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Tratto dal podcast
Prisma di ven 10/07
Coronavirus | 2020-07-10
La relazione della Commissione di inchiesta istituita dalla Ats Milano su richiesta di Regione Lombardia e Comune di Milano sulla gestione dell’emergenza COVID al Pio Albergo Trivulzio di Milano punta il dito contro i lavoratori, accusati di assenteismo nei giorni peggiori della crisi. Ne abbiamo parlato con Rossella Delcuratolo, sindacalista Cisl che segue proprio il Pio Albergo Trivulzio.
L’intervista di Lorenza Ghidini e Alessandro Braga a Prisma.
Come commenta la relazione della Commissione istituita dalla ATS Milano che accusa i lavoratori del Trivulzio di non esser stati sul posto di lavoro?
La dichiarazione che hanno fatto è vergognosa. Scaricare la colpa sui lavoratori è facile quando è dall’alto che avrebbero dovuto provvedere ad impartire disposizioni migliori. Dall’inizio, come sindacato, abbiamo chiesto l’utilizzo delle mascherine. Leggo nella relazione che inizialmente le mascherine venivano centellinate, ma in realtà venivano proprio vietate. C’era addirittura chi se le portava da casa. Tra gli assenteisti ci sono le persone messe in quarantena obbligatoria per comparsa dei sintomi da COVID e che, nonostante i solleciti per rientrare in azienda, non potevano rientrare per la mancanza del tampone, che a molti è stato fatto dopo un mese e mezzo. Capite che dopo un mese il tampone poteva risultare benissimo negativo e quindi di conseguenza non poteva più risultare come infortunio. Secondo me questi dati vanno rivisti.
Quindi il punto è una lettura furbesca dei dati?
Sì, perchè non sono dati veritieri. Io ho un sacco di segnalazioni di persone che chiamavano la direzione, anche persone immunodepresse che non potevano rientrare per patologie, e cercavano risposte su come rientrare e su come comportarsi. Alcune volte non c’erano risposte, altre volte solo risposte vaghe. E loro, non sapendo cosa fare, mandavano la malattia. Alcune persone sono state lasciate abbandonate. Ho ricevuto chiamate di persone che dovevano rientrare il giorno dopo e che continuavano a chiamare senza avere risposte. Temendo di fare quindi un’assenza ingiustificata ed essendo in quarantena, chiamavano il loro medico. Io rivedrei un attimo quei numeri e farei il test sierologico a tutti i dipendenti. È facile dire che è colpa dei dipendenti.
Ora che il periodo più acuto è passato, come intendete muovervi?
Anche oggi ci sono persone che stanno rientrando e vengono smistate in altri reparti, allontanate dal loro reparto di appartenenza e anche questo non ci piace perché servono delle motivazioni per farlo. Tra gli assenteisti figurano anche quelli messi forzatamente a casa in quarantena pur non essendo positivo né venuto in contatto con persone positive. In base a cosa queste persone sono state messe in quarantena? Immagino che queste segnalazioni siano arrivate anche all’ATS. Forse l’unica colpa di queste persone era quella di aver denunciato quello che stava succedendo nelle prime fasi dell’epidemia.
Come sono stati i vostri rapporti con la dirigenza del Trivulzio nella fase acuta dell’emergenza?
All’inizio denunciavamo il fatto che le mascherine erano assenti. Abbiamo scritto più volte, la risposta è che si trattava di allarmismo e non c’era bisogno di quello che chiedevamo. Dare la colpa ai lavoratori è assurdo.
(Potete ascoltare l’intervista a partire dal minuto 30)