, soprattutto in anni in cui di indonesiani nel nostro paese ce ne sono davvero pochi, ed è difficile ambientarsi e trovare una propria confort zone. Anche perché, ammettiamolo, l’Italia non è mai stato un paese che si è distinto per l’accoglienza: la diffidenza per tutto quello che è un po’ diverso qui da noi ha vinto sempre facile. Nonostante le difficoltà d’ambientamento, comunque, Laconi trova lavoro in una pasticceria, cerca di adattarsi al nostro strano nuovo mondo, così lontano dalla natura e dalle sue rassicuranti regole, ma poco a poco si spegne, complice le tante, troppe differenze. E non è semplice nemmeno per Geia, che intanto cresce. Il tempo svela poco alla volta una bambina dagli occhi grandi, con quel taglio tipico dei figli di quello spicchio d’Asia, e i capelli lunghi, lisci e neri, diversi da quelli dei compagni. Ma apparire diversa, soprattutto nella giovane età che odora di insicurezza, non è certo quello che lei vorrebbe. E allora si vergogna, si vergogna di tutte le sue particolarità, pure di quel papà così diverso dagli altri genitori, e cerca di allontanarsi da lui quanto da quelle origini che sente scomode. Ma non funziona, quando sente germogliare dentro un qualcosa di simile alla tanto bramata omologazione coi coetanei, ecco che il richiamo delle sue radici, di quella natura che tanto permea cuore e anima del popolo indonesiano comincia a urlare richiamandola a sé. E lei in bilico, nel mezzo, sospesa fra quei due mondi di cui si diceva prima.
Attraverso le pagine di “Figlia dell’uomo tigre” Geia ci racconta un percorso di crescita diverso da quelli tradizionali che sarebbe disonesto “spoilerare” perché questo è un libro che va letto e apprezzato in tutte le sue sfumature. Dico solo che alla fine ci lascia con un monito pregno di verità: in un mondo come quello attuale, dove si tende ad appianare ogni diversità, dove sembra che sei a posto solo se mostri foto ritoccate di te sorridente al mare possibilmente seduto in uno stabilimento balneare modaiolo che può essere Ostia Lido o le Hawaii da quanto tutto appare uguale, bisogna apprezzare le proprie particolarità. Un messaggio, quello che scorre impetuoso fra le pagine del libro, che prima contempla, poi accetta e infine esalta le diversità, l’importanza della riconnessione con le proprie radici e con la forza primordiale della nostra madre terra.
E questo Laconi, il papà di Geia dal sorriso grande e gli occhi buoni, lo aveva capito.

  • Federico Traversa

    Genova 1975, si occupa da anni di musica e questioni spirituali. Ha scritto libri e collaborato con molti volti noti della controcultura – Tonino Carotone, Africa Unite, Manu Chao, Ky-Many Marley – senza mai tralasciare le tematiche di quelli che stanno laggiù in fondo alla fila. La sua svolta come uomo e come scrittore è avvenuta grazie all'incontro con il noto prete genovese Don Andrea Gallo, con cui ha firmato due libri di successo. È autore inoltre autore di “Intervista col Buddha”, un manuale (semi) serio sul raggiungimento della serenità mentale grazie all’applicazione psicologica del messaggio primitivo del Buddha. Saltuariamente collabora con la rivista Classic Rock Italia e dal 2017 conduce, sulle frequenze di Radio Popolare Network (insieme a Episch Porzioni), la fortunata trasmissione “Rock is Dead”, da cui è stato tratto l’omonimo libro.

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L'Ambrosiano

Requiem per il centro

I funerali di Stato son per l’uomo Silvio Berlusconi, ma la solennità della cerimonia sancisce una svolta collettiva; nel Duomo di Milano va in
scena il Requiem per una formula politica svuotata: “centro”. Cade la foglia di fico: dal 14 giugno il governo Meloni-Salvini è formalmente ciò che nei primi sei mesi ha mostrato di essere: dura e pura destra. Berlusconi non ha eredi, se non i figli; anche da politico, per lui contava la famiglia. E Marina, Piersilvio insieme a fratelli e sorelle han da pensare a salvaguardare le aziende visti i segnali della Borsa resa euforica da appetiti non occulti. Nessuno ha la sfera di cristallo su cosa saranno Forza Italia, i quadri del partito-azienda, gli eletti grazie al nome Berlusconi in ditta. Ma gli equivoci vengon sepolti con il Cavaliere. Questi non sarà più il “garante per l’Europa” che l’Italia, pur orientata a destra, sarebbe rimasta ancorata al centro: moderatismo, estro e alcuni valori di tipo liberale. Bruxelles e Cancellerie han già potuto constatare ideologia, revanche, determinazione di Meloni su: diritti (Cutro, Sindacati espropriati del 1° maggio, coppie omogenitoriali); rispetto istituzionale (ostracismo a Bonaccini sulla pelle dei romagnoli); equità fiscale (flat tax, condoni); servizi (tagli a sanità, scuola, territorio);
atlantismo ed europeismo (con salamelecchi a Paesi ricchi di gas che evitano sanzioni a Mosca e violano diritti); moralità pubblica (codice degli appalti criticato dall’Anticorruzione); insofferenza verso Magistratura contabile e ordinaria (Corte dei Conti nell’angolo e Giudici sotto inchiesta per il magnate russo non sorvegliato); opere pubbliche (miliardi per il Ponte del Carroccio mentre il Paese frana indifeso). Attenzione però. I toni gravi del Requiem per il centro suonano anche a sinistra. Alibi, paure, calcoli, giochini: finiti! Urgente è decidersi a far politica per: lavoro; giovani; casa; scuola; sanità pubblica; giustizia sociale; fisco progressivo; cultura; diritti; pace; ambiente; Costituzione antifascista (né autonomia differenziata, né presidenzialismo!); informazione (basta videoveline). Con piazze mobilitate su obiettivi! Poi le alleanze. Chi fa distinguo non è al centro ma strizza l’occhio a destra.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Appunti sulla mondialità

