Tom Zé ha ricevuto il Premio Tenco Internazionale 2023 lo scorso 21 ottobre, presentandosi al Teatro Ariston di Sanremo accompagnato da Daniel Maia alla chitarra. Nei suoi profili social si trovano dei video. Guardateli e ditemi se sembra un uomo di 87 anni. Venerdì 20 ottobre alle 19, quando era appena arrivato in albergo a Sanremo dopo il viaggio da São Paulo a Milano, ci ha concesso una intervista telefonica che doveva durare massimo 15 minuti, vista la faticaccia del lungo volo. Invece abbiamo parlato fitto fitto per ben 40 minuti.
Antônio José Santana Martins, in arte Tom Zé, è nato l’11 ottobre del 1936 a Irará, cittadina a 120 km da Salvador, Bahia, verso l’interno, quindi nella zona arida del nordest, o “sertão” brasiliano. Andato a Salvador ancora ragazzino per fare il ginnasio, e fin da piccolo interessato alla musica, ha poi frequentato la Scuola di Musica, in quel periodo sotto la direzione del rinomato maestro tedesco Hans-Joachim Koellreutter prima e di Ernst Widner (del Conservatorio di Zurich) poi. Erano gli anni d’oro dell’Università Federale di Bahia, quelli del rettore Edgard Santos, che aveva fatto arrivare a Salvador diversi nomi di primo piano dell’avanguardia artistica e intellettuale allora in circolazione.
In questo contesto Tom Zé ha conosciuto Caetano Veloso e Gilberto Gil, e tramite loro, Torquato Neto, Gal Costa, Maria Bethânia e Capinan, diventando poco dopo, insieme a loro, le menti fondanti del movimento tropicalista che ha rivoluzionato la musica brasiliana nei tempi duri della dittatura, alla fine degli anni sessanta. Potete trovare tutto sulla vita di questo artista, che a quasi 90 anni ha la leggerezza di un folletto, nel bellissimo libro “Tom Zé. L’ultimo tropicalista” di Pietro Scaramuzzo, edito nel 2019 da Add Editore.
Una vita segnata da eventi straordinari, come la vincita alla lotteria federale fatta da suo papà in giovane età, che gli ha permesso di fare un matrimonio con una ragazza di buona famiglia e ha proporzionato al nostro tropicalista una vita agiata e anche la possibilità di studiare, che allora non era per nulla scontato. I bambini di Irará negli anni quaranta, con poche eccezioni, andavano a lavorare nelle attività commerciali di famiglia, mentre nella famiglia della mamma di Tom Zé, era tradizione mandare all’università addirittura le figlie femmine. E il fatto più straordinario di tutti: dopo un inizio di carriera di successo, con lavori a teatro e in tv, concerti e premi ai prestigiosi e popolarissimi Festival della Canzone ispirati proprio a Sanremo, Tom Zé, nei 2 decenni successivi, continuando a esperimentare e a innovare, inventando strumenti e facendo ricerca sui suoni, si è allontanato dal mercato e dalla critica e fatto dischi invenduti e incompresi fino a quasi dover tornare nella città natale per lavorare nel distributore di benzina di un parente. Proprio in quel momento, siamo alla fine degli anni ‘80, David Byrne a Rio de Janeiro trova in un negozio di dischi l’album Estudando o Samba, pubblicato da Tom Zé nel 1976.
A Byrne intriga la copertina del disco, inconsueta, con su il disegno di un filo spinato, così lo prende e quando lo ascolta a New York, si chiede ‘chi è questo genio?’ e non si dà pace fino a quando non lo trova ancora a São Paulo e rilancia tutta l’opera di Tom Zé tramite la sua etichetta Luaka Bop. Da quel momento Tom Zé ha inciso una ventina di album, studiando il ‘pagode’, la bossa, il tropicalismo, il mondo dei social network, le radici indigene e africane della cultura brasiliane, l’erotismo delle ninne-nanne, il giornalismo cantato, l’automazione, il mondo dei samples e della musica elettronica e nell’ultimo album del 2022, la lingua brasiliana. Ha composto anche colonne sonore originali per spettacoli di danza e collabora con rappers e giovani talenti oltre a fare concerti e lezioni nelle università e scuole d’arte in Brasile e nel mondo. Sempre nel 2022 è stato eletto Immortale dell’Accademia di Lettere di São Paulo.
