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Piovono Rane

Il diavolo secondo l’uno per cento

L’altro giorno in televisione un importante giornalista, ex direttore del Tg1, ha spiegato di essere contrario all’imposta di successione perché “un milione di euro è il valore di un appartamento familiare come quelli in cui viviamo tutti noi“.

Ora, qui non si tratta ovviamente di mettere alla gogna un collega per una frase non felicissima uscita in un talk show.

Ma questa visione della realtà – secondo cui tutti viviamo in case da un milione di euro – spiega bene  il distacco dei grandi media e delle grandi firme dal mondo reale.

E spiega soprattutto perché ogni volta che qualcuno osa proporre di redistribuire un po’ le ricchezze  tassando i grandi redditi e i grandi patrimoni, i media italiani insorgono, per carità, non mettete le mani nelle nostre tasche.

I grandi media sono posseduti, diretti e firmati da persone che vivono molto al di sopra della stragrande maggioranza degli italiani. Non è quindi strano se si schierano a favore dei propri interessi, contro ogni patrimoniale e contro ogni imposta di successione.

Peccato che tutto questo poi crei opinione, crei egemonia culturale, crei mainstream. Si convincono le persone – quelle che guadagnano 1500 euro al mese o meno – che una redistribuzione è impensabile e diabolica, che è comunismo sovietico.

Ma tassare i grandi patrimoni e cambiare la legge berlusconiana che fa dell’Italia il paese con meno imposte di successione in Europa non è né diabolico né comunismo sovietico.

È una forma minima di riformismo sociale.

Quel minimo di riformismo sociale che in Italia è un tabù e che invece Biden sta provando a introdurre negli Stati Uniti.

Dove, anche se non lo dice nessuno, le imposte di successione sono già più alte che da noi.

  • Alessandro Gilioli

    Nato a Milano nel 1962, laureato in Filosofia alla Statale. Giornalista dai primi anni 80, ho iniziato a Rp da ragazzo poi ho girato per diversi decenni tra quotidiani, settimanali e mensili. Ho scritto alcuni libri di politica, reportage e condizioni di lavoro, per gli editori più diversi. Tornato felicemente a Radio Popolare dall'inizio del 2021.

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L'Ambrosiano

Il cittadino? “Un essere speciale”. Battiato, politica, bandiera bianca, cura

I critici discutono su a chi Franco Battiato abbia dedicato La cura. Sono divisi tra passioni private e ricerca spirituale. Lui stesso ha evitato precise indicazioni. Io, per la sua e la nostra storia, aggiungo l’orizzonte socio etico politico.
Nel testo ci son tutti i sintomi da curare: “ipocondrie”; “ingiustizie”; “inganni”; “fallimenti”; “dolori”; “sbalzi d’umore”; “manie”, “ossessioni”.Battiato non pratica il lamento (che è fuga dalle responsabilità); canta i rimedi ai mali: “proteggere”; “sogni”; “silenzio”; “pazienza”; “essenza”. E le condizioni per la cura: l’altro considerato «un essere speciale»; l’impegno personale: «Io avrò cura di te». Io, noi, la città che cura; l’Io che si fa Noi; il Noi che accoglie e riconosce uguale dignità agli innumerevoli Io, rende l’insieme un mix vitale di storia condivisa e realizzazioni individuali.

Don Milani scrisse I care nella Scuola a Barbiana. Mi preme, me ne faccio carico: mi gioco io, non indugio su a chi tocchi la prima mossa, non aspetto gli Stati Generali dei bisogni, documenti taglia-e-incolla, annunci in tv cui non segue chi ne chieda conto.Ursula von der Leyen ha rilanciato il motto di don Milani perché l’Europa cambi passo dopo gli errori sui vaccini e attui “Next Generation Eu” (nome che al piano dà futuro più che i tecnicisti Ripresa e Resilienza).

Salto di qualità. Altra cosa rispetto alla Lombardia che dopo i disastri nel gestire la pandemia cerca di rifarsi una verginità e da maglia nera diventare la Regione più virtuosa: una fiaba! (E nessuno paga, né si scusa). O al Comune dove c’è chi fa maquillage politico (il fondotinta verde è più cool del tricolore sdrucito con rametto d’Ulivo? E le idee?) o chi cerca un “amministratore di condominio”.

