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Politica leggera

No Draghi, la demagogia vaccinale no

A pensarci, l’uscita di Draghi contro chi salta la fila per farsi il vaccino non mi è piaciuta granché.

Anzi non mi è piaciuta per niente.

Buona per la demagogia, postura che non gli dovrebbe appartenere.

In Italia ci sono state fino a oggi centinaia di migliaia di persone giovani e in forze che sono state vaccinate prima degli anziani e dei fragili, cioè prima di quelli che di covid muoiono.

La colpa è:

-delle regioni, che hanno dato precedenze quantomeno discutibili, si pensi alla Toscana amministrata dal piddino (un po’ anomalo) Giani. Ma gli esempi possibili sono molti: la Campania di De Luca, la Puglia di Emiliano, la Calabria, la Sicilia.

-del Governo, quindi anche di Draghi, che avrebbe potuto imporre criteri anagrafici validi in tutta Italia, e non lo ha fatto (imporre significa imporre, non significa dirlo e poi stare a vedere cosa succede).

Personalmente non condivido la scelta di aver vaccinato in via prioritaria categorie che avrebbero potuto attendere. E ho trovato deprimente lo spettacolo delle lamentele reciproche e di parte (“e allora gli insegnanti?” “e allora i poliziotti?” “e i magistrati, vogliamo parlare dei magistrati”?) quando troppo pochi hanno affermato che il solo approccio logico, oltre che civile, sarebbe stato quello di vaccinare in rigoroso ordine di età, fatti salvi i fragili e gli operatori sanitari.

Ciò detto, si è trattato di scelte politiche, non del prevalere del furbo, categoria di cui pure il paese abbonda.

Di solito, quando si addita il capro espiatorio, poi dal giorno dopo tutto ricomincia esattamente come prima.

Speriamo che non finisca così anche questa volta, all’italiana

  • Luigi Ambrosio

    Vorrei scrivere di mille cose e un giorno lo farò. Per ora scrivo di politica. Cercare di renderla una cosa umana è difficile, ma ci provo. Caposervizio a Radio Popolare, la frequento da un po' ma la passione non diminuisce mai

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L'Ambrosiano

Eutanasia degli anziani, lacrime di coccodrillo. Gode l’INPS

Nulla è cambiato in un anno: tra i morti di Covid la percentuale di anziani sfiora il 90 per cento del totale. La differenza sta nelle condizioni in cui l’ecatombe è gestita e narrata. Allora eravamo impreparati e sulla decimazione di una generazione si poteva piangere per i decessi in completa solitudine e i funerali nemmeno celebrati.

Oggi, le Autorità celebrano la ricorrenza dei camion militari carichi di salme portate in altre regioni; intanto molti di quei pubblici poteri non somministrano vaccini agli ultraottantenni e, se lo fanno, usano il contagocce e si servono di sistemi informatici scandalosi per inefficienza e umilianti per i cittadini. Immunizzano altre categorie ai cui richiami sono molto sensibili. Draghi ha denunciato la loro sudditanza a interessi altri rispetto a una corretta tutela della salute delle categorie più deboli, li ha accusati di agire «in base a qualche forza contrattuale». Loro non si danno per intesi. L’han detto: «Gli anziani non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese» (Toti, Liguria); «Gli anziani possono attendere» e «Vaccini in base al Pil» (Moratti, Lombardia).

In un anno il Paese ha cambiato pelle? O il virus ha portato alla luce una parte di tenebre già presente in noi? C’è una visione generale secondo cui merita di vivere chi serve: gli altri si arrangino. È la cultura dello scarto denunciata dal Papa. Quanto agli anziani, le Rsa, di cui nella pandemia abbiamo visto i disagi, son segnali d’una mentalità che ghettizza e, appunto, scarta.

