Uno sciopero contro il declino: Trasporto pubblico locale sostanzialmente fermo in tutta Italia, con adesioni vicine al 100% allo sciopero indetto dai sindacati confederali. Quello del contratto e dei bassi salari, con la carenza cronica di autisti, è solo uno dei problemi che incidono su un peggioramento generale del servizio, che ricade soprattutto sulle classi sociali più deboli.
Nel 2013 il fondo nazionale per il trasporto pubblico locale era di circa 7 miliardi. Quest’anno è stato di poco più di 5: il 28% in meno in 10 anni. Saranno aggiunti circa 120 milioni: il 2% in più a fronte di costi legati all’inflazione saliti in tre anni di circa il 17%, spiega il sindacato. Un impoverimento costante della spesa per il trasporto collettivo. La manovra taglia al ministero dei Trasporti oltre 800 milioni. A cui si aggiungono tagli per oltre 5,6 miliardi in 3 anni agli enti locali, l’altro soggetto che deve garantire il trasporto pubblico. Lo stipendio medio di un autista è 1300 euro. La conseguenza è che, oltre a crescere la conflittualità, i salari bassi non attirano nuovi lavoratori. Le aziende hanno tre leve su cui agire: il costo dei biglietti, il costo del lavoro, la riduzione del servizio. E così non ci sono autisti, viene tagliato il servizio a fronte di costi più alti per gli utenti, che di conseguenza calano facendo calare le entrate, in una spirale che dura ormai da anni e colpisce soprattutto le classi più deboli, quelle che più usano il mezzo pubblico. Sale infattì la povertà legata alla mobilità: il rapporto presentato a fine 2023 dall’osservatorio sugli stili di mobilità di Legambiente e Ipsos mostra che tre italiani su dieci hanno rinunciato a spostarsi o per gli alti costi, o perché il mezzi pubblico non c’era. E’ un circolo vizioso che va invertito. E’ una questione di democrazia reale, e di giustizia sociale, di ambiente.