È utopia il cittadino «essere speciale»? Un dovere direi. Battiato: «Peccato che io non sappia volare / Ma le oscure cadute nel buio mi hanno insegnato a risalire». Chi non pensa in grande non si tira su. Non son morti i sogni, ma ripropone Anime Morte chi li dovrebbe avere e invece s’appiattisce. Senza sogni non c’è politica. Come uscirne? Prima d’alzare Bandiera Bianca facciamo qualcosa per la città, superiamo apatie e convenienze «delle correnti gravitazionali». Su, rialziamoci: in piedi!

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Urlando furiosa

“The Rumble in the jungle”

“Quella di oggi è una giornata storica per il mondo dello spettacolo” così il Ministro Dario Franceschini  annuncia al mondo la sua grande proposta portata in Consiglio dei ministri.
Iniziano a girare in chat stralci di documenti, ricevo le slide del sistema di welfare che contengono parole in grassetto e frasi molto vaghe ma sicuramente accattivanti nella grafica.
Telefono ai colleghi per cercare di capire che cosa stia succedendo e soprattutto perchè ha presentato una proposta in questo modo?
I più preparati mi spiegano punto per punto quanto viene dichiarato nel Decreto Sostegni Bis.
Io mi sento come sulle  montagne russe.
Ascolto, faccio scorrere il documento, mi sento così inetta e incompetente in materia giuridica ma allo stesso tempo così salda nei principi.
Cerco in rete le dichiarazioni del Ministro di un amputato Ministero e mi appare la sua faccia.

Penso ad un incontro di boxe.

A volte mi capita di procedere per associazioni emotive.

Rimuovo quest’immagine facendo appello ai principi ecumenici di una sfortunata infanzia.

Rimuovo anche quelli con pensieri triviali.

Torno allo schermo del computer.
Penso alla sua apparizione durante l’occupazione del Globe Theatre a Roma.
Aveva chiesto con fare paternalistico di considerarlo uno di noi, un nostro portavoce.
Il problema è che anche con tutte le migliori intenzioni, mi è impossibile farlo.
Cerco la notizia in rete e leggo i virgolettati: dichiara di aver consultato associazioni e coordinamenti, e che tutto questo è frutto di un importante dialogo con  le realtà del settore.
Quali? 

Questo è un colpo basso. E’ sleale.

Perchè se davvero si fosse consultato, se avesse tenuto conto della miriade di documenti che gli sono stati consegnati e protocollati, se avesse tenuto conto, anche solo in minima parte della proposta di Riforma del lavoro nello Spettacolo consegnata il 30 aprile e acquisita agli atti pochi giorni dopo, non avrebbe potuto procedere in questo modo.
Ora che si fa?

Abbiamo ancora qualche round da giocare, perchè questo sistema di welfare si potrà completare solo con l’approvazione del nuovo disegno di legge, non abbiamo molto tempo però.

“Ascoltami bene…lui non sa colpire…è impacciato, non ha gioco di gambe. Ha due possibilità: minima e zero”
Muhammad Ali intervistato da David Frost 1974

  • Rita Pelusio

    Attrice e regista, nei suoi lavori con la drammaturgia di Domenico Ferrari utilizzano il linguaggio dell’arte comica per affrontare tematiche sociali e civili. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive e radiofoniche. E’ amica di Radiopopolare con la quale si sveglia ogni mattina.

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Bad Input

Tu e quale esercito?

You And Whose Army? (Radiohead, 2001)

Come on, come on
You think you drive me crazy
Come on, come on
You and whose army?
You and your cronies
Come on, come on
Holy Roman empire
Come on if you think
Come on if you think
You can take us on
You can take us on
You and whose army?
You and your cronies
You forget so easily
We ride tonight
We ride tonight
Ghost horses
Ghost horses
We ride tonight
We ride tonight
Ghost horses
Ghost horses
Ghost horses

Dai, coraggio
Pensi di farmi impazzire, beh
Avanti, avanti,
Tu e quale esercito?
Tu e i tuoi compari
Dai, coraggio
Sacro Romano Impero
Fa pure, se pensi di poterci prendere tutti
Tu e quale esercito?
Tu e i tuoi compari
Dimentichi così facilmente
Questa notte cavalchiamo
Cavalli fantasma