Insomma Paese e politica che non riescono ad affrontare il “fine vita” in Parlamento, di fatto legittimano una sorta d’eutanasia “controllata” degli anziani. Con prevedibili risvolti “produttivi”: è stato calcolato che nel decennio l’INPS risparmierà una dozzina di miliardi grazie ai morti Covid. Del resto il Ministero della Salute ha messo le mani avanti. Nel Piano Pandemico 2021-23 ha previsto che se le risorse saranno scarse i «trattamenti necessari [andranno forniti] preferenzialmente a quei pazienti che hanno maggiori possibilità di trarne beneficio». Dicono che «Non è consentito agire violando gli standard dell’etica e della deontologia, ma può essere necessario». Amen.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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DisOrdine internazionale

Una vergogna d’Europa

È difficile capire come sia potuta accadere la figuraccia planetaria dei vertici UE in udienza dal sultano di Ankara. Lo squallido teatrino a cui il mondo ha assistito sarà stato pure orchestrato da Erdogan, ma non sarebbe potuto andare in onda senza l’attiva partecipazione del presidente del Consiglio europeo Charles Michel e, spiace dirlo, della stessa presidente della commissione europea Ursula von der Leyen.
Von Der Leyen sostiene di aver comunque “perorato i diritti delle donne”, nei suoi colloqui riservati con il presidente della Turchia. Sarà; ma il mondo l’ha vista abbozzare, mentre l’altro rappresentante dell’Unione neppure faceva mostra di accorgersi di che cosa stava andando in scena grazie alla sua partecipazione. Si potrebbe parlare di un grave danno subito dal concetto di “pluralismo culturale non relativista” (che cioè ritiene alcuni principi fondamentali non negoziabili: come la parità di genere), se non fosse che persino al suo interno l’Unione dimostra di essere disposta a trattare su qualunque cosa. Basti pensare a quanto concesso ai regimi sempre meno “liberali” di Ungheria e Polonia, cioè di due Stati membri, a proposito del “rispetto dello Stato di diritto” come pre-requisito per poter accedere ai fondi di Next Generation Ue.
Ma qui è in gioco qualcosa di politicamente meno ambizioso e, al tempo stesso, più vitale: che cosa l’Unione pensa di essere, oltre a un gigantesco mercato unico. Altro che “grande potenza morale” come i suoi inutili e controproducenti aedi l’hanno voluta cantare alla fine della Guerra fredda. Qui siamo di fronte a un meschino e gretto attorucolo, inconsistente dal punto di vista della capacità di provare a modellare il tempo e lo spazio sulla base dei suoi valori e delle sue aspirazioni ideali. C’è solo una cosa peggiore di essere vili e irrilevanti: saperlo e contemporaneamente fare finta che non sia vero.
Tutto questo mentre oltreoceano, a Washington, abbiamo un settuagenario presidente che propone una radicale riforma del modo in cui capitalismo e innovazione tecnologica sono stati (mal)governati negli ultimi quarant’anni. E mette al centro della sua azione politica la creazione di (buoni) posti di lavoro, il riequilibrio del carico fiscale e lo scandalo di un’elusione fiscale che ha portato i giganti economici e finanziari a non contribuire al sacrificio collettivo per la lotta alla pandemia. Sostenuto dal Fondo Monetario Internazionale, che esplicita la necessità di una tassazione straordinaria sul reddito e sul patrimonio dei più ricchi per fa ripartire l’economia (altro che la flat tax di Salvini e la contrapposizione tra “statali” e “autonomi” di Meloni). In questo sforzo, il silenzio europeo è assordante, la sua timidezza politica imbarazzante, la sua pochezza culturale vergognosa.

  • Vittorio Emanuele Parsi

    Insegna Relazioni Internazionali e Studi Strategici all’Università Cattolica a Milano, dove dirige l’ASERI – Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali – e all’USI di Lugano. Si occupa da molti anni dello studio delle trasformazioni del sistema globale, al crocevia tra politica ed economia e tra ambito domestico e internazionale. Ultimi volumi: Vulnerabili: come la pandemia sta cambiando la politica e il mondo (2021), The Wrecking of the Liberal World Order (2021).