I social sono già vecchi

La maxi-stangata nei confronti di Meta, il colosso di Mark Zuckerberg, arrivata dopo che la Commissione irlandese per la protezione dei dati personali ha accertato una sistematica violazione del regolamento europeo sulla privacy, è la più grande multa mai comminata a un soggetto del mondo high-tech in Europa: ben 1,2 miliardi di euro. L’attività giudicata illegale, che Meta dovrebbe cessare entro sei mesi, è il trasferimento dei dati degli utenti europei dei social della compagnia sui server ubicati negli Stati Uniti. Potrebbe sembrare una questione marginale, invece riguarda il core business di social come Facebook e Instagram che vivono, commercialmente parlando, proprio dell’accumulo, del trasferimento e della vendita a scopo pubblicitario dei dati che ogni giorno gli utenti “donano” loro, più o meno consapevolmente. Una massa di dati che tocca ogni aspetto della vita privata delle persone, dai gusti culinari alle idee politiche. Informazioni che mai prima d’ora erano state raccolte in modo così dettagliato e in tale quantità, per giunta senza spendere un dollaro, e traendone poi grandi guadagni.

La diatriba tra la Commissione e i colossi che gestiscono i social risale a qualche anno fa, quando per la prima volta, dopo le rivelazioni di Edward Snowden, si cominciò a parlare del trasferimento dei dati negli USA e del conseguente utilizzo che ne fa anche l’intelligence di Washington. Intanto gli Stati Uniti hanno dichiarato guerra al colosso cinese Huawei perché sospettato di compiere un’operazione analoga: raccogliere i dati degli americani che usano i suoi device e renderli accessibili alle autorità cinesi.

Proprio questa è stata la rivoluzione che i social hanno portato nel mondo dello spionaggio: più che indagare per procurarsi dati specifici, relativi alle persone o alle società che si intende controllare, oggi basta sapersi muovere in una massa enorme di dati, cercando quelli che questi soggetti riversano volontariamente in rete.

C’è poi anche il tema della pubblicità, sempre più mirata perché tarata in base ai nostri gusti e preferenze, e che già si annuncia come un altro terreno di sbarco dell’intelligenza artificiale. Senza dimenticare la questione dei meccanismi che queste società hanno oliato per pagare poche tasse – se non nessuna – a fronte di immensi profitti. È quasi paradossale che l’Irlanda, Paese chiave nella strategia di “evasione legale” elaborata a livello europeo dai giganti dell’high-tech, oggi sia lo Stato chiamato a comminare la maxi-stangata a Meta: ma è anche inevitabile, trovandosi in Irlanda la sede europea dell’azienda.

Questa vicenda andrà avanti nei tribunali finché durerà il negoziato tra Washington e Bruxelles sul trattamento dei dati, regolamentato diversamente sui due lati dell’Atlantico. Visto l’errore compiuto scommettendo sul successo commerciale del metaverso, che invece ancora annaspa, Meta ora si concentrerà sulla riduzione dei costi e sugli introiti della pubblicità sui social network. Quest’ultima è già aumentata esponenzialmente su Facebook, al punto da far allontanare molti utenti perché bombardati di pubblicità mirata.

