A Torino scoppia la rivolta dei migranti. Da giorni c’è grossa tensione tra le palazzine del Moi, l’ex villaggio olimpico occupato da un migliaio di immigrati. Due giorni fa un gruppo di persone ha cominciato a lanciare pietre, petardi e bombe carta. Hanno lanciato bottiglie, ribaltato cassoni dell’immondizia dando origine a una vera e propria manifestazione che ha bloccato il traffico tanto da richiamare anche i reparti della polizia in assetto anti-sommossa. La sindaca Chiara Appendino ha convocato un vertice per capire come gestire la situazione e oggi il Prefetto ha chiesto cinquanta uomini dell’esercito per presidiare 24 ore su 24 l’ex villaggio olimpico.
Nel quartiere la tensione è salita pian piano alimentata da degrado, problemi ed episodi di razzismo. Domenica scorsa alcuni Ultrà del Torino avevano mandato in frantumi le vetrine di uno storico bar ma l’accusa è arrivata ad un nordafricano che vive in una delle palazzine. Di qui la rabbia sfociata, poi, nella risposta violenta di ieri.
“La storia dell’occupazione delle palazzine del Moi nasce molti anni fa” – ha raccontato la sociologa Cristina Molfetta, che lavora a Torino per Migrantes ed è presidente del coordinam. “Non solo asilo”. “Da quando, durante l’emergenza migrazione del 2013, molti rifugiati nord africani furono sistemati momentaneamente nella zona. La situazione fu poi regolarizzata con una sanatoria e un permesso umanitario”.
Alcuni di loro sono andati via dall’Italia, ma la maggior parte è rimasta nel quartiere occupando, via via, le palazzine del villaggio olimpico, alcune delle quali mai utilizzate dopo la manifestazione sportiva. “Prima una, poi, due, poi tre e infine quattro palazzine sono state abitate dalle famiglie fino a che è diventato un vero e proprio villaggio di 1500 persone di varia nazionalità – ha spiegato ancora Cristina Moffetta.
Nel corso degli anni, quel piccolo quartiere è diventato un punto di riferimento per i migranti che, spesso, si sono allontanati per lavoro, poi hanno fatto ritorno. “Quando tante persone sono concentrate insieme senza servizi e senza tutele diventa pericoloso – ha spiegato Moffetta – ma non è solo un ghetto. C’è sempre stata grande solidarietà da parte del quartiere e delle associazioni che hanno organizzato corsi di italiani e corsi di avviamento al lavoro tanto che sono nate anche delle piccole attività commerciali”.
Torino non ha mai avuto una tradizione di sgomberi. Sono sempre state attuate strategie alternative e anche per la situazione del Moi si era tentato, nel tempo, di avviare trattative. Ora bisognerà capire come l’amministrazione comunale risponderà a queste proteste.