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Palazzeide

La Tv del dolore e the show must go on

Il 13 per cento di share valgono la dignità e il dolore di una madre calpestati dallo show mediatico?
Perché, ma so bene che è una domanda retorica, qualcuno in alto in viale Mazzini non ha fermato la trasmissione di ieri sera “Chi l’ha visto”, che si è buttata a capofitto sul caso di Denise Pipitone?
Si sapeva già da ore che quella ragazza in Russia non era Denise, la notizia era nota, perché allora rimestare nel dolore di una madre che da 17 anni sta cercando la figlia e forse per qualche secondo si è illusa?
Chiaramente per gli ascolti, per quella attenzione morbosa per i casi più disperati, quelli che uno guarda alla Tv e pensa “guarda che disgraziati, figli che scappano di casa, anziani che spariscono, a me non succederà mai,” ma come al circo si continua a guardare, attratti dalle storture dell’anima e dal dolore che fa tanto ascolto.
Come il presidente del Consiglio europeo Michel avrebbe guadagnato mille punti alzandosi dalla sedia ieri ad Ankara, perché ai principi si dimostra di crederci solo quando si mettono in pratica, così ieri sera la trasmissione della Sciarelli doveva scegliere di non trattare il caso di Denise.
Perché altrimenti continuiamo a dire che è ingiusta la Tv del dolore, ma poi si continua ad alimentarla.
Del resto quella trasmissione non è diventata estremamente famosa da quando in diretta (mi vengono i brividi a pensare come è stato possibile organizzare una cosa così) la madre di Sarah, il famoso delitto di Avetrana, apprese del ritrovamento del corpo della figlia insieme a milioni di altre persone?
Se qualcuno ai piani alti della Rai avesse avuto a cuore la dignità delle persone colpite dalle tragedie, tanto considerata quando si tratta di andare in Commissione di Vigilanza o scrivere le Carte dei diritti, allora da tempo quella trasmissione avrebbe dovuto chiudere.
Poi magari ne avrebbero fatte altre dieci sulle tv private, ma la televisione pubblica non può permettersi questo.

  • Anna Bredice

    A Roma con il cuore, una figlia e la testa, a due passi dai tetti belli di Garbatella e dal Gazometro di Ostiense, atmosfere tra Ozpetek e il caffè sospeso di Casetta Rossa. A Milano con gli affetti, la famiglia e la radio della vita. Seguo la politica per Radio Popolare da tanti anni, con impegno, partecipazione, a volte rabbia e passione.

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In alto a sinistra

Gli onesti, anzi onestissimi

Premetto che per formazione culturale e politica sono un ipergarantista. Posizione che discende dal (a mio avviso civilissimo) principio che esiste nel nostro ordinamento giuridico che si chiama presunzione d’innocenza. Ossia che fino al terzo grado di giudizio un indagato lo si presume innocente, fino a prova contraria.

Qualche settimana fa, in una pigra serata (come da un anno a questa parte) di cazzeggio sul divano mi sono imbattuto nella serie tv 1992. Nello specifico nella scena in cui alcuni parlamentari leghisti (nella realtà storica era stato il senatore Leoni) sventolano in aula un cappio per protesta contro la corruzione dilagante tra i politici dell’epoca. Personalmente allora lo ritenni (e sono a distanza di quasi trent’anni ancora di questo avviso) uno dei punti più bassi toccati dalla nostra classe dirigente e che plasticamente ritraeva quel sentimento manettaro e giustizialista tanto in voga all’epoca (e mai scemato).

Questa mattina, alla notizia degli arresti a Opera, tra cui quello del sindaco (ai domiciliari) quell’immagine mi è tornata in mente. Antonino Nucera, primo cittadino del comune alle porte di Milano, venne definito da alcuni giornali al momento del suo insediamento “alla guida di uno schieramento di centrodestra a forte spinta leghista”. Insomma, se non lo si può proprio considerare leghista è molto vicino al Carroccio.