Per il settore si tratta di una crisi di crescita, nel senso che social come Facebook hanno ormai quasi esaurito il bacino potenziale di utenti, e c’è sempre un nuovo competitor, come accaduto con TikTok, che erode la posizione acquisita negli anni. In ogni caso, non sono tempi facili per chi aveva promesso una rivoluzione nella storia della comunicazione tra gli esseri umani e, alla fine, ci vende un “new media” infestato di pubblicità. Forse, più che nuovo, questo mondo è già vecchio, si è logorato con la stessa velocità con cui i social fanno invecchiare le notizie. E forse siamo pronti per qualcosa di nuovo, che però ancora non conosciamo.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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L'Ambrosiano

La videopremier

Leggio, microfono, fogli, modi di chi parla a interlocutori. Ma di fronte Giorgia Meloni non ha nessuno. In un set allestito in un palazzo governativo tunisino va in scena la versione della Premier circa l’incontro col Presidente Saied. Nessuna domanda né chiarimenti chiesti da qualche giornalista che facendo il suo mestiere vorrebbe disporre di elementi per raccontare cosa il governo ha trattato con un Paese in difficoltà democratica quanto a: migranti; petrolio e gas per Italia ed Europa; fondi internazionali miliardari per salvare il regime come contropartita dell’alt alle continue partenze di disperati; tutela dei diritti umani delle migliaia di profughi che provenendo da altre regioni dell’Africa nella speranza di varcare il Mediterraneo incappano in trafficanti (come in Libia) e discriminazioni in Tunisia in una disperata lotta tra poveri. Da Tunisi a Roma: stesso copione. Meloni è una videopremier: non dialoga, s’impone. Nel mese passato ha parlato via video su temi per i quali sarebbe stato utile un confronto con l’opinione pubblica: 1° maggio, set allestito a Palazzo Chigi per far passare il messaggio melosalviniano «noi lavoriamo, loro cantano»; Stati Generali dei Commercialisti; Festival dell’Economia di Trento; Convegno su temi identitari “Nazione e patria. Idee ritrovate”; visita alla Romagna alluvionata, dove l’”evitare le passerelle” in realtà è stato frutto d’un’accorta regia anche nei tempi di ritorno dal G7. Giornalisti evitati con riprese fornite da Palazzo Chigi (una volta veline, oggi video): stivali, luoghi, persone giuste da cui essere accolta come un’apparizione, regia di Galeazzo Bignami (viceministro oggi; per la storia: ritratto in divisa nazista in una festa d’addio al celibato), candidato di Meloni a sfrattare Bonaccini in Regione e commissario alla ricostruzione. Nei compiti di Ordine e Sindacato dei Giornalisti c’è la moral suasion perché esponenti pubblici che preferirebbero soliloqui accettino dialogo coi media e pluralità delle fonti; poi le mobilitazioni qualora si preferiscano i dischi della Voce del Padrone al confronto. Continuiamo a tutelare la libera manifestazione del pensiero di cui all’art. 21 della Costituzione antifascista, nel suo 75°. Se non ora, quando?

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Mia cara Olympe

#Losapevamotutte, ma ci abbiamo sperato

È vero, lo sapevamo tutte, come da hashtag da tante condiviso, quando si è saputo che Giulia Tramontano, 29 anni e un bambino in grembo, era stata uccisa dal suo compagno e il suo povero corpo ritrovato in un’intercapedine poco lontano da quell’appartamento in cui fino a qualche giorno fa sperava di accogliere e crescere suo figlio insieme al padre.

Lo sapevamo tutte, come non saperlo quando il copione si ripete con tanta frequenza, quando lui denuncia la scomparsa, appare stranito e, via via, si aprono buchi nella ricostruzione che il lavoro paziente degli inquirenti chiarisce: la lite, la scoperta di un’altra – pure lei incinta e poi costretta ad abortire – i messaggi via chat alla mamma e all’amica per far reggere il fragile castello di una scomparsa volontaria. Lo sapevamo tutte, non è purtroppo neanche la prima volta che una donna incinta viene uccisa: mi torna in mente una storia che avevo seguito nel lontano 2006, la morte crudele di Jennifer Zaccconi,  22 anni appena, al nono mese di gravidanza, massacrata e sepolta che era ancora viva  dall’uomo con cui stava, sposato e padre di due figli. Di recente quella storia è tornata fuori: i parenti della ragazza non hanno diritto a nessun risarcimento, hanno stabilito i giudici d’appello.

Lo sapevamo tutte. Molte cose sappiamo della violenza contro le donne, i numeri innanzitutto e sono più di 100 ogni anno le vittime, la trasversalità a ogni condizione sociale ed economica, il tema dell’autorizzazione maschile e della violabilità del corpo delle donne, la gigantesca questione culturale che impasta ancora le relazioni tra uomini e donne e non le fa libere e non le fa eguali.