Quando gli chiedo della sua relazione con la cultura italiana, Tom Zé mi racconta che lui e sua moglie – e manager – Neusa, conoscevano proprio Luigi Tenco, perché negli anni sessanta ascoltavano la sua musica alla radio e Neusa addirittura ne sapeva qualcuna a memoria. Lui si ricorda che c’erano anche versioni di brani suoi in brasiliano. Parla del privilegio di avere una radio a casa fin dagli anni cinquanta, nonostante a Irará non ci fosse l’elettricità… L’apparecchio veniva alimentato da accumulatori, quelli usati per le automobili, che dovevano essere caricati nella città vicina, Feira di Santana. Tramite la Radio Nacional aveva accesso a programmi fatti da bravissimi produttori, e così si poteva meravigliare della qualità della musica fatta in Brasile fin dai primi decenni del Novecento. Dice che era solo un bambino, ma pensava proprio così.
Gli chiedo se la musica è l’elisir della giovinezza e lui mi risponde: “Sicuro, ma forse la chiamo in altro modo” e parte a parlare di come da piccolo era custodito dai suoi ‘precettori-baby sitter’, riferendosi alle feste popolari tradizionali (Bumba-meu-boi, Chegança), alle processioni, ai duelli degli improvvisatori che sulla strada si sfidavano in rima, al lavaggio della città, e di come è diventato un compositore perché ha fatto della sua infanzia una ‘facoltà di lingue’. Quella ‘rurale’ parlata dai mozarabi che frequentavano il negozio di suo papà in paese e che pur essendo diventati contadini analfabeti non avevano perso l’interesse degli antenati per la cultura, per la musica, la scoperta dello ‘zero’… Ascoltandoli si veniva trasportati al V secolo dopo Cristo, quando gli arabi avevano invaso la Penisola Iberica. E poi la lingua ‘comunista’ sentita nelle serate a casa sua, quando arrivavano gli amici e i vari zii e zie, intellettuali che discutevano fino a tarda sera. Quando lo scoprivano ad origliare e lo mandavano a letto, rimaneva sveglio a chiedersi cosa e quanto avesse capito di tutti quei discorsi.
Tom Zé si sofferma poi a spiegarmi che in zona vivevano anche i discendenti dei pochi sopravvissuti alla ‘Guerra de Canudos’, cruento conflitto accaduto alla fine dell’Ottocento tra le forze militari della neonata repubblica brasiliana e la popolazione poverissima della cittadina di Canudos sotto la guida del predicatore mistico Antônio Conselheiro. Il libro ‘Os Sertões’ (‘Brasile Ignoto’, nella traduzione italiana), che racconta questi eventi, ha segnato profondamente la formazione di Tom Zé. Il suo autore, Euclides da Cunha, era un giornalista inviato dal quotidiano ‘Estado de São Paulo’ e aveva capito, tramite l’interrogatorio di un bambino di 10 anni fatto prigioniero dai militari, che quella non era una ribellione anti-repubblicana come i media e lo stato volevano far credere anche all’estero, ma solo la resistenza disperata di contadini e ex-schiavi appena liberati e affamati che speravano di così salvarsi l’anima. Sono finiti decimati dopo aver incredibilmente resistito a ben tre attacchi dell’esercito brasiliano.