Ieri Il Fatto Quotidiano riportava la notizia che la sindaca (questa sì leghista) di Senago, sempre alle porte di Milano, ha nominato in giunta il fratello di un condannato per ‘ndrangheta, arrestato nel 2017. La famiglia Vitalone (il nome del neoassessore è Gabriele Vitalone) a Senago ha gestito bar e ristoranti in società anche con parenti legati ai clan di San Luca. Il neoassessore non ha pendenze giudiziarie, specifichiamolo, e se lo fosse anche per lui varrebbe come per tutti la presunzione di innocenza. Negli atti dell’indagine si legge che “le intercettazioni accertavano che Gabriele Vitalone sarebbe stato inserito nel mondo politico per una scelta mirata a consentire il pieno inserimento nel tessuto socio-economico dei componenti la famiglia Vitalone”.

Se mettiamo in fila le inchieste che riguardano esponenti leghisti (dai vertici ai militanti della base) l’elenco si fa lungo: i famosi 49 milioni di contributi elettorali spariti; le spese pazze di numerosi consiglieri regionali del Carroccio; il Russiagate e il caso Savoini; l’indagine sui fondi alla Lombardia Film Commission; il caso camici in Regione Lombardia e il conto corrente svizzero del presidente della Regione Attilio Fontana. Mi fermo qui.

Tutto questo significa che dobbiamo trasformarci in una manica di sanguinosi manettari alla ricerca di giustizia (più o meno sommaria)? Assolutamente no. La questione giudiziaria sarà portata avanti dai giudici. C’è una questione politica alla base: quando Roberto Maroni divenne segretario della Lega, dopo le vicende giudiziarie che coinvolsero Umberto Bossi, organizzò la “notte delle scope” in cui promise di “pulire il pollaio”. Dopo di lui il suo successore Matteo Salvini, tra un rosario e l’altro, disse più volte che “chi sbaglia deve pagare”. Più banalmente, si tratta di non fare la figura di quello che “predica bene e razzola male”. Non che negli altri partiti si sia messi meglio. Ma forse, senza scomodare Berlinguer e la sua questione morale, si potrebbe semplicemente parlare di “questione di dignità”. O anche solo di decenza.

  • Alessandro Braga

    Classe 1975. Giornalista professionista, prima di approdare a Radio Popolare ha collaborato per anni col Manifesto. Appassionato di politica, prova anche (compatibilmente col tempo a disposizione) a farla

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    Metroregione è il notiziario regionale di Radio Popolare. Racconta le notizie che arrivano dal territorio della Lombardia, con particolare attenzione ai fatti che riguardano la politica locale, le lotte sindacali e le questioni che riguardano i nuovi cittadini. Da Milano agli altri capoluoghi di provincia lombardi, senza dimenticare i comuni più piccoli, da dove possono arrivare storie esemplificative dei cambiamenti della nostra società.

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    “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Quarto episodio: Risparmiare il sangue Come fermare la spirale di propaganda bellicista e l’equazione “disfattismo=pacifismo” proposta da molti intellettuali e politici? Ricostruendo il filo che nella nostra storia è stato tessuto dalla resistenza civile che realizza i suoi obiettivi senza spargimento di sangue: un’opzione molto più efficace per porre fine ai conflitti, come dimostrano due studiose statunitensi che hanno misurato le insurrezioni nonviolente rispetto a quelle armate degli ultimi decenni. Sorpresi? La nonviolenza, come il pacifismo, non godono i favori delle élite, ma sono un desiderio per la maggioranza dei cittadini, a partire dai più giovani. E anche per questo Emergency promuove ogni anno 2500 incontri di educazione alla pace nelle scuole come ci racconta Chiara Vallania responsabile del dipartimento scuola di EMERGENCY. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

    Gli speciali - 21-04-2025

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    Speciale Podcast Ho detto R1PUD1A - terzo episodio