  • Marco Schiaffino

    Dopo una (breve) esperienza come avvocato, nel lontano 2000 mi sono trovato quasi per caso a scrivere di Internet e nuove tecnologie, quando il Web e il digitale erano una specie di hobby per smanettoni e appassionati di fantascienza. Mentre continuavo a scrivere per la mia banda di nerd, mi dannavo per trovare il modo di passare a quello che pensavo fosse un giornalismo “più serio”. Qualche volta ce l’ho anche fatta. Poi è successa una cosa strana: quello di cui mi occupavo da anni, ha cominciato a interessare tutti. Ho smesso di dannarmi.

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Appunti sulla mondialità

Le radici di Bob Marley

La musica di Bob Marley, scomparso 40 anni fa, ha dato notorietà a una storia che rasenta l’incredibile e che si è svolta tra gli Stati Uniti, la Giamaica e l’Etiopia. Il personaggio da cui bisogna partire per comprendere le parole di Marley è Marcus Mosiah Garvey, sindacalista nato in Giamaica nel 1887 ma vissuto a lungo negli Stati Uniti, dove si trasferì durante la Prima guerra mondiale. Pochi anni prima aveva cominciato a occuparsi delle condizioni di lavoro e di vita degli afroamericani in Giamaica, fondando la Universal Negro Improvement Association, e continuò a farlo nella sua seconda patria. Garvey aveva in mente un grande e originale disegno, quello di riportare in Africa i discendenti degli schiavi, convinto che non avrebbero mai potuto riconquistare la libertà in quella terra di esilio forzato.

Garvey predicava anche una profezia contenuta nella Bibbia amarica che prefigurava l’incoronazione di un imperatore nero in Africa, destinato a estirpare il male e scacciare i dominatori.  Quell’imperatore, nella visione di Garvey, si insediò sul trono dell’Etiopia nel 1930: era Ras Tafari Maconnèn, meglio noto con il nome di Hailé Selassié I, secondo la tradizione discendente da re Salomone e dalla regina di Saba. L’incarnazione della profezia divenne il punto di riferimento di una nuova religione nazionalista, il rastafarianesimo. Garvey riuscì a formare un governo africano in esilio a Harlem e a fondare una compagnia di navigazione, la Black Star Line, per rimpatriare afroamericani in Africa. Qualche decennio dopo, alcuni rasta che vivevano in comunità in Giamaica si trasferirono davvero in Etiopia per vivere nella terra del Leone di Giuda. Hailé Selassié non poteva credere di poter contare su persone che lo consideravano una divinità, arrivate da un’isola distante migliaia di chilometri.

Questa storia si intreccia con quella di un genere musicale, il reggae, evoluzione dello ska che divenne il veicolo per la diffusione planetaria del rastafarianesimo: soprattutto grazie proprio a Bob Marley, nato in uno slum giamaicano nel 1945, esponente di spicco di un movimento musicale che con lui divenne universale. In Marley non ci sono solo i temi religiosi legati al rastafarianesimo, a partire dalla preghiera a Jah (Geova) e dall’appello ad abbandonare Babilonia-Giamaica per andare in Africa. In Marley c’è tutto Garvey. C’è una religiosità che va aiutata fumando quotidianamente ganja, la marijuana giamaicana.  E ci sono anche la protesta sociale e la voglia di riscossa. Marley è un musicista che ha reso universale la Giamaica per le sue capacità artistiche straordinarie e che ha raccontato una storia che ha radici profonde nel passato del suo Paese, dove le comunità di maroons, schiavi fuggiti dalle piantagioni, costruirono villaggi indipendenti nel cuore delle Blue Mountains, ma anche la storia di Marcus Garvey, oggi dichiarato eroe nazionale, il sindacalista che voleva risolvere la discriminazione alle radici rimpatriando i neri in Africa. E infine l’incredibile collegamento con il Negus etiopico, simbolo di riscossa per i discendenti degli schiavi nei Caraibi.

