La vetta, mai più raggiungibile, resta il finale di M*A*S*H, la serie tratta dall’omonimofilm di Robert Altman: quando andò in onda negli Stati Uniti, nel 1983, contò 105 milionidi telespettatori, più del Super Bowl di quell’anno. E sono lontani anche gli anni 90 di Seinfeld, la cui ultima puntata fu vista da oltre 76 milioni, o i primi Duemila di Friends, che chiuse con oltre 50 milioni.
Oggi la tv si guarda in un altro modo, su molteplici supporti e piattaforme, quando si può e quando si vuole, liberi dalla dittatura della diretta; e fenomeni globali come Il trono di spade o The Walking Dead si misurano più in chiacchiericcio social e in download illegali che in effettivi dati d’ascolto.
Per questo, i quasi 27 milioni di telespettatori segnati negli Stati Uniti da This Is Us con l’episodio trasmesso subito dopo il Super Bowl dello scorso 4 febbraio suonano strabilianti, e confermano uno dei pochi exploit della serialità generalista recente. Se infatti in Italia la serie va in onda sul canale a pagamento FoxLife (dove è ripartita proprio in questi giorni con nuovi episodi inediti), negli Stati Uniti è programmata dalla rete free NBC e, fin dall’episodio pilota, non ha fatto che crescere, fino a entrare nell’immaginario collettivo come serie dall’alto potenziale lacrimevole e, nello stesso tempo, capace invariabilmente di scaldare il cuore.
La storia della vasta famiglia Pearson (di origini middle class, se non proprio proletarie) è raccontata attraverso piani temporali diversi, spesso accostati con grande efficacia drammatica: da un lato la love story tra i giovani Jake e Rebecca, il loro matrimonio, la fatica e la gioia di crescere tre bambini fra anni 80 e 90; dall’altro, le vicissitudini di Randall, Justin e Kate, i tre figli ormai adulti, ambientate nella nostra contemporaneità.
This Is Us è un prodotto da grande pubblico, nel miglior senso del termine, che cattura a partire dal cast (inter-generazionale, ma anche inter-etnico: i Pearson sono bianchi, ma hanno adottato un bambino nero) e riesce in un’impresa, oggi, sempre più difficile: lavorare emotivamente su quel che accomuna gli americani, non su ciò che li divide; sulla famiglia come nucleo fondativo e, insieme, come spazio di progresso, di risoluzione dei conflitti. Non a caso il suo autore, Dan Fogelman, viene da Disney e Pixar: This Is Us piace a un pubblico trasversale di liberal e conservatori, è indubbiamente manipolatorio ma spesso infallibile, in molti l’hanno definito una sorta di “balsamo” per questi tempi così polarizzati. Come a dire che, oggi, riuscire a far specchiare tutti quanti, per un’ora a settimana, dentro lo stesso schermo è il superpotere più importante che ancora detiene la televisione.