    “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Terzo episodio: Giù dal piedistallo Come si costruisce la propaganda? Con la paura di un nemico, militari che sfornano scenari catastrofici e politici, banchieri e imprenditori che dal loro pulpito ci ammoniscono che “le risorse dedicate al welfare sono un lusso non più sostenibile” (o più semplicemente ci invitano a scegliere tra “la pace o i condizionatori accesi”). Ma scuola e sanità pubbliche, ad esempio, non sono concessioni di “lorsignori”, sono diritti conquistati dai cittadini. Bisogna ricordarlo forte e chiaro a chi ci sta trascinando nel baratro di conflitti che, come spiega Pietro Parrino di EMERGENCY, hanno sempre più i civili, ovvero noi tutti, come bersaglio. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

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    Speciale 25 aprile - 21/04/2025

    Intervista di Chawki Senouci a Paolo Maggioni autore del libro “Una Domenica Senza Fine” (SEM Libri). Domenica 29 aprile 1945 si compie la Storia in piazzale Loreto dove sono esposti i cadaveri di Benito Mussolini, Claretta Petacci e di alcuni gerarchi. Nella stessa giornata un gruppo di anarchici guidati dal comandante “Carnera”, un repubblicano anarchico antifranchista, attraversa Milano in direzione opposta per cominciare un’altra rivoluzione. Nell’intervista a Paolo Maggioni si è parlato della missione segreta del Comandante anarchico Carnera (nella vita reale si chiama Laureano Cerrada Santos) e dei luoghi e personaggi che hanno segnato quella lunga giornata: le donne e gli uomini che hanno sconfitto il fascismo, Il Duomo di Milano, Palazzo Marino, Il quartiere Affori, Marta Ripoldi, tranviera e staffetta partigiana, il radiofonico Daniele Colpani diventato la voce del fascismo, Piazzale Loreto.

    Gli speciali - 21-04-2025

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    Prospettive Musicali di domenica 20/04/2025

    In onda dal 2001, Prospettive Musicali esplora espressioni musicali poco rappresentate. Non è un programma di genere, non è un programma di novità discografiche, non è un programma di classici dell’underground, non è un programma di gruppi emergenti. Ma è un po’ tutte queste cose mischiate insieme dal gusto personale dei conduttori. Ad alternarsi in onda e alla scelta delle musiche sono Gigi Longo e Fabio Barbieri, con un’incursione annuale di Alessandro Achilli che è stato uno storico conduttore del programma.

    Prospettive Musicali - 20-04-2025

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    News della notte di domenica 20/04/2025

    L’ultimo approfondimento dei temi d’attualità in chiusura di giornata

    News della notte - 20-04-2025

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    Percorsi PerVersi di domenica 20/04/2025

    Poesie, liriche, sonetti, slam poetry, rime baciate, versi ermetici, poesie cantate. Ogni settimana Percorsi PerVersi incontra a Radio Popolare i poeti e li fa parlare di poesia. Percorriamo tutte le strade della parola poetica, da quella dei poeti laureati a quella dei poeti di strada e a quella – inedita – dei nostri ascoltatori.

    Percorsi PerVersi - 20-04-2025

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    Mash-Up di domenica 20/04/2025

    Musica che si piglia perché non si somiglia. Ogni settimana un dj set tematico di musica e parole scelte da Piergiorgio Pardo in collaborazione con le ascoltatrici e gli ascoltatori di Radio Popolare. Mail: mischionepopolare@gmail.com

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    Alice, chiacchiere in città di domenica 20/04/2025

    A cura di Elena Mordiglia. Nella città frenetica, in quello che non sempre sembra un paese delle meraviglie, ci sono persone da raccontare e da ascoltare. Quale lavoro fanno? Come arrivano alla fine del mese? Quale rapporto hanno con la città in cui vivono? Registratore alla mano e scarpe buone, queste storie ve le racconteremo.