Lo sapevamo tutte dunque, lo sapevo anche io e per tutti i motivi di cui sopra. Eppure ieri, passando dalla Stazione centrale e vedendo così vicino il bel volto di Giulia nei tanti manifesti che chiedevano di attivarsi per ritrovarla, ho dato per un attimo retta al mio desiderio che per una volta, una sola volta, ci potessimo sbagliare, che lei tornasse da chi le voleva bene, che una famiglia affettuosa, che si era precipitata a cercarla dalla Campania a Milano, riuscisse a riabbracciarla, ad aiutarla a guarire il dolore, a uscire da una relazione tossica, e ad accogliere il suo bambino come vanno accolti i bambini. Lo stesso desiderio  sconfitto l’ho visto ripetersi nei commenti di tante donne oggi, quando si è saputo – in tutti gli orribili dettagli, in tutta la sua atroce dinamica – che invece era stata uccisa dal suo compagno. Non si sperava in  un lieto fine – sarebbe comunque stata una storia atroce e un uomo da cui scappare a gambe levate –  ma in una salvezza sì. Molti anni fa uno slogan della Casa d’accoglienza delle donne maltrattate recitava più o meno così: ‘Prima di tutto vive’. Ferite, deluse, a pezzi, ma almeno vive. Ce l’ho fisso in mente: siamo ancora lì, a cercare di raggiungere almeno questo, ad essere ancora una volta smentite.

 

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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    Sapore Indie - 22-01-2025

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    A fine giornata selezioniamo il fatto nazionale o internazionale che ci è sembrato più interessante e lo sviluppiamo con il contributo dei nostri ospiti e collaboratori. Un approfondimento che chiude la giornata dell'informazione di Radio Popolare e fa da ponte con il giorno successivo.

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    Invalidità civile e previdenziale: nona puntata

    Ultima puntata della nostra rubrica sull'invalidità civile e previdenziale: oggi parliamo della Legge 68, cioè la legge sull'inserimento lavorativo delle persone con disabilità.

    37 e 2 - 22-01-2025

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    Esteri di mercoledì 22/01/2025

    1-Jenin sotto attacco. Le mire del governo di Netanyahu sui territori dell’autonomia palestinese. ( Eric Salerno, Prof Laura Guazzzone) 2-Stati Uniti. Gli ordini esecutivi di Donald Trump stanno generando solo caos. Aperte inchieste sui funzionari che si rifiutano di far rispettare le nuove politiche sull'immigrazione.( Roberto Festa) 3-L’influenza di Project 2025 nella deriva autoritaria della nuova amministrazione. Il documento di 900 pagine fu elaborato da Heritage Fondation un think thand di estrema destra 4-Il saluto nazista di Elon Musk visto dalla Germania La rassegna stampa a cura di Alessandro Ricci 5-Cina , tra una settimana l’anno del serpente di legno ( Emanuele Giordana) 6- progetti sostenibili: esperimenti di urbanistca e agricoltura in Olanda. ( Fabio Fimiani) 7-Romanzo a fumettti. Tokyo Higoro – Tokyo giorno per giorno il graphic novel di Taiyo Matsumoto.

    Esteri - 22-01-2025

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    Poveri ma belli di mercoledì 22/01/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Doppio Click è la trasmissione di Radio Popolare dedicata ai temi di attualità legati al mondo di Internet e delle nuove tecnologie. Ogni settimana, dal lunedì al giovedì, approfondiamo le notizie più importanti, le curiosità e i retroscena di tutto ciò che succede sul Web e non solo. A cura di Marco Schiaffino. Ogni settimana approfondiamo le notizie più importanti, le curiosità e i retroscena di tutto ciò che succede sul Web e non solo. A cura di Marco Schiaffino.

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    Vieni con me di mercoledì 22/01/2025

    Vieni con me! è un’ora in cui prendere appunti tra condivisione di curiosità, interviste, e il gran ritorno di PASSATEL, ma in forma rinnovata!! Sarà infatti partendo dalla storia che ci raccontano gli oggetti più curiosi che arriveremo a scoprire eventi, iniziative od occasioni a tema. Eh sì, perché poi..ci si incontra pure, altrimenti che gusto c’è? Okay ma dove, quando e poi …con chi!?! Semplice, tu Vieni con me! Ogni pomeriggio, dal lunedì al venerdì, dalle 16.30, in onda su Radio Popolare. Per postare annunci clicca qui Passatel - Radio Popolare (link - https://www.facebook.com/groups/passatel) Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa, un oggetto particolare o proporti come espert* (design, modernariato o una nicchia specifica di cui sai proprio tutto!!) scrivi a vieniconme@radiopopolare.it Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni

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    Radio Popolare Minilive - Roberto Cacciapaglia

    A pochi giorni dall'annuncio del suo nuovo tour, Time to Be, al via martedì 25 marzo 2025 dall'Auditorium Mahler di Milano, il compositore e pianista Roberto Cacciapaglia è stato ospite di Jack per una chiacchierata con Matteo Villaci e un paio di brani dal vivo.

    Clip - 22-01-2025

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    Playground di mercoledì 22/01/2025

    Tributo a Garth Hudson, ultimo componente dei The Band.

    Playground - 22-01-2025

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