È una storia che non sembra vera, eppure è soltanto una delle tante storie incredibili che si incontrano nella storia americana. Tutto alla fine si concentra in un solo nome, Robert Nesta Marley detto Bob, morto di cancro a Miami l’11 maggio 1981 e rimasto nella galleria dei musicisti immortali. In soli 36 anni di vita aveva rivoluzionato la scena musicale mondiale, fatto conoscere una religione, diffuso le idee di Garvey e denunciato la povertà e la violenza degli slum giamaicani. Un fuoriclasse che non è mai scomparso da questo mondo, perché la sua musica è frutto della storia, denuncia della schiavitù e speranza di cambiamento: in altre parole, musica classica del ’900.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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    Apertura musicale classica - 23-03-2025

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    Il sabato del villaggio... una trasmissione totalmente improvvisata ed emozionale. Musica a 360°, viva, legata e slegata dagli accadimenti. Come recita la famosa canzone del fu Giacomo: Questo di sette è il più grandioso giorno, pien di speme e di gioia: di man tristezza e noia recheran l'ore, ed il travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.

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    Senti un po’ è un programma della redazione musicale di Radio Popolare, curata e condotta da Niccolò Vecchia, che da vent’anni si occupa di novità musicali su queste frequenze. Ospiti, interviste, minilive, ma anche tanta tanta musica nuova. 50 minuti (circa…) con cui orientarsi tra le ultime uscite italiane e internazionali. Da ascoltare anche in Podcast (e su Spotify con le playlist della settimana). Senti un po’. Una trasmissione di Niccolò Vecchia In onda il sabato dalle 18.30 alle 19.30.

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    Ogni sabato, dalle 17.35 alle 18.30, musica, libri e spettacoli che ci aiutano a 'restare umani'. Guida spirituale della trasmissione: Fela.

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    Soulshine è un mix eclettico di ultime uscite e classici immortali fra soul, world music, jazz, funk, hip hop, afro beat, latin, r&b, ma anche, perchè no?, un po’ di sano rock’n’roll. L’obiettivo di Soulshine è ispirarvi ad ascoltare nuova musica, di qualsiasi decennio: scrivetemi i vostri suggerimenti e le vostre scoperte all’indirizzo e-mail cecilia.paesante@gmail.com oppure su Instagram (cecilia_paesante) o Facebook (Cecilia Paesante).

    Soulshine - 22-03-2025

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    Highlights di sabato 22/03/2025

    Il ricordo di George Foreman, morto a 76 anni, passato alla storia come l'avversario di Muhammad Ali nel match di pugilato più famoso della storia, il "Rumble in the jungle". La Ptpa contro tutti: la controversa causa fatta dal sindacato fondato da Novak Djokovic contro i principali organismi del tennis mondiale. Ne abbiamo parlato con Giancarlo Liviano D'Arcangelo, a pochi giorni dall'uscita del suo libro sul campione serbo più discusso. L'uso del riconoscimento facciale negli stadi italiani solleva ancora dubbi. Laura Carrer, giornalista di Irpi Media, ci ha aiutato a capire quali diritti sono in gioco.

    Highlights - 22-03-2025

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    Chassis di sabato 22/03/2025

    Chassis 22 marzo 2025 con Gabriele Mainetti “La città proibita”; Antonio Manetti “US Palmese”; Oscar Iarussi direttore artistico del Buf&st di Bari; Alonso Ruizpalacios regista messicano ospite della retrospettiva del FESCAAAL. Tra le uscite: “Berlino, Estate ‘42” di Andreas Dresen; “I due volti del crimine” di Barry Levinson; “L’Albero” di Sara Petraglia; “Le donne al balcone” di Noémie Merlant; “Muori di lei” di Stefano Sardo.

    Chassis - 22-03-2025

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    I girasoli di sabato 22/03/2025

    “I Girasoli” è la trasmissione di Radio Popolare dedicata all'arte e alla fotografia, condotta da Tiziana Ricci. Ogni sabato alle 13.15, il programma esplora eventi culturali, offre interviste ai protagonisti dell'arte, e fornisce approfondimenti sui critici e sui giovani talenti. L’obiettivo è rendere accessibile il significato delle opere e valutare la qualità culturale degli eventi, contrastando il proliferare di iniziative di scarso valore e valutando le polemiche sulla politica culturale.

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