Il 26 febbraio 2006 tra i fuochi di artificio si concludevano i XX Giochi Olimpici invernali a Torino.
Per la terza volta, dopo Cortina d’Ampezzo nel 1956 e Roma nel 1960, la fiaccola sbarcava in Italia, tra entusiasmi e dubbi. A distanza di dieci anni questi ultimi sono ancora in piedi, alimentati dalla volontà di governo e Coni di lanciare la sfida per Roma2024.
I Giochi di Torino hanno cambiato profondamente la città da un punto di vista architettonico e urbanistico, anche da un punto di vista dell’immagine.
Ma se in termini di visibilità le Olimpiadi hanno certamente dato una mano, tanto che nel 2016 Torino è stata inserita tra le 52 città da visitare del New York Times, alcune ferite restano aperte. Il villaggio olimpico è stato più volte occupato, gli sprechi sono stati molti e i bilanci ancora ne risentono.
L’evento ha riguardato le valli piemontesi, quanto il capoluogo. Qui giacciono i tanti alberghi di montagna costruiti per l’occasione e oggi deserti oppure la pista per bob e slittino di Cesana (costata 140 milioni) che vide il trionfo di Zoeggler e che fu quasi subito abbandonata.
Abbiamo chiesto se siano più le luci oppure le ombre a due grandi scrittori torinesi.
Così la pensa Giuseppe Culicchia, autore di Tutti giù per terra e di numerosi altri racconti e romanzi.
Questo invece il pensiero di Enrico Remmert, autore tra le altre opere di La ballata delle canaglie.