    Alice, chiacchiere in città - 20-04-2025

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    Bollicine di domenica 20/04/2025

    Che cos’hanno in comune gli Area e i cartoni giapponesi? Quali sono i vinili più rari al mondo? Giunta alla stagione numero 16, Bollicine ogni settimana racconta la musica attraverso le sue storie e le voci dei suoi protagonisti: in ogni puntata un filo rosso a cui sono legate una decina di canzoni, con un occhio di riguardo per la musica italiana. Come sempre, tutte le playlist si trovano sul celeberrimo Bolliblog.com. A cura di Francesco Tragni e Marco Carini

    Bollicine - 20-04-2025

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    Ricordi d'archivio di domenica 20/04/2025

    Da tempo pensavo a un nuovo programma, senza rendermi conto che lo avevo già: un archivio dei miei incontri musicali degli ultimi 46 anni, salvati su supporti magnetici e hard disk. Un archivio parlato, "Ricordi d'archivio", da non confondere con quello cartaceo iniziato duecento anni fa dal mio antenato Giovanni. Ogni puntata presenta una conversazione musicale con figure come Canino, Abbado, Battiato e altri. Un archivio vivo che racconta il passato e si arricchisce nel presente. Buon ascolto. (Claudio Ricordi, settembre 2022).

    Archivio Ricordi - 20-04-2025

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    Speciale Podcast Ho detto R1PUD1A - secondo episodio

    “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Secondo episodio: La guerra non è popolare. L’Europa si riarma con 800 miliardi. In questi anni aveva già raddoppiato la propria quota di spese militarti, soprattutto comprando dagli Stati Uniti. Lo faremo di più, visto che Trump disinvestirà dalla Nato e dall’Europa. E’ la “fine delle illusioni”, come dice Von der Leyen, di essere garantiti dalla pace, perché d’ora in poi bisognerà usare la forza. E intanto si educa la popolazione con manuali che dicono: “In caso di guerra…”. La propaganda è altissima perché non c’è nulla di più antipopolare e antidemocratico della guerra e la militarizzazione d’Europa è tutta sulle spalle dei suoi cittadini. Con Michele Paschetto di EMERGENCY vi racconteremo come in Afghanistan in più di venti anni di guerre le cure abbiamo svolto un ruolo straordinario di mediatore. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

    Gli speciali - 20-04-2025

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    Speciale Podcast Ho detto R1PUD1A - primo episodio

    Ho detto R1PUD1A di Claudio Jampaglia e Giuseppe Mazza per EMERGENCY “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Primo episodio: Le parole sono importanti. In questa prima puntata di “Ho detto R1PUD1A” Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia spiegano cosa significa la parola “ripudia” nella Costituzione italiana e perché è stata scelta per rappresentare il “mai più” alla guerra del popolo italiano dopo la Liberazione. Non siamo i soli ad avere fissato questo principio nelle nostre leggi. La guerra però sta tornando una prospettiva concreta, almeno secondo la maggior parte dei governi, che si riarmano, Italia compresa. Con Rossella Miccio, presidente di EMERGENCY, vi racconteremo poi l’esempio del Sudan, il Paese dove la guerra ha già causato in questi due anni oltre tre milioni di profughi. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

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    La Pillola va giù di domenica 20/04/2025

    Una trasmissione settimanale  a cura di Anaïs Poirot-Gorse con in regia Nicola Mogno. Una trasmissione nata su Shareradio, webradio metropolitana milanese che cerca di ridare un spazio di parola a tutti i ragazzi dei centri di aggregazione giovanili di Milano con cui svolgiamo regolarmente laboratori radiofonici.

    La Pillola va giù - 20-04-2025

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    C'è Di Buono: Max Casacci racconta Eartphonia III: Through the grapevine

    Anche in questa puntata parliamo di qualcosa che ha a che fare con la cultura enogastronomica, ma anche, molto, con la musica. Per la prima volta il caro Max Casacci (già colonna dei Subsonica) è stato ospite di un nostro programma non prettamente musicale, per raccontare il terzo episodio del suo progetto "Eartphonia", che lo ha portato in Franciacorta per "Through the grapevine", realizzato con i suoni del vino; suoni e rumori catturati nelle cantine dell'azienda vitivinicola Bersi Serlini Franciacorta. A cura di Niccolò Vecchia

    C’è di buono - 20-04-2025

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