Poi parliamo dell’arrivo della bossa-nova nel 1958 e del suo primo ascolto di ‘Chega de Saudade’ con João Gilberto, alla Radio Excelsior, mentre era nel Centro di Cultura Popolare dove lavorava a Salvador. “Sono rimasto completamente paralizzato, come se avessi preso una scossa e senza capire di quale tipo! Dopo, la Terra non era più uguale a come la conoscevamo. A quei tempi non andavamo in negozio a comperare il disco, rimanevamo incollati alla radio, aspettando che trasmettessero quello che volevamo ascoltare. Nel libretto del mio disco Estudando a Bossa (uscito nel 2008 in occasione del 50° anniversario del lancio di Chega de Saudade), ho scritto cosa mi è successo allora, perché sono cresciuto studiando, leggendo molto e ascoltare João Gilberto mi ha riportato alle ‘madeleines’ e al tè di tiglio di Proust, a Thomas Mann e alla storia di Giuseppe che va in Egitto e alla sua Montagna Magica, dove a una certa c’è un dialogo in francese, che io avevo studiato nel ginnasio perché a quei tempi era il francese la lingua della civilizzazione, non l’inglese come adesso… Insomma, quel tesoro dentro la musica di João Gilberto ha fatto riaffiorare in me i tesori che avevo dentro di cui manco mi ricordavo più. Rimane che con João Gilberto non ci siamo mai incontrati, per anni quello che facevo non arrivava da nessuna parte, non provocava nessun interesse di pubblico o di critica, ma Caetano mi ha detto che quando João ha incontrato Gal Costa per la prima volta ha citato dei versi di una mia canzone… vorrei ricordarmi che versi erano…” e completa: “Caetano Veloso e Gilberto Gil, che artisti straordinari!”.
Dello spettacolo fatto a São Paulo insieme a loro, più Gal e Bethânia, l’‘Arena conta Bahia’ scritto e diretto da Augusto Boal nel 1965, mi dice che era molto bello ma che è stato un flop perché era impensabile parlare di Bahia senza la musica di Dorival Caymmi. C’erano i militari al potere e Boal voleva combatterli, voleva mostrare canzoni che raccontassero la povertà e la tristezza delle vittime della siccità e di chi doveva lasciare la propria terra. Allora Tom Zé è rimasto a São Paulo per qualche mese, ma poi ha deciso di tornare a Salvador e laurearsi. Solo successivamente vi si è trasferito definitivamente, diventando il compositore che l’ha cantata più di tutti.
Andiamo avanti parlando dei suoi tempi all’università, dei maestri Kollreuter e Widner, di come sapeva tutto di teoria e armonia tanto da passare il test di ingresso al primo posto e poi ottenere una borsa di studi, ma che non era bravo a suonare nessun strumento perché il direttore della banda di musica di Irará l’aveva impedito di prenderne parte, perché era ricco. E pensare che suo padre in negozio trattava quell’uomo con un affetto tutto speciale!!
Commentiamo dei miracoli della sua vita, di come David Byrne l’ha salvato e riportato alla ribalta e anche della fortuna di aver avuto affianco una donna come Neusa – sposati dal 1971 – e lui parte a manetta: “Ti devo raccontare questo: a casa nostra è lei quella colta! A Ribeirão Preto (città all’interno dello stato di São Paulo) divorava i classici della letteratura fin da giovanissima, al punto che i preti amici di suo papà lo criticavano dicendo che non doveva permettere a una ragazzina di fare certe letture, e mio suocero (poi mi verrà in mente il suo nome…) rispondeva: lo spirito non ha età. Neusa ha superato al primo posto un concorso pubblico quando era talmente giovane che non avrebbe avuto l’età per entrare, ma è stata subito assunta perché il direttore del SESI (Servizio Sociale dell’Industria) ha dichiarato di non poter fare a meno di tale intelligenza. Abbiamo una biblioteca a casa che sembra quella di una istituzione pubblica! Ed è stata lei a farmi conoscere i poeti del mondo. Leggevo molto, ma non la poesia.”
Potete ascoltare la lunga intervista nella puntata di Avenida Brasil del 24 ottobre, a questo indirizzo.
Foto di Eduardo Luderer